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Brescia
di M.VENTURELLI 16 gen 2015 00:00

"7 Minuti" per parlare di lavoro al femminile

Intervista a Ottavia Piccolo, una delle più apprezzate interpreti del teatro italiano, in occasione della sua presenza a Brescia per lo spettacolo inserito dal Ctb nella sua stagione di prosa. "Quando il teatro perde di vista la vita della gente e della società viene meno a una delle sue missioni"

Nei giorni scorsi è stata applaudita interprete al Sociale di Brescia di “7 Minuti”, la piece che il drammaturgo Stefano Massini ha scritto ispirandosi a un fatto realmente accaduto in una cittadina dell’Alta Loira, dove nel 2012 ha tenuto banco la resistenza di una novantina di lavoratrici alla chiusura di una fabbrica di biancheria intima. Ottavia Piccolo è stata chiamata a portare in scena il dramma vissuto in questi anni da moltissime altre donne, anche nel Bresciano. La scelta del Ctb di inserire nella stagione di prosa 2014/2015 il testo di Massini con la regia di Alessandro Gassmann ha pagato. Le repliche messe in cartellone hanno registrato il tutto esaurito, a conferma, come affermato dall’attrice (una delle prime donne del teatro italiano) nel corso dell’intervista concessa a "La Voce del Popolo", che il teatro ha ancora una grande funzione. “Il seguito che stiamo incontrando – ha affermato Ottavia Piccolo – è la prova di come il teatro possa fornire elementi per discutere, ragionare, approfondire. Con il nostro spettacolo non possiamo certo dare soluzioni, ma un piccolo contributo al dibattito in atto sul tema del lavoro, quello sì”. E questo, prosegue ancora l’attrice, anche grazie al felice incontro di sensibilità evidentemente attente a un problema reale, come quelle dell’autore, del regista e dell’intero cast dello spettacolo.

“7 Minuti” porta in primo piano l’aspetto di cui si parla meno: quello del lavoro al femminile che ha dati drammatici. Perché questo silenzio?

Francamente non lo so. Probabilmente questa disattenzione affonda le radici nella storia, nella cultura del nostro che ha sempre considerato quella delle donne una forza lavoro di secondo piano. Anche in questo 2015 sembra quasi che la donna lavori per sfizio e non per reali necessità. Per questo sono meno pagate degli uomini e sono le prime ad essere a rischio quando il lavoro manca.

Un pregiudizio che è anche del mondo del teatro, non particolarmente attento a questo tema...

Sì, è vero. Anche il teatro quando dimentica il dramma del lavoro al femminile perde di vista una delle sue missioni prioritarie che è quella di parlare di vicende che interessano la gente, la società. “7 Minuti”, invece, è una fortunata coincidenza che ha permesso l’incontro tra autore registi, direttori di teatro e attori che evidentemente hanno una sensibilità per questo tema.

“7 Minuti” ribalta i canoni tradizionali del racconto di tante crisi aziendali. Non parla più o soltanto di cristallizzazioni di posizioni, ma si racconta anche di una via diversa, quella del confronto, il dialogo e della mediazione. Siamo nel campo della assoluta finzione teatrale?

La nostra è ovviamente una finzione, anche se plausibile perché racconta di storie possibili. Bianca, il personaggio che porto in scena, ha la propensione alla discussione, convinta com’è che la partita che insieme a tante altre donne sta giocando non è una sfida a battaglia navale che deve concludersi con la vittoria di una parte sull’altra. Si tratta invece di una prova di democrazia in cui il confronto deve essere sempre e comunque garantito. Tutto questo ha trovato forma in un testo in cui manca la canonica divisione tra eroi positivi ed eroi negativi, ma di personaggi che dinanzi al rischio della perdita del lavoro reagiscono in modo diverso, ma sempre dialettico.

“7 Minuti” è in tournée in tante città italiane dove il dramma del lavoro e in particolare di quello al femminile è particolarmente avvertito. Il fatto di dare voce a un problema reale, che è anche quello probabilmente di tante spettatrici, vi impone un di più di responsabilità quando salite sul palco?

Portare in scena un problema che è reale, che può essere quello anche delle persone che ogni sera riempiono il teatro, è per noi uno stimolo in più perché abbiamo coscienza di potere essere di aiuto. Certo, “7 Minuti” non aiuta certo a riaprire le fabbriche, ma permette qualche spunto di riflessione in più. Mi piace ricordare che il debutto dello spettacolo è avvenuto a Narni nel pieno delle contestazioni per le acciaierie di Terni con i lavoratori impegnati nella strenua difesa del posto di lavoro.

Mentre la gente si mette in coda per assistere a “7 Minuti”, i salotti televisivi in cui si parla di lavoro perdono pubblico. Si è domandata il perché di questo fenomeno?

Sono convinta che i talk show abbiamo ormai fatto il loro tempo. Il clima di rissa constante, il parlarsi addosso senza la possibilità di argomentare, aspetti che rappresentano la cifra stilistica di tutti i salotti televisivi, non interessano più alla gente che ha voglia di pensare con propria testa e di poter riflettere. Il teatro fornisce ancora questa possibilità, a differenza della televisione ossessionata dall’indice di ascolto.
M.VENTURELLI 16 gen 2015 00:00