Corsini e le democrazie populiste
“Democrazie populiste. Storia, teoria, politica” è la nuova fatica letteraria (Edizioni Scholè) di Paolo Corsini, già docente di storia dell’Università di Parma, sindaco di Brescia e parlamentare, che porta la riflessione su un tema complesso, ma di grande attualità: il populismo. Il libro affronta lo studio dei populismi prima dal punto di vista storico e poi della filosofia politica. La prima parte del libro, molto puntuale e ben documentata, ricostruisce la nascita e lo sviluppo delle idee forza del populismo, a partire dal XIX secolo, in Russia, Stati Uniti, America Latina, Francia e Italia. Per l’Italia vengono presi in esame il qualunquismo di Guglielmo Giannini, il movimento monarchico di Achille Lauro, la Lega Nord, Berlusconi, e poi Beppe Grillo e Matteo Renzi, che per qualche aspetto possono rientrare nel populismo.
Ancora più complessa è l’analisi politica del populismo, che non è interpretato solo come malattia senile della democrazia, ma come proposizione di un mito: la nazione che risorge, che riconosce la propria identità nel territorio, che si riscatta da un presente deludente.
Un mito che si propone di contrastare la globalizzazione, l’aggressione di culture ostili, le presunte trame della finanza internazionale e dei poteri forti e soprattutto i fenomeni migratori, che alimenta sentimenti xenofobi e razzisti e diffonde la sindrome del complotto.
Interpretazioni. Gli studiosi del populismo hanno formulato diversi modelli interpretativi, spesso divergenti. Corsini ha il merito di proporre una classificazione sistematica di queste interpretazioni. Da un lato abbiamo l’interpretazione “minimalista”, il cui massimo sostenitore è Cristobal Rovira Kaltwasser, docente a Santiago del Cile, secondo cui il nucleo fondamentale del populismo è costituito da una visione manichea che contrappone il popolo buono alle élite e che scinde il valore della democrazia (mantenuto) da quelli liberali della separazione dei poteri e della tutela dei diritti individuali e delle minoranze (sminuiti o annullati). Sul fronte opposto troviamo l’interpretazione massimalista, il cui sostenitore più autorevole è il filosofo argentino Ernesto Laclau, a lungo docente all’università di Essex, nel Regno Unito (è morto nel 2014).
Visione. In questa visione, una volta assunto come irrinunciabile il valore della democrazia, il popolo non è qualcosa di dato, ma un soggetto che si definisce in itinere, nella contrapposizione tra sistema istituzionale, tendenzialmente elitario, e istanze popolari che cercano di affermarsi. È così possibile un populismo di destra, con tendenze xenofobe, ma anche un populismo di sinistra, con tendenze riformistiche radicali volte a rendere le istituzioni più rappresentative delle istanze sociali, senza rinnegare i valori liberali, ma anche senza confonderli col liberismo e con la passività verso le logiche del mercato e dei poteri forti.
Soluzione. Tra queste due visioni opposte, Corsini esamina anche le soluzioni intermedie. Per lui la più significativa è quella di Nadia Urbinati, che insegna Scienze politiche alla Columbia University di New York. Per lei il populismo è critica della rappresentanza partitica tradizionale e sfida al sistema parlamentare in nome di una rappresentanza unitaria del popolo attraverso il leader. In questa prospettiva il pericolo è che il populismo, pur mantenendo il valore della democrazia, in realtà la comprometta, manomettendone gli aspetti liberali, intesi come la possibilità di assumere “decisioni rette su procedure note e condivise, agite da soggetti tutti uguali”. Un libro dunque fortemente consigliato a chi non si accontenta di superficiali semplificazioni, di slogan approssimativi, ma vuole cercare di comprendere criticamente un fenomeno che ogni giorno è davanti ai nostri occhi.