Nuove fiammate di una guerra senza fine
Torna a farsi tesissima la tensione nella Striscia di Gaza tra israeliani e palestinesi. La drammatica testimonianza del parroco latino di Gaza
Decine di vittime, centinaia di feriti e una escalation di violenze destinata a continuare nonostante gli appelli (timidi) alla calma lanciati dalla comunità internazionale. Nei combattimenti fra Israele e il movimento estremista islamico di Hamas, a Gaza, innescati dalla minaccia di esproprio ai danni di almeno quattro famiglie palestinesi. Fonti militari riferiscono che dalla Striscia sono partiti almeno 250 razzi in territorio israeliano, la maggior parte dei quali sono stati intercettati dal sistema di difesa “Iron Dome”. Tuttavia, una piccola parte ha lambito anche la periferia di Gerusalemme facendo risuonare gli allarmi e provocando l’evacuazione in tutta fretta del Parlamento.
Gli attacchi sono continuati anche con lanci di razzi in direzione di Ashkelon, nel sud di Israele. Durissima la risposta dell’aviazione con operazioni mirate che hanno colpito secondo fonti militari almeno 130 obiettivi di Hamas a Gaza. Fra questi l’abitazione di un leader di primo piano del movimento, il quartier generale dell’intelligence, due tunnel e siti di stoccaggio e deposito di razzi.
Nel frattempo sono proseguiti gli scontri fra manifestanti palestinesi e polizia israeliana a Gerusalemme, innescati dalla crescente repressione delle forze dell’ordine che hanno impedito ai fedeli di raggiungere la Spianata delle moschee per il Ramadan, mese sacro di digiuno e preghiera. A questo si unisce la controversia relativa alla proprietà di alcuni edifici nel quartiere di Sheikh Jarrah, contesi fra palestinesi e coloni ebraici e finita nelle aule di tribunale, diventando pretesto per ulteriori scontri. Anche intellettuali e attivisti israeliani sottolineano che lo sfratto, giustificato come restituzione perché in passato i proprietari erano ebrei, rappresenta un caso di “pulizia etnica” e in base a questo principio molte altre case e beni andrebbero restituiti ai palestinesi.
Fonti sanitarie a Gaza riferiscono che nei raid israeliani sarebbero morte almeno 22 persone, fra i quali diversi bambini. Alti ufficiali israeliani parlano di 15 membri di Hamas tra le vittime. Il gruppo estremista minaccia nuovi attacchi nell’ambito dell’operazione ”Spada di Gerusalemme”. Agli attacchi palestinesi l’esercito israeliano ha risposto con l’operazione “Guardiano delle Mura” destinata a continuare anche nei prossimi giorni. La Mezzaluna rossa palestinese parla di oltre 700 feriti negli scontri fra le parti a Gerusalemme e in Cisgiordania, alcuni dei quali in gravi condizioni.
Quelle in atto sono le più gravi violenze a Gerusalemme degli ultimi anni. Il Primo Ministro ad interim Benjamin Netanyahu ha parlato di “superamento della linea rossa” cui i militari risponderanno “con grande forza”. La comunità internazionale osserva preoccupata e lancia (timidi e sinora vani) appelli alla calma. Ieri si è tenuta una riunione urgente del Consiglio di sicurezza Onu, che non ha però sortito una dichiarazione comune al termine dell’incontro.
“Un vero disastro. È stata una notte drammatica. Ma non è ancora finita. Qui si contano 24 morti, tra questi 10 sono bambini, 6 donne e anche una persona disabile. I feriti sono più di 100. In nome di Dio le parti in lotta si fermino”: è la testimonianza del parroco latino di Gaza, padre Gabriel Romanelli. Gli scontri sulla Spianata delle moschee di Gerusalemme si sono allargati anche alla Striscia di Gaza dopo l’ultimatum di Hamas che chiedeva a Israele di ritirarsi dalla Spianata delle Moschee. “La piccola comunità cattolica (circa 120 fedeli) al momento sta bene ma c’è tanta paura. Non sappiamo come andrà a finire, l’impressione è che ne avremo per molto”, aggiunge il sacerdote. Paura che sembra ancora più motivata visto che l’esercito israeliano ha schierato ulteriori batterie di artiglieria al confine con la Striscia. Un segnale che secondo i media locali indica che l’apparato militare israeliano si prepara ad un conflitto ancora più duro. L’esercito ha poi esteso le zone interdette al traffico civile per timore di razzi anticarro dall’enclave palestinese. Le milizie palestinesi, nei loro media, hanno definito il lancio di razzi “Operazione Spada di Gerusalemme”. In un video diffuso sul web, l’ala militare di Hamas ha affermato: “Gerusalemme ha chiamato, Gaza ha risposto”. Non si è fatta attendere la risposta militare israeliana al lancio di circa 250 razzi lanciati da Hamas, dalla Striscia di Gaza, verso Israele. Sette persone, di cui quattro di una stessa famiglia – padre, madre e due bambini – sono rimasti feriti ad Ashkelon, nel sud di Israele. L’operazione israeliana, denominata “Guardiani del muro”, ha visto una serie di raid aerei contro 130 obiettivi palestinesi. Tra gli obiettivi la casa di un comandante di un battaglione di Hamas, un sito di produzione di munizioni, il quartier generale dell’intelligence del gruppo di resistenza islamica e complessi militari di Hamas e della Jihad.
“L’escalation di violenza e morti cui stiamo assistendo è provocata dagli elementi più estremisti delle parti in lotta. Ma c’è tanta gente tra i palestinesi e gli israeliani che vuole vivere in pace e in buone relazioni. La sofferenza tra questi è enorme così come la paura per il lancio di bombe e missili”. In mezzo alla violenza di questi giorni c’è anche chi “prega e chiede pace per tutti”. Sono le piccole comunità cattoliche di espressione ebraica (kehillot) che fanno parte del Vicariato di San Giacomo, uno dei sei Vicariati del Patriarcato Latino di Gerusalemme. Si tratta di sette comunità che accolgono cattolici che provengono dal popolo ebreo, cattolici di altre nazioni nonché i cristiani locali. In cinque di queste si prega in ebraico (Gerusalemme, Jaffa, Beerhseva, Haïfa e Tiberiade) e in due in russo (Haïfa e Latrun). Il vicario patriarcale, padre Rafic Nahra, racconta al Sir come le comunità ebreofone stanno vivendo questi giorni di tensione: “paura e sofferenza accomunano palestinesi e israeliani. La paura degli abitanti delle città israeliane, a ridosso della Striscia di Gaza, come Askelon, Beer Sheva, Sderot, Sdot Negev, e altre è grande. I razzi cadono senza una meta precisa e tutti si sentono un bersaglio. Alla paura – aggiunge il vicario – subentra la rabbia che si tramuta in tensione. È triste – ammette padre Nahra – vedere città come Haifa e Ramle, dove arabi e israeliani fino ad oggi hanno mantenuto buone relazioni, cadere preda di tensioni e tumulti. Per quanto ciascuno dei nostri fedeli possa avere una propria posizione in merito a Gerusalemme e alla vicenda delle case contese a Sheik Jarrah a Gerusalemme est, noi siamo tutti impegnati a pregare per la fine delle ostilità e per la pace e la convivenza. Ci affidiamo al Dio della pace perché illumini le menti di chi ci governa e perché smuova il cuore della comunità internazionale. Senza l’intervento internazionale saremo, infatti, destinati ad una lunga sofferenza e a un futuro di rabbia e di tensione”.