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Brescia
di ROMANO GUATTA CALDINI 10 mar 2015 00:00

Quel confine fra l'essere e l'apparire nell'opera di Dostoevskij

Tat’jana Kasatkina, presidente della Commissione per lo studio dell’opera di Fëdor M. Dostoevskij, è stata la relatrice di una serata dedicata al rapporto fra l’uomo e la "natura" nell'opera dell'autore russo

Come possiamo relazionarci con Dio quando non siamo in grado di affrontare un dialogo sincero con gli altri? Questa è la domanda di fondo, posta ai numerosi ospiti della serata, che ha accompagnato la trattazione di Tat’jana Kasatkina – Direttore del dipartimento di Teoria della letteratura presso l’istituto di Letteratura mondiale dell’Accademia delle Scienze russa e presidente della Commissione per lo studio dell’opera di Fëdor M. Dostoevskij – invitata a Brescia dalla Fondazione San Benedetto, lunedì 9 marzo al teatro Santa Chiara-Mina Mezzadri, grazie alla collaborazione del Ctb e della Cattedra di Lingua e letteratura russa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

La risposta, secondo la relatrice, risiede nel saper varcare quel confine che separa “l’io come sono” dall’“io come vorrei apparire”, riscoprendo la bellezza del rapporto fra l’uomo e la natura, fra l’uomo e il mondo, con tutte le sue sfaccettature, scevro da omologazioni e pregiudizi che spesso caratterizzano i rapporti umani. Una percezione della bellezza del reale, anche fra gli abissi celati nell’animo umano, che passa inevitabilmente da Cristo, come sottolineato da Adriano Dell’Asta, docente di Letteratura e cultura russa dell’Università Cattolica, che ha introdotto l’incontro: “Per Dostoevskij la bellezza non è essenzialmente autentica se non è quella di Cristo”. Secondo la studiosa russa sussistono due modalità di descrizione della natura: la prima consiste nel trattare il mondo come la scena in cui l’uomo agisce, come “le assi di legno sulle quali si muovono i nostri piedi”, “la natura oggetto”. Al contrario, la seconda modalità descrittiva si approccia al contesto come a qualcosa di vivo, con dignità propria, “la natura soggetto”. Fra i critici è diffusa l’idea che nell’opera monumentale dello scrittore russo siano assenti raffigurazioni della natura. “È giusto – ha affermato Tat’jana Kasatkina – ma nonostante questo Dostoevskij ha una conoscenza molto vasta della natura”. “Noi – continua – non riusciamo a coglierne la descrizione perché l’autore esce dai normali canoni”.

Per suffragare la sua tesi Tat’jana Kasatkina ha preso in esame due testi: “Il sogno di un uomo ridicolo” e “I fratelli Karamazov”. È maggiormente sulla prima opera che si è soffermata la relatrice, sottolineando come il tormentato protagonista, attraverso un’esperienza onirica, giunga alla scoperta della “verità”, alla scoperta di come il relazionarsi con il mondo in maniera oggettiva porti verso la disperazione, verso quello che la studiosa, riferendosi a un altro celebre romanzo del gigante russo, definisce un “inferno fatto di sosia, di uomini uguali”. L’uomo ha un grande potere sulla natura. Secondo Dostoevskij, infatti, “non è l’ambiente ad avere influenza su di noi”, ma il contrario. Il singolo deve però saper entrare in dialogo con il mondo, aprendo così le porte a un paradiso in cui “non c’è alcuna voragine che l’uomo ha creato per difendersi dagli altri”. “Quando l’uomo e il mondo si riflettono – ha chiosato Tat’jana Kasatkina – significa che li abbiamo resi degli oggetti, una superficie riflettente, dobbiamo invece andare in profondità, riconoscendo nell’altro il suo volto”.
ROMANO GUATTA CALDINI 10 mar 2015 00:00