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Roma
di MIMMO MUOLO (AVVENIRE) 28 nov 2023 07:44

La riforma della liturgia: 60 anni di luci e ombre

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Nei giorni scorsi si è tenuto a Roma un convegno promosso dall'Ufficio liturgico nazionale per ricordare il varo della “Sacrosantum Concilium”. Avvenire ha intervistato mons. Gianmarco Busca, presidente della Commissione episcopale per la liturgia

Luci e ombre. Forse più le prime. Ma il bilancio della riforma liturgica, a 60 anni dal varo della “Sacrosantum Concilium”, il documento conciliare che la codificò, e a 50 dalla nascita dell’Ufficio liturgico nazionale (Uln), è ricca di spunti di riflessione. Come dice il vescovo di Mantova e presidente della Commissione episcopale per la liturgia, mons. Gianmarco Busca, al termine del convegno organizzato proprio dall’Uln per fare il punto sull’applicazione della riforma in Italia.

A 60 anni di distanza dall’avvio della riforma liturgia si piò dire che cosa ha funzionato e cosa bisogna invece migliorare?

Gli impulsi dati dalla riforma liturgica erano di qualità alta. Ma era richiesta anche un’alta qualità delle nostre comunità cristiane, che invece hanno conosciuto un ridimensionamento non solo numerico, ma anche, oserei dire, di spessore della vita cristiana. Non tutta la produzione liturgica – penso ai canti – è stata di buona qualità. Talvolta è stato spacciato per bello quello che non era corretto per i contenuti o i linguaggi. C’è stata inoltre qualche difficoltà nella trascrizione dei modelli celebrativi concreti delle grandi ispirazioni della riforma. Abilitare al celebrare non è qualcosa che avviene a tavolino o immediatamente. Ci sono stati tentativi poco felici di rendere la liturgia più fruibile, talvolta l’eccesso di verbosità ha rischiato di trasferire i linguaggi della catechesi dentro il rito. Così come una sorta di autoreferenzialità dei celebranti non ha permesso di aprirsi all’incontro con Dio. In sostanza, le premesse buone della riforma restano.Ma siamo più consapevoli che non abbiamo avuto cantieri celebrativi, cioè esperienze paradigmatiche, sempre all’altezza dei modelli.

Fra le luci c’è chi colloca la ritrovata forza della Parola di Dio.
Certamente. La mensa della Parola ha oggi un proprio peso e ben superiore a prima, quando nemmeno si comprendeva nella propria lingua la Parola. Ma c’è il rischio anche qui che l’elemento didascalico, di spiegazione (ad esempio nel momento omiletico) prenda il sopravvento sulla Parola di Dio sacramentale, che è presenza del Cristo che parla. Dunque si è capito che Bibbia e liturgia sono un binomio imprescindibile per l’esperienza cristiana. Il loro rapporto chiede di essere meglio focalizzato nella predicazione, ma non solo.

Fra le ombre invece c’è chi pone l’attutirsi del senso del mistero.
In effetti è una notazione che abbiamo raccolto anche da alcune sintesi del cammino sinodale della Chiesa italiana. La questione di fondo è se le liturgie sono vive, capaci di evangelizzarci, e di aprirci all’incontro con Dio. Indubbiamente ci sono stati degli equivoci intorno alla “actuosa partecipatio, alla partecipazione attiva, che spesso è stata banalmente ridotta al far fare a tutti qualcosa, mentre invece nella mens della “Sacrosantum Concilium” l’idea è che sia una partecipazione intensa coinvolgente. La liturgia implica uno scatto, il passaggio di una soglia, l’ingresso in un mondo altro che è quello dell’umano trasfigurato dal divino. Perciò il silenzio, l’adoperare un linguaggio diverso da quello della strada restano fondamentali.

Nel convegno si è parlato di una liturgia in uscita per una Chiesa in uscita. Che cosa significa?
Significa una liturgia non autoreferenziale che ci proietta in un sacro separato, ma che è capace di ospitare il realismo della dimensione umana anche con il suo risvolto drammatico. Ad esempio, sarebbe una liturgia solo in entrata quella che cura una resa puramente estetica. La liturgia cristiana invece si fa carico anche della non bellezza, dell’esperienza del male, del peccato, dell’incompiutezza. Nel rito entra la vita e la vita deve entrare nel rito in una osmosi continua dei vissuti portati all’altare e deposti davanti a Dio. Penso, ad esempio, ai Salmi, che sono l’anatomia dell’animo umano anche nella sua drammaticità, ma sempre in dialogo con il Signore. Quindi in definitiva una liturgia in uscita è quella che è capace di registrare questi vissuti umani e riesce a renderli in entrata rispetto alla misericordia di Dio, alla redenzione di Cristo, alla sua croce e risurrezione.

MIMMO MUOLO (AVVENIRE) 28 nov 2023 07:44