Gli angeli di Chiara e Vanessa
Da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela e poi fino a Muxia e Finisterre sull'oceano, è stato condiviso da Vanessa con l'amica bergamasca Chiara Personeni, accompagnate sulla carrozzina da 20 volontari del CAI gavardese
“Il sentiero di Cinzia” è un'iniziativa ideata nel 2013 da Angelo Goffi, presidente della sottosezione del CAI di Gavardo, fisioterapista alla “Domus Salutis”, per realizzare il sogno di una sua paziente, Cinzia appunto, che aveva perso l'uso delle gambe e desiderava tornare a passeggiare in montagna, Angelo, dopo varie ricerche , scopre l'invenzione di un alpinista francese: la “joelette”, carrozzina ad una sola ruota, che, sorretta da due volontari mediante appositi bracci anteriori e posteriori, consente l'accompagnamento di disabili in montagna. Trovati i fondi per l'acquisto, prima di una, poi di una seconda joelette e superati vari problemi burocratici, si sono effettuate inizialmente gite brevi, in collaborazione con la Co.Ge.SS.(Cooperativa per disabili di Valsabbia). Poi gli amici da “scarrozzare” sono via, via aumentati e, oltre a varie escursioni calendarizzate ogni anno, vengono anche richiesti numerosi “fuori programma” per accompagnare scolari disabili in gita. A tutt'oggi sono un centinaio i “sognatori” soddisfatti. Il sogno più ardito si è però realizzato dal 27 maggio scorso al 5 luglio. La trentatreenne Vanessa Gabusi di Vobarno, con difficoltà congenite nella deambulazione, aveva da tempo espresso la volontà di compiere il cammino di Santiago.
Dopo mesi di preparativi, con l'aiuto della “provvidenza” e di vari sponsor, tra cui la Fondazione Ubi Banco di Brescia, l'ardita avventura si è resa realizzabile come “Sogno di Chiara e Vanessa”.Infatti l'intero percorso (1100 Km) da Saint Jean Pied de Port a Santiago de Compostela e poi fino a Muxia e Finisterre sull'oceano, è stato condiviso da Vanessa con l'amica bergamasca Chiara Personeni, accompagnate sulla mitica carrozzina da 20 volontari del CAI gavardese che si sono alternati in turni di dieci giorni ciascuno, meritandosi a buon diritto il titolo di “angeli” accompagnatori. Al suo ritorno Vanessa racconta con entusiasmo contagioso quella che per lei è stata l'esperienza più bella della vita e anche la più sconvolgente, perché le ha consentito di “essere proiettata in un'altra dimensione fatta di silenzio, di suono dei passi, di contatto con la natura, di solidarietà con tutto ciò che sta intorno, ma soprattutto di una diversa visione dell'essere umano in tutte le sue fragilità”. Vanessa è tornata felice e determinata a fare qualcosa da donare agli altri. Il suo “cammino” diventerà un reportage fotografico ad attestare che gli “angeli” esistono veramente e sanno realizzare sogni.