Stati Uniti: cattolici scettici
Motori a pieni giri per la campagna elettorale americana. Il magnate repubblicano e la ex segretario di Stato percorrono miglia su miglia per accaparrarsi le preferenze. Ma il mondo cattolico è diviso e perplesso: su migrazioni, famiglia, aborto, giustizia, pace non trova risposte che soddisfino appieno sul piano etico e sociale
Non sono convinti né dell’uno né dell’altro. Gli americani
cattolici fanno fatica a scegliere tra due candidati alla presidenza che, per
ragioni diverse, non sembrano soddisfarli. Da un lato il businessman
miliardario Donald Trump, repubblicano, sbandiera posizioni drastiche su temi
come l’immigrazione (in forte contrasto con i richiami del Papa e con il lavoro
quotidiano della Chiesa), è uno strenuo sostenitore della lobby delle armi e
non prende le distanze dalla destra più estrema. Dall’altro, l’ex segretario di
Stato ed ex first lady, Hillary Clinton, democratica e milionaria, ha posizioni
molto liberali su famiglia e aborto. Tra due scelte “imperfette”, i più recenti
sondaggi segnalano che i cattolici sarebbero comunque più propensi a sostenere
la Clinton, che nel bacino cattolico si colloca davanti a Trump di ben 27
punti, un margine considerevole, forse anche in ragione del suo candidato alla
vice-presidenza Tim Kaine, cattolico.
Diffidenza verso Trump. “Credo che per i cattolici gli aspetti negativi di Trump siano diversi”, spiega John Carr, titolare dell’Iniziativa sul pensiero cattolico sociale e la vita pubblica presso la Georgetown University. “Uno è il temperamento. Quest’uomo ha un carattere adatto alla presidenza? Un altro è il suo retroterra: si dichiara per la famiglia ma è al terzo matrimonio”. “La gente ammira i suoi figli, eppure si chiede se Trump manterrà le promesse. I cattolici, inoltre, sono spesso figli di immigrati – ispanici, italiani, polacchi… – e non vedono con favore un candidato che demonizza i migranti. Infine ritengo sia possibile che Papa Francesco, che ha sfidato i cattolici a guardare il mondo con le lenti degli ultimi”, anche durante il suo viaggio in Usa, “ha toccato il cuore di tanta gente, e questo può avere un peso nella decisione elettorale”.
Tra le ragioni dell’adesione a Trump degli evangelici, c’è la sua leadership forte, la posizione dura contro il terrorismo di matrice islamista, e la difesa, almeno a parole, della Bibbia e di feste religiose come il Natale che negli Stati Uniti diventano sempre più ricorrenze private anche per via di un abuso del “politicamente corretto”. “Amo la parola Natale”, dice spesso Trump nei suoi comizi, “e invece vai nei negozi e vedi la scritta ‘Buone vacanze’”. Parole che sembrano far presa sull’elettorato. Voto “mobile”. Concentrati in Stati-chiave per vincere le elezioni, come Ohio e Wisconsin, i cattolici in America tradizionalmente non costituiscono un blocco orientato su un unico partito. “Parliamo di circa un quarto della popolazione”, spiega William Dinges, ordinario di Storia della Chiesa alla Catholic University of America. “Ma si tratta di un elettorato diviso tra le due forze in campo, e molto spesso fluido, passibile di cambiare partito a seconda dei candidati in lizza”.
Sostanza o solo parole? “Su per giù il 40% dei cattolici
vota per il partito repubblicano”, dice il professor Carr. “Un altro 40%
sostiene quello democratico, e il restante 20% aiuta a decidere chi diventa
presidente. In questa tornata la cosa interessante è che più i cattolici sono
praticanti meno dicono di voler esprimersi per Trump. In questo specifico
gruppo Trump porta a casa il 20% in meno del candidato repubblicano di quattro
anni fa, Mitt Romney”. Eppure Trump, a differenza della Clinton, negli ultimi
mesi ha detto in più circostanze di essere pro-life. “Molti sono scettici:
quando Trump dice di essere diventato pro-life, lo pensa davvero?”, si chiede
Carr. “Di questi temi parla con difficoltà. Però non credo che i cattolici
sull’aborto preferiscano le posizioni della Clinton. È solo che non ritengono
Trump un vero pro-life”.