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Brescia
di LUCIANO ZANARDINI 17 gen 2019 13:19

Appello ai liberi e forti: cosa resta?

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Marco Vitale, economista e presidente onorario dell’associazione Servire l’Italia, rilegge a 100 anni di distanza la nascita del Partito Popolare Italiano

L’Appello a tutti gli uomini liberi e forti del 18 gennaio 1919 segna la nascita del Partito Popolare Italiano, del quale Luigi Sturzo fu il primo segretario. L’Appello è la sintesi di un lungo processo culturale e politico...

L’Appello non piove dal cielo. È il culmine di un processo che per Sturzo inizia nel 1899 e che vede il contributo di molti altri gruppi e personalità cattoliche. In questo processo converge l’azione dell’Opera dei Congressi con i giovani democristiani, l’azione fondamentale di Romolo Murri, il Programma della Democrazia cristiana, detto Programma di Torino nel 1899, il contributo di Giuseppe Donati segretario della Lega democratica Nazionale che raccolse l’evento della Lega democratica di Murri, le battaglie dell’Osservatorio Cattolico di Milano che portò all’incarcerazione per sovversismo di Don Davide Albertano, naturalmente la Rerum Novarum, gli insegnamenti di Giuseppe Toniolo, l’azione dell’Unione Popolare che vide Sturzo segretario nazionale su nomina di Benedetto XV, l’azione di mons. Geremia Bonomelli, le prime deroghe al Non Expedit che permise l’ingresso alla Camera di un primo drappello di “cattolici deputati”, l’azione di rottura del lombardo Filippo Meda, che nel 1916 accettò l’incarico di Ministro delle Finanze (primo ministro cattolico).

Perché passa alla storia?

Perché viene emesso nel momento giusto. Non si rivolge ai cattolici ma a tutti gli uomini liberi e forti, “che in questa grave ora sentono il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria senza pregiudizi né preconcetti”; esprime con chiarezza il principio di aconfessionalità senza per nulla mimetizzare la bandiera dell’ispirazione cristiana ma anzi alzandola con forza e convinzione; è limpido e lineare; ha come asse portante il principio di libertà; è abbinato ad un programma politico specifico e concreto fatto proprio del nuovo partito; era un atto coraggioso, poiché la revoca del diniego a partecipare alle elezioni politiche, il famoso Non Expedit, fu comunicato dalla Santa Sede solamente a ridosso del voto, a novembre del 1919; era proposto da un leader altamente credibile, rispettato e ispirato.

Luigi Sturzo parte dall’esperienza diretta nella comunità. Conosce i problemi della sua terra...

Don Luigi aveva 28 anni quando incominciò la sua azione formidabile di animatore e organizzatore culturale, politico, sociale, economico della sua terra e della sua comunità. È grazie al lavoro formidabile che fece da giovane nella sua terra, che emergerà poi come leader nazionale. La sua azione è basata su alcuni concetti fondamentali. Il Comune non è un ente che deriva il suo potere da un atto di decentramento dello Stato; è una comunità primaria, che ha suoi diritti innati, di libertà e di autonomia, che vanno inseriti nel disegno statuale, ma che non sono “concessi”: sono originari. Tante volte si è dibattuto se don Sturzo fosse federalista. Non ha mai avuto dubbi su questi punti fondamentali: il Comune non è soltanto un organo amministrativo; è una cellula politica, è una comunità; il Comune, i servizi comunali sono al servizio della comunità; questa comunità non è derivata dallo Stato, ha la sua forza originaria, la sua autonomia, la sua sfera di libertà e di energia che deve essere liberata. Secondo me, questo è il nucleo fondante del pensiero federalista, e quindi io considero don Sturzo autenticamente e profondamente federalista. L’altro punto fondamentale di don Sturzo è che non si chiude nel municipalismo autarchico, gretto (“penso solo alla mia città”), bensì fin dall’inizio sente la necessità di costruire una rete di contatti e di pensiero, perché egli è anche un grande realista e sa che restando soli si è sconfitti, non si va da nessuna parte. Sturzo non ha mai giocato l’autonomia in chiave antinazionale, in chiave antistatale.

L’esperienza di Sturzo ci riconcilia con la buona politica...

Sturzo si muove con una grandissima competenza, tenacia e serietà. Non lascia niente al caso: studia, prepara la sua squadra. Questi cattolici, che si affacciano alla vita politica, lavorano, ricercano, sviscerano i problemi, guidati da quest’uomo con un talento naturale. Amministrare bene vuol dire fare politica, perché vuol dire impegnarsi per certi rapporti fra i cittadini, per garantire equilibri, equità e per avere un disegno di sviluppo.

LUCIANO ZANARDINI 17 gen 2019 13:19