Le lettere tra Montini e Tredici
206 lettere di Montini, la maggior parte dattiloscritte, e di 37 lettere di risposta di mons. Giacinto Tredici: Il libro viene presentato venerdì 25 gennaio alle 17 all’Archivio storico diocesano di via Gabriele Rosa alla presenza del vescovo Tremolada
All’Archivio storico diocesano di Brescia è conservato un piccolo nucleo di corrispondenza tra mons. Montini, non ancora Paolo VI, e mons. Giacinto Tredici, vescovo di Brescia (1934-1964). Si tratta di 206 lettere del Montini, la maggior parte dattiloscritte, con firma autografa, mentre solo alcune sono autografe e di 37 lettere di risposta di mons. Tredici. Le altre risposte del Vescovo dovrebbero essere conservate presso gli istituti da cui erano partite le lettere del Montini, e che, al momento, non si conoscono, né sarebbero facilmente raggiungibili, essendo documentazione recente. Questo nucleo dell’Archivio Diocesano non costituisce un carteggio completo. Le lettere vanno dal 1937 al 1963 e coprono il periodo in cui il Montini fu alla Segreteria di Stato e poi arcivescovo di Milano. Non contengono informazioni di carattere personale confidenziale; in generale non trattano temi di particolare importanza istituzionale; riguardano aspetti attinenti a pratiche di ordinaria amministrazione ecclesiastica e di pastorale. Sia pure nella frammentarietà delle informazioni, che richiedono qualche illustrazione del contesto dei fatti in esse raccontati, le lettere manifestano il continuo legame tra il Montini e Brescia. Rivelano la stima reciproca, la devozione e la venerazione del Montini verso il vescovo Tredici, di cui si considera figlio e, poi, fratello nell’episcopato. Il Montini chiama Brescia città “cara”, “diletta”, “nostra” e con altre espressioni simili. Mons. Tredici esprime la sua deferenza nei confronti del Montini, rivolgendosi sempre a lui con il titolo di “Eccellenza Reverendissima”, anche quando è presso la Segreteria di Stato. Il Montini, arcivescovo di Milano, comunicò con Tredici su alcune vicende bresciane. Nel 1960, Tredici interessò il Montini sul grave problema della disoccupazione. Operava in campo sociale, a Brescia, padre Marcolini, che era amico del Montini. Padre Marcolini aveva già discorso con l’Arcivescovo su questo problema; il 28 gennaio 1960 Tredici chiese al Montini di intervenire e questi rispose di aver interpellato l’amministratore delegato della Fiat, Vittorio Valletta. Espresse con discrezione e franchezza il suo parere al Vescovo di Brescia anche sul governo della diocesi. In una lettera del 5 febbraio 1960 egli suggeriva di scegliere come vicario generale, essendo defunto mons. Ernesto Pasini, mons. Giuseppe Almici; ciò che poi avvenne.
Un ritratto familiare. In queste lettere non vi è il Montini del concilio, delle encicliche, degli insegnamenti e dei viaggi: vi è un Montini di famiglia, sacerdote diocesano, vescovo, che ritorna alle sue origini. Il ricordo del Montini del suo vescovo Tredici e di tutto ciò che di fede e di Chiesa questi rappresentava per la diocesi, è più di un sentimento di nostalgia: sembra piuttosto una necessità, o anche un dovere, per ritrovare le radici della propria identità spirituale e per professarvi riconoscenza e fedeltà. Non a caso, quando il Vescovo Tredici e la diocesi tennero un grande pellegrinaggio a Roma per rendere omaggio a Paolo VI (27-28 ottobre 1963), nel suo discorso disse di esser “Papa e bresciano” e, ricordando alcune figure che l’avevano accompagnato a cresciuto nella Chiesa, dai genitori, a sacerdoti e laici, figure di spicco nel movimento cattolico, aggiunse: “Non sono io a ricevere il vostro omaggio, ma sono io che lo devo a voi bresciani, perché tutto quello che ho, l’ho ricevuto da voi”.