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Brescia
di R.GUATTA CALDINI 27 ott 2015 00:00

La scuola e quella "scintilla" educativa

Nell'aula magna dell'Università Cattolica si è svolto, lunedì 26 ottobre, il secondo appuntamento degli "Incontri d'autunno" organizzato dalla Fondazione San Benedetto. La scuola è stato il tema che ha caratterizzato la serata

Agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso in Svezia hanno preso piede le friskolor, scuole libere, non statali, fatte nascere da genitori e insegnanti finanziate in parte dallo Stato. Scuole che grazie anche a un buono famiglia hanno fatto breccia fra i nuclei economicamente più svantaggiati. Anche in Inghilterra, con Cameron, sono arrivate le free school, scuole libere di stabilire chi assumere e quanto pagare gli insegnanti. Il risultato: l’81% dei genitori inglesi è a favore delle scuole non statali. E in Italia? Sul tema “La scuola che serve al nostro Paese” – titolo del secondo appuntamento degli “Incontri d’autunno” organizzato dalla Fondazione San Benedetto — si sono confrontati nei giorni scorsi nell’Aula magna della Cattolica un ex ministro dell’Istruzione, Luigi Berlinguer, e due docenti universitari, Giorgio Vittadini, Ordinario di Statistica metodologica all’Università di Milano Bicocca e Giuseppe Bertagna, Ordinario di Pedagogia generale all’ Università di Bergamo.

“Perché dobbiamo ancora attardarci sull’annosa distinzione fra scuola statale e paritaria? Credo che questa distinzione debba essere archiviata. A me interessa la scuola, ovunque e da parte di chiunque venga messa in gioco”, ha esordito Berlinguer. Se è vero che la Legge 107 del 2015 ha rimescolato le carte, portando la scuola verso un’apparente normalizzazione – come ha sottolineato il moderatore della serata, il preside del Liceo Luzzago Giacomo Ferrari – è altrettanto vero che il sistema scolastico italiano paga lo scotto di un conflitto ideologico che caratterizza tutt’oggi il dibattito politico: “La differenza nella gestione – ha sottolineato Berlinguer – credo che sia un fattore molto limitato, da considerare come una particolarità. Considero un elemento di arretratezza della cultura educativa italiana, rispetto a tutti gli altri Paesi europei, che questa questione sia stata presentata con una spropositata drammaticità”. “Si deve e si può fare”, ha affermato l’ex ministro riferendosi all’obiettivo che deve essere perseguito da un sistema scolastico in grado di reggere il confronto con le realtà educative europee: il raggiungimento totale della propria individualità attraverso la qualificazione, quindi la crescita complessiva. “Se questo è l’obiettivo — ha chiosato — l’autonomia è la condizione”.

Da un lato, quindi, si devono porre le basi per la piena realizzazione dell’individuo, dello studente, dall’altro, come sottolineato da Bertagna, si deve ripensare il ruolo dei docenti. A questi ultimi è affidato il compito forse più difficile, quello di essere socraticamente consapevoli di “sapere di non sapere, anzitutto il destinatario a cui si rivolgono”. Esigere di “conoscere l’allievo è una pretesa che l’insegnante del futuro non può più permettersi”. L’approccio con lo studente deve essere guidato dalla contezza che “non si riesce a dominare l’altro, l’altro è un soggetto — non più un oggetto — che ci fa capire i limiti della nostra soggettività”.

Il rapporto tra insegnanti e studenti è stato affrontato anche da Vittadini. Addio lezioni ingessate. L’imprevisto deve caratterizzare l'ambiente scolastico. Ne è convinto il professore di Statistica che dopo aver esposto i numeri ben poco lusinghieri della scuola italiana ha sottolineato l’importanza della capacità dei docenti di accendere la curiosità nei ragazzi. Non basta l’introduzione di sistemi flessibili in ambito scolastico. Bisogna favorire un rapporto educativo che implichi “l’imprevisto all’educazione, l’imprevisto al rapporto — ha commentato —, affinché poi accada nella classe qualcosa di simile a una scintilla, perché è il rapporto che educa la personalità”. Del resto fu proprio don Giussani — citato da Vittadini e che all’educazione dedicò interi capitoli — ad affermare, nell’ “Introduzione alla realtà totale”, che “l’’uomo non si realizza se non attraverso l’incontro con l’altro”.
R.GUATTA CALDINI 27 ott 2015 00:00