Matti da slegare
Alberta Basaglia, figlia dello psichiatra Franco e ospite della rassegna Nuvole, ripercorre a 40 anni di distanza la rivoluzione culturale apportata dal padre a 40 anni: "Mi ha insegnato a voler sempre cercare il senso delle cose, accettandone le contraddizioni"
Era il 13 maggio 1978 quando entrò in vigore la rivoluzionaria legge 180, meglio conosciuta e ricordata come Legge Basaglia, dal cognome del suo artefice, lo psichiatra Franco Basaglia. È in occasione dei 40 anni dalla sua approvazione che la Comunità montana di Valle Sabbia, in collaborazione con i comuni e le associazioni del territorio, ha dato vita alla rassegna “Nuvole: eventi in Valle Sabbia per raccontare la salute mentale”. Volto a rappresentare il delicato tema attraverso le parole e gli sguardi di coloro che con esso si confrontano, il festival ha proposto domenica 15 aprile l’incontro “Franco Basaglia. Matti da (s)legare: la rivoluzione culturale”. Il dialogo, tenutosi al Cinema Teatro “La Rocca” di Sabbio Chiese, ha visto protagonisti la figlia di Basaglia, Alberta, psicologa e vicepresidente della Fondazione Franco e Franca Basaglia e lo psicologo, autore teatrale e speaker radiofonico di “Caterpillar”, Massimo Cirri.
Alberta afferma con orgoglio che “la legge, per il solo fatto di esistere, è importante. Crea infatti discussioni continue, ci smuove e, soprattutto, non nasconde la sofferenza mentale”. L’anniversario della riforma, allora, è anche un’occasione per rinfrescare la memoria e far luce su ciò che è stato fatto e su quanto ancora ci sia da lavorare. Infatti, sostiene Alberta, “la legge non viene applicata in tutte le sue forme. Mancano la presenza capillare dei servizi di igiene mentale pubblici, aperti 24 ore su 24, dei presidi negli ospedali e la disponibilità di appartamenti nei quali le persone possano essere sì seguite, ma anche libere di vivere la propria vita. In molti posti la legge è mal letta e applicata, non ci si fa carico delle persone. Chi si occupa di welfare e sanità dovrebbe prendersene cura”. La legge 180, infatti, ricordata per lo più in ragione dell’abolizione dei manicomi, attraverso l’istituzione di servizi di igiene mentale pubblici, regolamenta anche il trattamento sanitario obbligatorio, nel rispetto della persona e dei suoi diritti. Franco Basaglia si era battuto in ragione di una rivoluzione culturale, ancor prima che scientifica, che individuasse il “matto” come persona e che comprendesse il valore dei suoi rapporti con il mondo esterno.
Quando il documentario di Sergio Zavoli irruppe in televisione mostrando le drammatiche immagini del manicomio di Gorizia dove contenzione, camicie di forza e elettroshock investivano gli impotenti pazienti, “diventò chiaro che, da quel momento in poi, davanti a certi orrori, non sarebbe più stato possibile fare finta di niente. Che sollievo capire che tutta questa loro, nostra, vicenda, diventando pubblica, non era più conosciuta da pochi ma apparteneva a tutti”, spiega Alberta nel suo libro “Le nuvole di Picasso”. Una coincidenza non cercata ma accolta volentieri quella che lega questo titolo al nome del festival, tratto dalla canzone "Nuvole” di De André. “Ho scritto il mio libro dal punto di vista di una bimba che amava disegnare le nuvole. In questo modo volevo avvicinare il mondo dei bambini a questa storia. Ho sperimentato come i piccoli comprendano temi delicati poiché li vivono nella quotidianità: incontrando chi è diverso, interagendo con lui e creando uno spazio condiviso”. Per questo Alberta dedica il suo lavoro di vicepresidente della fondazione in particolare ai giovani, sulla scia rivoluzionaria delle lotte intraprese dai genitori. Una rivoluzione che si rese conto di star vivendo dall’interno: “è una storia affascinante per una bambina crescere in quel clima e scoprire che il mondo che conosceva in casa, con la presenza quotidiana dei ‘matti’, in realtà, al di fuori, era un altro”.
L’eco degli insegnamenti del padre, per Alberta Basaglia, è ancora forte e viva: “Mi ha insegnato a voler sempre cercare il senso delle cose, accettandone le contraddizioni”. Non mancando di fare una riflessione più generale, aggiunge che le rivoluzioni non si compiono mai totalmente, ma, soprattutto di questi tempi, è fondamentale che le persone diverse abbiano diritto di avere diritti tanto quanto gli altri, “la rivoluzione di tutti è capire come stare insieme”.