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di DANIELE ROCCHI 24 feb 2017 10:37

Educatori non si nasce ma si diventa

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Pastorale giovanile: “Educatori non si nasce ma si diventa”. Don Falabretti (Cei): “Le comunità investano tempo e risorse”

Si è chiuso a Bologna il XV convegno nazionale di pastorale giovanile, sul tema "La cura e l'attesa", cui hanno partecipato oltre 700 incaricati da 165 diocesi italiane. Al centro dei lavori il ruolo e la figura dell'educatore. A tracciare un bilancio dell'incontro è stato don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la pastorale giovanile. "Educatori non si nasce, si diventa" ha detto il sacerdote.

Ma è fondamentale il supporto di un sistema educativo integrato nel quale la comunità assume un ruolo centrale Bologna, 20 febbraio: don Michele Falabretti interviene al convegno nazionale di pastorale giovanile. “Non si ingaggia un educatore solo per completare l’organigramma pastorale della parrocchia, a mo’ di tappabuchi. Spesso si assume il ruolo dell’educatore senza avere competenze specifiche. Questo non ci deve scandalizzare: l’educazione è in effetti un compito diffuso, per il quale spesso non ci si sente pronti”.

In altre parole “educatori non si nasce, si diventa”. Non usa mezzi termini don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile (Snpg), nel tracciare il bilancio del XV convegno naz nale degli incaricati di pastorale giovanile che si chiuso oggi a Bologna, con un pellegrinaggio alla Madonna di san Luca

La scelta del tema “la cura e l’attesa” poneva come obiettivo principale dei lavori “capire il ruolo centrale della figura dell’educatore che non si autogenera ma si costruisce attraverso un sistema educativo integrato che prevede il passaggio dal fare l’animatore all’essere educatore”. “Gli educatori – ha detto don Falabretti agli oltre 700 partecipanti da 165 diocesi italiane – non si trovano mai già pronti, ma si formano attraverso un’esperienza riflessa che richiede di investire tempo e risorse”.

Incarico e delega. Dall’ascolto degli interventi dello psichiatra Vittorino Andreoli, che ha parlato della fragilità dell’educatore intesa non come debolezza ma come forza della relazione, di monsignor Erio Castellucci, vescovo di Modena, e della pedagogista Chiara Scardicchio, che hanno ricordato che “un buon educatore dei giovani agisce a nome della comunità e non da solitario”, è emersa, per don Falabretti, un’ulteriore conclusione: “l’incarico e la delega agli educatori dovrebbero essere dati dalla comunità con prudenza. Questa deve chiedere conto ai suoi educatori a proposito di ciò che stanno facendo con i figli di tutti.


DANIELE ROCCHI 24 feb 2017 10:37