Card. Zuppi: la società italiana non è in pace
Il presidente dei vescovi italiani ha aperto il Consiglio permanente della Cei con un'introduzione a tutto campo: guerra, migrazioni, violenza tra i giovani, femminicidi, povertà, denatalità, “working poor”, morti sul lavoro
“La società italiana non è in pace”, ma la Chiesa “è una casa dalle porte aperte”. Si è incentrata su questi due binari l’introduzione del card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, che in apertura del Consiglio permanente dei vescovi italiani, in corso a Roma fino domani, ha tracciato un’ampia analisi dello scenario italiano ed internazionale, trattando temi come la guerra e la pace, le migrazioni, la crescita della violenza tra i giovani, la sessualità, i femminicidi, la povertà e la denatalità, i “working poor” e le morti sul lavoro. “Non si può pensare all’Italia isolata dall’Europa e dal resto del mondo”, ha esordito il cardinale subito dopo l’omaggio al presidente Napolitano, di cui domani si celebrano i funerali in forma laica. “Non siamo una minoranza residuale ma una minoranza creativa”, l’identikit sulla scorta di Benedetto XVI: “La Chiesa in Italia è una Chiesa di popolo”.
“Il nostro mondo ha bisogno di pace e unità”, il riferimento allo scenario internazionale: la guerra in Ucraina è “un dramma alle porte dell’Europa che ci riguarda tutti, come uomini e donne di questo tempo, prima ancora che come cittadini europei. L’azione del Santo Padre per la pace, oltre alle sue parole, ci ricorda che tutti dobbiamo agire e pregare per la pace”. “Ci ricordiamo sempre degli ucraini e continuiamo a sostenerli in Ucraina o in Italia, esuli dalla loro terra”, ha ribadito il cardinale ringraziando “le tante famiglie che hanno dato disponibilità per accogliere i bambini ucraini”. “È tempo che le armi cessino. È tempo di tornare al dialogo, alla diplomazia. È tempo che cessino i disegni di conquista e di aggressione militare”, l’appello prendendo in prestito le parole di Papa Francesco. Nella parte centrale dell’introduzione, il tema delle migrazioni: “Le guerre, il degrado ambientale, l’insicurezza, la miseria, il fallimento di non pochi Stati sono all’origine dei flussi di rifugiati e migranti. Si tratta di gestire con umanità e intelligenza un vasto fenomeno epocale”.
Secondo Zuppi, “l’errore – non da oggi – è stato politicizzare il fenomeno migratorio, anche condizionati dal consenso e dalle paure”. La questione migratoria, invece, “dovrebbe essere trattata come una grande questione nazionale, che richiede la cooperazione e il contribuito di tutte le forze politiche”, la proposta in sintonia con l’auspicio di Bergoglio a Marsiglia, “in piena continuità” con le tappe di Bari e di Firenze. Come ha detto il Papa, “siamo di fronte a un bivio: o scegliamo la cultura della fraternità o la cultura dell’indifferenza”. Di qui la necessità di “una concertazione tra le forze politiche e sociali indispensabile per creare un sistema di accoglienza che sia tale, non opportunistico, non solo di sicurezza perché la vera sfida è governare un fenomeno di dimensioni epocali e renderlo un’opportunità così come esso è”. Grazie all’iniziativa della Cei “Liberi di partire, liberi di restare” e ai corridoi umanitari, “è stata possibile l’apertura del primo canale legale di ingresso per minori stranieri non accompagnati attraverso un permesso di studio (progetto Pagelle in tasca) dal Niger all’Italia, specificatamente in Piemonte.
L’aumento dei femminicidi, dei suicidi e delle violenze tra i giovani, amplificati dal tam tam dei social, sono uno dei segnali che indicano come “la società italiana non è in pace”: “Tutto avviene diversamente dal passato in pubblico: nella ‘fornace’ dei social, spietati e agonistici”, ha osservato il cardinale: “Nessuna generazione prima ha conosciuto quest’esperienza: ci si deve autodefinire, si deve mettere il volto e il corpo in mostra, si misurano quanti ti seguono. È facile sui social sbagliare e finire alla gogna, segnati dall’ansia, alimentata dalla crisi dei grandi sogni collettivi e da reti educative e relazionali molto più fragili”. Per questo è necessario riflettere sul tema dell’educazione, che “non è un’emergenza ma è la quotidianità della vita della Chiesa”.
“Forse è tempo perché anche noi credenti troviamo il coraggio di parlare di sessualità senza infingimenti, nella prospettiva dell’integrazione tra vita umana e vita spirituale”,
il suggerimento per l’educazione affettiva dei giovani. Tra i segnali positivi, la coscienza che la Chiesa è “una famiglia tra le famiglie, una casa con le porte aperte”, e l’oceano di giovani che ha affollato la Gmg di Lisbona, dove le 65mila presenze italiane sono state “una sorpresa rispetto alle previsioni”.
Nella Chiesa, “sono tristi e sterili le polarizzazioni”, ha denunciato Zuppi menzionando, in particolare, le “troppe resistenze” verso papa Francesco e il suo messaggio, “spesso espresse in uno spirito di contrapposizione, favorito dai social”. Sinodalità, al contrario – il riferimento al Sinodo ormai imminente – “vuol dire rimettere in discussione le arroccate solitudini ecclesiali nell’incontro, nella comunione, nell’ascolto, nell’impegno missionario enorme che ci attende confrontandoci con la folla e le sue sofferenze. Mai senza l’altro!”. Per il presidente della Cei, “il processo sinodale è una grande occasione di rinnovamento e affratellamento”.
“La povertà in Italia può dirsi ormai un fenomeno strutturale, visto che tocca quasi una persona su dieci”, ha osservato infine Zuppi sul versante della politica interna. Tra i problemi più urgenti, quello della casa e del rincaro affitti, per affrontare il quale “vanno sollecitati interventi pubblici”. Per contrastare la denatalità occorrono inoltre “servizi integrati sul territorio a sostegno delle famiglie, non solo aiuti materiali”. Altri fenomeni di cui tener conto, quello degli “working poor”, del lavoro nero e delle dimissioni dal lavoro, soprattutto tra i giovani. Senza contare le vittime degli incidenti sul lavoro, che me ha detto il presidente Mattarella sono un “oltraggio alla convivenza civile”.