Ucraina: solo il dialogo può evitare la guerra
A poche ore dalla conclusione del tour de force del presidente francese Macron, la voce dell'arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica Ucraina Sviatoslav Shevchuk, che chiede ogni sforzo possibile per evitare il conflitto
Un doppio binario": dapprima la stabilizzazione della crisi ucraina entro qualche settimana attraverso il lavoro del gruppo di Minsk (Francia, Germania, Russia e Ucraina); poi l'avvio di un "dialogo ampio e innovativo" con Mosca per "costruire garanzie nuove e comuni per la sicurezza e la stabilità in Europa".
Queste le indicazioni emerse al termine del lungo confronto di Emmanuel Macrom presidente di turno della Commissione europea, impegnato nei giorni scorsi in un tour de force per cercare di disinnescare la crisi internazionale in corso ai confini orientali dell’Euopra. Da Kiev, il giorno dopo il suo colloquio-maratona con Vladimir Putin a Mosca, Emmanuel Macron scopre le carte sul suo piano.
E nel frattempo chiede agli Usa di abbassare i toni, affermando che è necessaria "la ponderazione nelle parole e nelle azioni di tutte le parti". Mosca mostra di apprezzare la sponda offerta da Parigi e ci mette del suo per cercare di allargare le crepe nel campo occidentale. Le garanzie di sicurezza richieste, ribadisce il Cremlino, non hanno ancora avuto una risposta soddisfacente dagli Usa e dalla Nato, e questo rimane un problema "cruciale". Ma quello già costruito con Macron, sottolinea il portavoce presidenziale Dmitry Peskov, è un rapporto "costruttivo", il che spiega anche le cinque ore trascorse ieri a discutere con Putin. Altre tre ore Macron le ha passate a dialogare con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, prima di un incontro a Berlino con il presidente polacco Andrej Duda - il cui Paese è presidente di turno dell'Osce - e con il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Macron, tuttavia, rassicura sulle intenzioni del Cremlino. "Putin mi ha detto che non sarà lui all'origine di un'escalation", dice. "Certo, nessuno è ingenuo", aggiunge, e la Russia è comunque colpevole di cercare di "mettere pressione sulla comunità internazionale con una crescente presenza militare" alla frontiera ucraina. Ma il presidente francese si dice convinto che sono possibili "soluzioni concrete e pratiche" alla crisi.
Dall’Ucraina, però, arriva la voce allarmata della gente comune. A farsene carico è Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica Ucraina. “Adesso è importare dire, a voce alta, no alla guerra. No alla guerra come strumento per risolvere i problemi geopolitici fra gli Stati. No al diritto del forte, ma sì alla forza del diritto. L’unico modo per evitare lo scontro militare è il diritto internazionale, il dialogo, la diplomazia. Per questo stiamo appoggiando ogni forma di dialogo, tra i potenti di questo mondo, affinché si possa evitare lo scontro armato. E vogliamo dire fortemente no alla violenza, che si sta alzando nel mondo come un’idolatria. Come cristiani dobbiamo dire che l’unico modo per superare le difficoltà è il rispetto, l’amore verso il prossimo e la solidarietà”. Parlando in diretta streaming da Kiev con i giornalisti, è di l’Arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica Ucraina, a lanciare un appello di pace in ore cruciali in cui le diplomazie e i capi di governo stanno lavorando per trovare compromessi ed evitare un’escalation militare nel conflitto alla frontiera con l’Ucraina. Shevchuk racconta come il popolo ucraino sta vivendo questo periodo di altissima tensione.
“Siamo circondati dall’esercito russo”, continua l'Arcivescovo mentre quasi in contemporanea il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, annuncia che le forze armate di Kiev terranno esercitazioni militari con armi fornite dagli alleati dal 10 al 20 febbraio, negli stessi giorni nei quali Russia e Bielorussia effettueranno manovre congiunte nei pressi della frontiera settentrionale ucraina. “Non si tratta più di un conflitto bilaterale tra Ucraina e Russia”, ribadisce Shevchuk, ma “di una escalation militare tra Russia e Occidente” e “l’Ucraina si trova nel mezzo tra questi due blocchi. Siamo sotto attacco, sotto un imminente e grave pericolo. La situazione è molto fragile e molti avvertono che può deteriorarsi o peggiorare in ogni istante”. L’arcivescovo parla poi di “una guerra di propaganda”, di “una guerra politica finalizzata a cambiare il governo di Kiev per instaurare un regime fedele alla Russia e al progetto di reintegrazione dell’Ucraina nell’area della ex Unione sovietica”. È anche una guerra economica, giocata sul rialzo del prezzo del gas che sta mettendo in ginocchio l’intero Paese, facendolo sprofondare nella povertà. Molte piccole imprese hanno dovuto chiudere e il numero dei poveri è addirittura “triplicato”. La gente sta ritirando i soldi dalle banche, per timore di un collasso finanziario. Le famiglie hanno pronte “le valigie dell’emergenza” in caso di un attacco armato e sono pronti i “rifugi” per proteggere la popolazione in caso di attacchi armati. In questo contesto le Chiese, tutte insieme, stanno lavorando su vari fronti. Il primo è quello della preghiera, accompagnata dal digiuno. Aumentano le persone che si collegano tutti i giorni via YouTube per la Preghiera per la pace che va in onda alle 20.
“Papa Francesco segue molto da vicino e costantemente la situazione in Ucraina” ed “è molto preoccupato”, dice l’Arcivescovo maggiore, e alla domanda se il popolo ucraino si aspetta di più da parte della diplomazia vaticana, Shevchuk risponde: “Sappiamo che anche a livello diplomatico si stanno facendo sforzi per comunicare questa preoccupazione del Santo Padre”. “La forza della diplomazia vaticana è molto efficace”, aggiunge. “Questo lavoro che stanno facendo i diplomatici della Santa Sede è importantissimo. Forse lo stile diplomatico è diverso perché non si lavora attraverso delle condanne o il puntare il dito contro qualcuno. Quello a cui fino adesso abbiamo assistito è uno sforzo di mediazione. Quando il dialogo si spegne o è minacciato, allora la Santa Sede in modo discreto cerca di salvare e promuovere la comunicazione”. “ “Il nostro desiderio – conclude Shevchuk – è che il Santo Padre visiti l’Ucraina. Abbiamo invitato il Papa a venire perché i gesti sono eloquenti e una sua visita in Ucraina sarebbe un gesto molto forte”. “Non vogliamo aspettare 10 anni” perché questo viaggio si possa realizzare. “La gente in Ucraina dice così: se il Papa viene in Ucraina, la guerra finisce perché, se il Papa viene, lo fa come messaggero di pace”.