I viaggi della speranza non siano viaggi di morte
Le parole di papa Francesco dopo l'Angelus di ieri. Nel pomeriggio, poi, un'affollata Via Crucis sulla spiaggia della tragedia
"I viaggi della speranza non si trasformino più in viaggi della morte. Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali tragici incidenti". È un dolore profondo quello a cui il Papa ha voce ieri dalla finestra del Palazzo Apostolico al termine dell’Angelus per il dramma al quale, per primo, ha richiamato l'attenzione del mondo una settimana fa: il naufragio del 26 febbraio al largo delle coste di Steccato di Cutro di un barcone proveniente dalla Turchia che ha causato la morte di 71 persone. Numero che purtroppo è aumentato di giorno in giorno in questa settimana, con il ritrovamento di corpi nelle acque di Cutro o sulle rive di spiagge vicine, come quella di Botricello. “Prego – sono state le parole del Papa - per le numerose vittime del naufragio e per i loro familiari e quanti sono sopravvissuti”. Papa Francesco ha manifestato il suo apprezzamento e la sua gratitudine alla popolazione locale e alle istituzioni "per la solidarietà e l’accoglienza verso questi nostri fratelli e sorelle". Ha rinnova quindi l'appello rivolto "a tutti" affinché "non si ripetano più simili tragedie" e chiede di fermare gli scafisti e il loro traffico illecito di persone: “I trafficanti di esseri umani siano fermati, non continuino a disporre della vita di tanti innocenti”. Dal Pontefice anche la pressante richiesta di non trasformare questi viaggi cosiddetti "della speranza" in traversate verso la morte. "Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali tragici incidenti – ha ribadito - . Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere"
Ed è in effetti una città che cerca di capire, riflettere, e che piange da giorni, quella di Crotone, per questa tragedia – l’ennesima delle migrazioni - che sta interpellando la comunità internazionale e per la quale sono in corso le indagini per chiarirne le dinamiche, come ha confermato la grande partecipazione alla Via Crucis che l’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina ha organizzato nel pomeriggio di ieri per commemorare le vittime del naufragio. Su quella spiaggia dove sono riemersi dall’acqua i corpi di 71 migranti – principalmente afghani e pakistani – la gente di Crotone e del circondario ha camminato in processione dietro un enorme crocifisso sbilenco in legno, realizzato con i resti del barcone frantumato dalla forza del mare. A portare a turno la croce sulle spalle durante la processione sono i fedeli delle parrocchie di Botricello, Rocca Bernarda, Belcastro, Le Castella, Isola Capo Rizzuto, San Leonardo e tutti i Comuni vicini.
Dietro a loro, hanno camminato fianco a fianco l’arcivescovo Angelo Raffaele Panzetta e l’imam della Moschea di Cutro, Mustafa Achik, l’uno accanto all’altro a pregare insieme per le anime delle vittime, la maggior parte delle quali di fede islamica. Una immagine potente, come quella del primo marzo quando i due si sono messi in ginocchio alla camera ardente sulle 66 salme allineate nel Palazzetto dello sport di Crotone. Tutto intorno un popolo commosso e sinceramente partecipe, migliaia di persone riunite in preghiera su quella che è stata ribattezzata la “spiaggia del dolore”. Nel corso della Via Crucis non sono mancate, anche se pronunciate con tono misurato, parole forti indirizzate ai singoli fedeli ma anche a chi detiene ruoli di responsabilità. “Gesù è il cuore spalancato e accogliente di Dio nei confronti dell’umanità, per cui mentre camminavamo ci siamo chiesti: ma noi siamo ancora cristiani? Certo, abbiamo radici cristiane, opere d’arte, la croce appesa al collo, facciamo le nostre novene, battezziamo i nostri figli. Ma come mai dopo 2000 anni di cammino dietro Gesù non abbiamo imparato veramente ad accoglierci? Qualcosa non sta funzionando nella nostra vita - ha affermato il Vescovo - Se accogliamo veramente Gesù, dobbiamo lasciarci cambiare il cuore e non permettere alla paura di farci diventare persone dal cuore gelido. Se siamo cristiani non possiamo non essere accoglienti, dobbiamo essere accoglienti, dobbiamo avere il cuore aperto come Gesù e quindi non vogliamo un’Europa col filo spinato, un’Europa nella quale è difficile trovare accoglienza. I poveri sono la carne di Gesù, quelli che hanno perso la vita in questo mare sono la carne di Gesù. E pertanto, proprio guardando questo mare, dobbiamo batterci il petto tutti, nessuno escluso. Perché abbiamo la responsabilità di generare intorno a noi un clima di accoglienza, fraternità, amicizia”. Un Eterno riposo recitato in coro ha concluso la Via Crucis. E il lancio in mare di una corona di fiori ha riportato alla memoria il gesto fatto a Lampedusa, dieci anni fa, da papa Francesco per onorare la memoria dei morti seppelliti nell’acqua del Mediterraneo, “cimitero a cielo aperto”.