No conflitti, sì ad ascolto e corresponsabilità
Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio comunicazioni Cei, respinge l’idea di “bocciatura” del documento: "L’Assemblea sinodale è stata un’esperienza viva di ascolto e discernimento". Il rinvio di maggio è segno di maturità e comunione ecclesiale

Oltre mille delegati da tutta Italia, 168 vescovi, 7 cardinali, più di 500 laici di cui 277 donne: sono i numeri della Seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, che si è svolta a Roma dal 31 marzo al 3 aprile. Un’esperienza di ascolto e confronto che ha segnato una tappa importante nel Cammino sinodale. Si è parlato di “bocciatura” e “ribellione”. Ne parliamo con Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei.
Alla chiusura, per il rinvio al 25 ottobre, alcuni media hanno parlato di una “bocciatura” del documento finale e persino di una “ribellione” della base contro i vertici della Cei. Che cosa risponde a chi ha voluto leggere l’Assemblea sinodale con le lenti del conflitto e dello scontro interno alla Chiesa?
Un’Assemblea sinodale non è un congresso partitico, dove si sviluppano correnti contrapposte, e non è un consesso di maggioranze o minoranze; non ci sono situazioni similari o analoghe. Il Papa, peraltro, lo ha sempre ricordato: “Il Sinodo non è un Parlamento”. Leggere le giornate appena vissute con lenti conflittuali è fuori luogo. Il problema, come sempre, sta nella percezione della realtà e nella narrazione conseguente. Non ci sono state ribellioni, anche perché non si capisce contro chi dovessero essere: i numeri della composizione assembleare parlano chiaro. C’è stato invece un grande ascolto reciproco e una rapidità nelle decisioni assunte. Poi ognuno è libero di indossare gli occhiali che vuole per leggere, ma questa è stata la realtà.
Mons. Castellucci ha parlato di un’Assemblea “viva”, “critica, leale, appassionata per la Chiesa”. Quanto è importante, anche dal punto di vista della comunicazione ecclesiale, ribaltare la logica della contrapposizione e restituire invece la profondità spirituale di quanto è stato vissuto in quei giorni?
È essenziale. Non siamo abituati all’ascolto, che non significa appiattirsi su un pensiero omologato e omologante, ma comprendere pienamente le ragioni dell’altro ed entrare in una relazione profonda, di reciprocità. L’Assemblea sinodale è stata paradigmatica in questo senso.
Negli interventi in sala e nei gruppi di lavoro è emersa proprio questa dimensione spirituale sia nei temi trattati sia nelle priorità pastorali segnalate. E questo è un grande messaggio per un tempo in cui tutto è percepito in termini di contrapposizione e conflittualità. La Chiesa è viva, vivace e – aggiungerei – frizzante.
Nel briefing finale, lei ha parlato di una decisione “eccezionale” e “matura” quella del rinvio dell’Assemblea generale. Cosa ci dice questo passaggio sulla qualità del processo sinodale in atto, e su come la Cei intenda accompagnarlo nei prossimi mesi?
La Conferenza episcopale italiana è pienamente inserita nel percorso sinodale. E non potrebbe essere altrimenti. Cosa è la Cei? Lo Statuto è chiaro: “È l’unione permanente di Vescovi delle Chiese che sono in Italia…” (art.1), che “stimola (tra l’altro, ndr) l’azione concorde e la collaborazione fra le Chiese particolari, perché possano meglio adempiere la loro missione” (art.3). Il Cammino sinodale ha attraversato, in questi anni, le strade e i sentieri delle comunità cristiane sparse sui territori, favorendo la collegialità e, appunto, la sinodalità. Mettendo di fatto in pratica quanto auspicato dal Sinodo universale che ha posto la sinodalità al centro, come stile di una Chiesa comunionale, partecipata e missionaria. Per questo, la scelta dei Vescovi di spostare l’Assemblea da maggio a novembre, proprio per la sua eccezionalità, è segno della volontà di valorizzare il più possibile il Cammino sinodale che riguarda tutte le nostre Chiese.
In che senso?
L’Assemblea di maggio è un appuntamento fisso dal 1976. È capitato rarissimamente che la data sia stata spostata, e solo per la concomitanza con altri importanti appuntamenti ecclesiali. Nel 2005, dal 21 al 29 maggio, era fissato il Congresso eucaristico nazionale a Bari; per questo, venne anticipata ad aprile ma poi posticipata dal 30 al 31 maggio per la morte di Giovanni Paolo II. Fu un grande sforzo, perché si tenne subito dopo il Congresso. Caso eccezionale, ripetuto poi durante la pandemia per due volte nel 2020 (a maggio e novembre): un anno senza Assemblea generale.
In pratica, in vent’anni ci sono stati tre rinvii. La decisione immediata di rinviarla è stata la conseguenza della decisione di avere un’ulteriore Assemblea sinodale per il voto del Documento contenente le Proposizioni. Questa dinamica decisionale è espressione di comunione ecclesiale e non di scissione e, soprattutto, di attenzione pastorale alle istanze del Cammino sinodale.
Il lavoro dei gruppi ha indicato come prioritarie questioni decisive: la formazione degli adulti, il ruolo delle donne, l’accompagnamento dei giovani e delle famiglie ferite. È corretto dire che il rinvio del documento è servito per ascoltare meglio e integrare queste istanze, invece che per eluderle?
Le priorità non sono un semplice elenco o un punto di vista qualsiasi, raccontano invece di un cammino che è stato percorso e che continuerà ancora. Se non si entra in quest’ottica, non si comprende il processo in atto. La votazione e l’approvazione di un documento non è il punto finale né esaurisce tutto il processo, ma è un punto di partenza: l’annuncio del Vangelo alle donne e agli uomini di oggi. La priorità assoluta è una rinnovata esigenza missionaria per sintonizzarsi con gli interrogativi odierni, con la vita concreta delle persone, in ogni loro situazione. Proprio come ha insegnato il Concilio Vaticano II (cfr Gaudium et spes). Il rinvio a ottobre permetterà sicuramente di ascoltare meglio e integrare emendamenti e rilievi, al tempo stesso di condividere la fase di ricezione che inevitabilmente, come avvenuto in questi anni, incrocerà quella del Sinodo universale. E questa è una Chiesa che vive pienamente nella comunione tra Chiese particolari.
Che cosa chiederebbe oggi ai media, anche cattolici, per raccontare con fedeltà e verità questo passaggio così significativo?
Il Cammino sinodale è paradigmatico per questo tempo per la sua dinamicità e per la sua volontà di incidere nel vissuto ecclesiale per una conversione missionaria. Rileggiamo attentamente la mozione approvata dall’Assemblea. In un passaggio c’è scritto: “In queste giornate assembleari sono emerse sottolineature, esperienze, criticità e risorse che segnano la vita e la vitalità delle Chiese in Italia, con uno sguardo partecipe e responsabile”. Ecco l’atteggiamento vero che è emerso anche nelle difficoltà: nessuna frattura o spaccatura, ma un grande senso di partecipazione e di responsabilità. Dai media, soprattutto quelli cattolici, mi aspetto che accompagnino il percorso ancora in atto, raccontando tutti i fatti, il sentire di tutti e l’intero percorso.
