Armida Barelli, la fede dei semplici
La Chiesa, riconoscendo un miracolo avvenuto per sua intercessione, sabato ha aperto la strada verso la beatificazione di Armida Barelli. Chi è questa donna? Non si tratta di persona sconosciuta, in quanto un’intera generazione, oggi avanti negli anni, ha avuto modo di conoscerla attraverso le Opere da lei animate di cui, anche in diocesi, vi è una traccia riconoscibile. Armida nasce nel 1882 a Milano, da poco si è completata l’unità nazionale e nella sua famiglia si respira un clima risorgimentale. Completa i suoi studi in Svizzera, a Menzingen, in un collegio retto da suore francescane. È qui che incontra la devozione al Sacro Cuore e la spiritualità francescana. Vivace e indipendente, fatica ad entrare nelle devozioni tradizionali ma, allo stesso tempo, inizia un cammino personale di incontro col Signore. Al momento di lasciare il collegio, addirittura accarezza il sogno di andare in missione in terre lontane, dice alle compagne: “o suora missionaria in Cina o mamma, zitella mai!”.
È l’inizio di una feconda ricerca vocazionale. Rientrata a Milano si dedica alle Opere di carità per i fanciulli. A 27 anni, nel 1909, sceglie la strada della “verginità e apostolato nel mondo”: “Mi canta nell’anima - scrive - l’amore del Signore”. La ricerca vocazionale continua. L’anno seguente, dopo l’incontro con il convertito Agostino Gemelli, l’intuizione viene confermata. Le dice il francescano: “La sua missione è nel mondo. Abbiamo oggi bisogno di apostoli laici”. Nel 1913 si consacra interamente al Signore e con Gemelli inaugura una nuova forma di consacrazione nel mondo, un sodalizio di donne laiche, con una regola francescana, votate all’apostolato e alla presenza nella società (1919). Sarà il primo nucleo di una forma di vita che la Chiesa riconoscerà come Istituti secolari.
Intanto collabora con Gemelli nell’attività editoriale: la rivista Vita e Pensiero (1914) e l’omonima casa editrice (1918).
Il suo primo incarico pubblico, durante la prima guerra mondiale, è la segreteria del Comitato per la Consacrazione dei soldati al Sacro Cuore. Alla fine della guerra, in un clima sociale turbolento e laicista, viene chiamata dal cardinale di Milano a prendersi cura delle giovani. L’industrializzazione e la guerra, con il bisogno di manodopera, hanno aperto la strada al lavoro femminile. Ci si avvia verso un protagonismo delle masse ed è necessario organizzare le giovani donne. Armida si trova così a sviluppare, con la sua capacità organizzativa, l’intuizione avuta dal cardinale. La sua azione sarà talmente efficace che Benedetto XV la convocherà a Roma per chiederle di estendere la Gioventù femminile cattolica (GF) in tutte le diocesi. Il Papa dovrà insistere per superare le sue resistenze ma quando accetta prova un sentimento nuovo, scrive: “Ebbi la sensazione di non appartenermi più”. La GF diventerà in breve tempo il ramo più fiorente dell’Azione Cattolica. Un’associazione fatta di donne e guidata da donne. In dieci anni si costituiscono in Italia 7560 Circoli con quasi mezzo milione di socie, saranno un milione e mezzo negli anni ‘50.
Nel 1921 è accanto Gemelli all’inaugurazione dell’Università Cattolica e sarà lei a volere fermamente che fosse dedicata al Sacro Cuore. Come “cassiera”, ma in realtà fundraiser, assicura all’Ateneo, attraverso l’Associazione degli Amici e la Giornata Universitaria, istituita nel 1924 e di cui lei è la principale regista, il sostegno economico.
Nel 1929, dopo l’enciclica che ha istituito la festa di Cristo Re, fonda l’Opera della Regalità che anticipa la riforma liturgica favorendo, tra l’altro, la partecipazione popolare all’Eucarestia con la traduzione dei testi in italiano diffusi in centinaia di migliaia di copie. Dopo la Liberazione sarà protagonista di una campagna di sensibilizzazione al diritto di voto per cui lei si era già spesa nel 1922.
Muore nel 1952 dopo aver contribuito a coltivare la “dignità responsabile e attiva” del laicato nella chiesa e nel mondo. La sua vita è una esperienza laicale segnata da una efficace sintesi tra vita attiva e vita contemplativa. La sua esemplarità è riposta in una fede “semplice” e forte al tempo stesso, vissuta come risposta alla chiamata battesimale.