Non è bene che l'umano sia solo
La serie di incontri “Non è bene che l’umano sia solo” si colloca all’interno di una cornice più ampia denominata “Dialoghi sulla soglia. Spazi di manutenzione dell’umano”, iniziativa giunta ormai alla sua quinta edizione e patrocinata dal Comune di Brescia.
L’intenzione dei proponenti (le parrocchie del Centro Storico) è di trovare sul territorio della città occasioni di riflessione e di scambio su temi importanti che riguardano tutti, indipendentemente dalla fede professata, con l’obiettivo principale di favorire la conversazione ed il dialogo tra persone che, pur avendo concezioni diverse della vita, sono disposte a confrontarsi e ad ascoltare l’altro. “Dialoghi sulla soglia” vuol essere, quindi, uno spazio interlocutorio e non identitario, uno spazio di “manutenzione dell’umano” – secondo una felice espressione del docente di teologia don Giuliano Zanchi – cioè in cui si dedica una cura all’umanità di ognuno. Come è scritto sul manifesto che accompagna l’iniziativa, si tratta di “un breve percorso per mettersi sulla soglia e dialogare con coloro che desiderano riflettere sulla vita condividendo parole e significati per il tempo presente. Il desiderio è quello di stare per qualche tempo in uno spazio comune, incontrandoci come persone in cammino e in ricerca”.
Anche la modalità degli incontri è coerente con questa prospettiva: non ci saranno lezioni cattedratiche. Nell’ambiente suggestivo e aperto del chiostro quattrocentesco della Chiesa di Sant’Angela Merici (accesso da piazzetta Moretto / via Martinengo da Barco n. 3) ognuno è libero di entrare, sedersi dove vuole e finché vuole per ascoltare la proposta o la sollecitazione dell’esperto, con la possibilità di fare domande. Il livello di coinvolgimento è quindi libero e discrezionale: ognuno prende ciò che gli è utile e condivide secondo la sua disponibilità.
Quest’anno il tema è quello del "Bisogno di comunità", un tema cruciale in questo tempo dopo che, per la minaccia Covid, siamo stati ripetutamente invitati al distanziamento e ci siamo abituati ad una certa solitudine, che si riverbera a livello sociale, politico, ecclesiale. Bisogno di comunità, in un tempo di sfilacciamento, in cui forse solo la ricostruzione di reti di relazioni e di scambio può sostenere la speranza e portarci ad intravedere nuove soluzioni alle varie crisi che accompagnano la lenta uscita dalla post-modernità.
Riallacciare relazioni (in forme comunitarie di vario tipo), resistere alla tentazione di cercare una soluzione solo individuale e privatistica è già un processo che genera futuro e indica un cammino percorribile: genera luce per tutti e quindi possibilità di visione. Come scrive il filosofo Luigi Alici, “oggi la comunità vive senza dubbio immersa in un grande paradosso, che ci rivela la forma che ha assunto questa fisiologica oscillazione: da una parte assistiamo alla frantumazione della comunità, che rende le vite quasi delle esistenze mancate; dall’altro lato sembra radicalizzarsi la forma identitaria e securitaria della comunità, il suo ruolo di schermo protettivo nei confronti dell’esterno e di rinforzo delle tradizioni al proprio interno”. È evidente che il tema è ampio e complesso. Non pretendiamo esaurirlo ma dare alcune coordinate di lettura. Gli esperti invitati, dal loro punto di vista, illustreranno il tema secondo varie e diverse sfaccettature.