L'uomo in bianco
Con Rai Vaticano, quattro reportage sui quattro grandi Pontefici del ‘900. La puntata “Paolo VI, il Papa della modernità” di Nicola Vicenti, girato anche alle "Grazie", andrà in onda il 18 dicembre
Il Novecento dei Papi, la storia di quattro giganti in umanità. È “L’uomo in bianco”, quattro inchieste, tra memoria e attualità, prodotte da Rai Vaticano e da Rai Premium (che le trasmetterà l’11 dicembre il 18 dicembre, il 25 dicembre e l’1 gennaio) con testimonianze e immagini esclusive dei pontificati. I reportage andranno in onda dopo la riproposizione di fiction Rai dedicate ai Papi Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II.
Il programma è di Massimo Milone, Carlotta Bernabei, Stefano Girotti, Martha Michelini e Nicola Vicenti, coordinamento Rai Vaticano Daniela Molinaro, produttore esecutivo Francesco Puglielli, le musiche di Paolo Vivaldi, la regia di Carlotta Bernabei. Recentemente presentati al 71esimo Prix Italia della Rai dal Responsabile di Rai Vaticano Massimo Milone e dal direttore di Rai Gold Roberta Enni, i reportage evidenziano essenzialmente il profilo umano dei quattro pontefici.
“Leggeremo i pontificati di questi grandi Papi raccontando gesti, incontri, eventi, evidenziando sempre la loro profonda umanità. Sono stati Pontificati che hanno segnato la storia della Chiesa e del mondo – spiega Massimo Milone – pagine di storia che hanno parlato al cuore di ogni uomo, credente o non credente e che hanno permesso alla Chiesa di proiettarsi nel Terzo Millennio con i Pontificati di Papa Ratzinger e Papa Bergoglio”.
Si inizia l’11 dicembre con “Giovanni XXIII, il Papa della bontà” di Stefano Girotti. Per tutti affabile, diretto, sincero. “Il suo linguaggio – dice il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura - era estremamente esile, se si vuole, estremamente agevole, facile, agile ma riusciva a percorrere la sensibilità, l’ascolto del tempo”. Nei ricordi del suo aiutante di camera, Guido Gusso, emerge il tratto autentico della sua fede: “Appena diventò Papa, i curiali mi dissero che ogni volta si incontrava il Papa avrei dovuto inginocchiarmi. Così ho fatto il primo giorno. Ma il secondo giorno Papa Giovanni mi ha chiamato e mi ha portato davanti al Santissimo, in Cappella, e mi ha detto: Facciamo un patto? Tu mi baci la mano al mattino, mi dai il buongiorno. Alla sera mi baci la mano e mi dai la buonanotte. Ma se devi inginocchiarti, apri le porte della cappella e ti inginocchi davanti al Santissimo”. Il suo pontificato ha aperto la Chiesa alla modernità andando oltre la bontà con la quale amiamo ricordarlo. Per Alberto Melloni, storico e segretario della Fondazione Scienze Religiose di Bologna, “Papa Giovanni ha riportato il papato nello scaffale della spiritualità. Dopo secoli di scaffali di diplomazia, di strategia politica e militare, di filosofia politica, l’orizzonte di Papa Giovanni è la pastoralità, la mitezza di Gesù, il Vangelo per tutti.” E per Marco Roncalli, nipote di Giovanni XXIII e suo biografo, “la vita di Roncalli è un po’ sregolata come un gomitolo. Ci si può aggrappare ad alcuni fili di questa vita e trovare l’uomo che, in tutti i suoi ruoli, in tutti i suoi ministeri, è riuscito ad interpretare il Cristianesimo dandogli il volto più umano possibile, non solo al servizio dei cattolici e dei cristiani, ma al servizio di tutti gli uomini. Questo è il senso del respiro universale, cattolico presente in tutti i passaggi della sua vita.”
Una testimonianza che Papa Giovanni lascia al suo successore, Paolo VI. Giovanni Battista Montini, infine intellettuale, con l’uomo al centro del suo cuore e della sua Chiesa. È il Papa che, per primo, valicherà i confini del Vaticano per abbracciare il mondo intero. Dialogo, amicizia, preghiera, sono i suoi punti fermi. E incontro con tutti. “La sua vita è strettamente legata da una consapevolezza – dice don Angelo Maffeis, Presidente dell’Istituto Paolo VI di Brescia - che c’è una identità cattolica da manifestare, da far fruttare all’interno delle realtà sociale. La fede, pertanto, non può essere rinchiusa in uno spazio privato ma deve essere una testimonianza pubblica.
“Paolo VI, il Papa della modernità” di Nicola Vicenti (che andrà in onda il 18 dicembre) lascia emergere il profilo umano di Montini attraverso i suoi scritti. Lettere, riflessioni, pagine segrete, che a migliaia e in tutta la sua vita Paolo VI ha scritto a famigliari, amici, intellettuali, artisti. Nei ricordi che affiorano di Fausto Montini, suo nipote, Paolo VI sentiva la missione a cui era stato chiamato sin da bambino verso la santità. “Per noi bambini, nipoti, era lo zio che non dovevamo disturbare perché lui studiava e si preparava a diventare sacerdote. Quando è diventato Papa, mio padre, suo fratello, ha detto che è veramente opera della Spirito Santo”.
Il 25 dicembre, la sera di Natale, è la volta di Albino Luciani.
“Giovanni Paolo I, il Papa dello stupore” di Nicola Vicenti. Troppo breve il suo Pontificato, si è sempre detto. Ma la sua vita intera è un cammino verso la santità. Albino Luciani, dal Veneto al soglio di Pietro, raccontato con le parole di suo nipote Gianni Luciani. “Sin da bambino lo zio come unico divertimento cercava sempre di leggere. Non per divertimento ma per imparare. Era coltissimo anche se non lo dava mai a vedere”. Una storia tipica di un sacerdote italiano del secolo scorso con la passione per la comunicazione e il giornalismo. “Scrive libri, sui giornali diocesani – dice don Davide Fiocco, direttore del Centro Spiritualità Albino Luciani di Santa Giustina – e legge le sue omelie alle suore. È chiaro, si capisce? Queste le domande che si poneva”. Lontano dal cliché che lo ha dipinto un semplice parroco, Luciani è stato un anticipatore di temi e gesti significativi. “Rinascita evangelica, dialogo, missionarietà, ecumenismo - dice Stefania Falasca, giornalista e vice postulatrice della Causa di Beatificazione di Luciani - e soprattutto pace, sono le direttrici che in poco più di un mese Giovanni Paolo I consegna alla Chiesa e al mondo”.
E infine, il grande “Giovanni Paolo II, il Papa del coraggio” di Martha Michelini.
L’1 gennaio, in pochi e particolari episodi, il profilo umano di Karol, fatto di amore e verità. Gesti di perdono, di dialogo, di fiducia nelle nuove generazioni, di accettazione della sofferenza. Un lungo pontificato raccontato con chi insieme a lui ha vissuto fianco a fianco. “Un ricordo fra tutti? La visita agli ebrei nella sinagoga di Roma – dice il Cardinal Stanislaw Dziwisz, segretario per 30 anni di Karol Wojtyla – ho visto cambiamenti, da un momento loro si sono convinti che siamo tutti figli di un unico Dio”. E ancora i ricordi di Arturo Mari, fotografo, che, per anni, lo ha immortalato nei suoi scatti. I commenti di chi ha raccontato e fatto la cronaca del suo pontificato, come Gian Franco Svidercoschi: “Agca alla fine dello storico incontro con Wojtyla continuava a dirgli: perché lei non è morto?”. E gli ultimi impressionanti momenti della sua morte nelle vive parole del Cardinale Angelo Comastri: “Il Papa volle che si mettesse una corona sul capo della Madonna. Era l'ultima carezza prima di morire, poi la sera è andato in cielo e il grazie glielo ha detto a voce”.
Quattro Papi, quattro uomini di Dio, quattro grandi protagonisti raccontati nella loro umanità.
È “L’uomo in bianco”, una produzione Rai Vaticano e Rai Premium, in onda dall’11 dicembre, ogni mercoledì, fino all’1 gennaio 2020, su Rai Premium.