Londra: no della Camera all'accordo Ue
L'assemblea di Westminster ha bocciato ieri l'accordo che il premier britannico aveva raggiunto con l'Unione europa. Il Paese, nel caos, si trova ora davanti a cinque possibili soluzioni. Oggi per Theresa May la prova della mozione di sfiducia
Una sconfitta peggiore non era possibile, la disfatta più grave di un governo britannico dagli anni Venti. L’accordo che Theresa May ha concordato con l’Unione europea è stato bocciato dal parlamento di Westminster con 432 voti contro 202. Oltre duecento voti contrari, il risultato ha confermato le previsioni pessimiste della vigilia. La premier ha parlato subito, in tono dimesso, accettando il risultato e anticipando il voto di sfiducia da parte dell’opposizione che è arrivato puntuale.
Il leader dell’opposizione, Jeremy Corbyn, ha chiesto, infatti, che Westminster decida se appoggia ancora il governo. È quasi certo che Theresa May verrà confermata, domani, come primo ministro, perché sembra difficile immaginare che deputati del partito conservatore vogliano bocciare la loro leader. La mozione di sfiducia, se respinta, costringerà il leader dell’opposizione Corbyn, che è a favore del Brexit, a differenza dei parlamentari laburisti, a pronunciarsi su un secondo referendum.Fino ad oggi Corbyn era riuscito a tenere unito il partito, diviso sulla questione Europa quanto quello conservatore, concentrando le sue energie sulla sconfitta del governo e nuove elezioni generali.
Dopo la bocciatura dell’accordo con l’Ue questi sono gli scenari possibili a partire dalle elezioni anticipate che nel Regno Unito potrebbero essere convocate in meno di un mese. La seconda ipotesi, forse la peggiore fra quelle possibili, prevede che senza un voto del Parlamento il Paese possa uscire dall’Unione senza alcun accordo con il rischio di pesantissime conseguenze sull’economia, dogane e confini. Si tratta di una scelta che il governo può assumere senza il bisogno dell’approvazione parlamentare.
La terza ipotesi prevede, invece che la premier possa entro lunedì ritornare a Westminster con un piano B.
Theresa May, eventualmente superata la ormai certa mozione di sfiducia, potrebbe chiedere all’Unione europea un prolungamento dei tempi del negoziato per tentare di rivedere i termini dell’accordo sull’uscita.
Ultima ipotesi, invocata dal fronte che va facendosi sempre più ampio dei sostenitori del “Remain”, contrario alla Brexit, è quella dell’indizione di un nuovo referendum. In questo caso, però, servono il sì del governo e il sostegno di una maggioranza trasversale, condizioni che oggi a Londra ancora non ci sono.