I musei dopo la pandemia
Intervista a Paolo Sacchini, direttore della Collezione Paolo VI di Concesio, in occasione del ritorno del pubblico in presenza
Con il ritorno della Lombardia in zona gialla anche i musei possono tornare ad accogliere nuovamente in visitatori, dopo settimane in cui la presenza fisica davanti alle opere d’arte e alla partecipazione alle iniziative messe in campo è stata sostituita dal ricorso all’online. Un ritorno atteso, indispensabile per tanti versi, ma che non può essere (o non dovrebbe) inteso come un salto all’indietro. Questo è il parere di Paolo Sacchini, direttore della Collezione Paolo VI di Concesio che vede nelle esperienze vissute in tempo di pandemia non solo un patrimonio da non mettere in archivio, ma anche un’occasione per ripensare a nuovi modi di interazione tra l’“istituzione” museo il suo territorio per rimettere a posto le tessere di un mosaico che la pandemia ha allentato.
Nelle scorse settimane lei ha più volte affermato che dopo la pandemia i musei dovranno ripensarsi. Perché e in che modo?
Il desiderio di tutti è quello di tornare quanto prima a una situazione di normalità, così che i musei possano tornare a vivere secondo tutte quelle modalità e funzioni che hanno messo a punto nel corso della storia. Questo, a mio avviso, non deve tradursi, però, in un semplice ritorno a quello che si faceva prima dell’arrivo del Covid. È facile immaginare che il pubblico non tornerà subito alle abitudini pre-pandemia rispetto al suo rapporto con i musei chiamati a ripensare le modalità di fruizione dei propri patrimoni. Come? Con iniziative pensate per ristabilire, con i territori di riferimento, rapporti concreti di avvicinamento e di partecipazione. per superare l’idea che lo identifica come semplice luogo di conservazione, per essere sempre più percepito spazio di promozione culturale.
Il progetto è interessante, ma quanto peserà la brusca interruzione imposta dalla pandemia al cammino di familiarità dei bresciani con i musei, che stava procedendo per darsi gambe un po’ più sicure?
Per quella che è l’esperienza che stiamo portando avanti a Concesio, devo dire che il tempo della pandemia non ha portato particolari limitazioni al cammino che abbiamo intrapreso. Il triennio che è stato bruscamente interrotto dall’arrivo del Covid-19 ha visto la “Collezione” triplicare i suoi visitatori e non so dire se con la riapertura li ritroveremo ancora tutti. Nessuno nasconde l’impegno a cui siamo chiamati, fatto soprattutto di relazioni per fare in modo che il museo sia realmente percepito come patrimonio dell’intera comunità.
I lunghi mesi del ricorso ai social non si portano appresso il rischio che il pubblico si sia convinto che al museo si può andare anche restando a casa?
Il rischio effettivamente c’è, ma è lo stesso che corrono anche le università che in questi mesi hanno sperimentato la didattica a distanza con gli studenti che hanno seguito le lezioni da casa loro. Sono convinto che non sia una questione da prendere sottogamba e che chieda di riflettere sul buono che la tecnologia ha portato con sé in questi mesi e come farne tesoro per progetti e proposte da realizzare quando si potrà tornare finalmente nei musei.
L’appuntamento del 2023, quando Brescia, con Bergamo sarà capitale italiana della cultura, può essere uno stimolo per l’intero sistema museale bresciano a lasciarsi alle spalle il tempo e le conseguenze della pandemia?
Subito dopo l’annuncio dall’assegnazione alle due città del titolo di capitali della cultura per il 2023 era stata promossa, su iniziativa degli assessorati alla cultura delle due città, una riunione a cui erano state invitate le realtà museali dei due territori per verificare quante fossero interessate a partecipare alla definizione di un progetto condiviso e le diverse modalità di partecipazione. Tutti i partecipanti avevano condiviso l’idea che veramente l’appuntamento del 2023 potesse dare la spinta a uscire dalla stagione di crisi imposta dalla pandemia. Si tratta di continuare a camminare sulla strada intrapresa. Sono consapevole che a oggi sia un ostacolo non indifferente il fatto che l’emergenza sanitaria è ancora in corso con tutti i suoi limiti.