La Russia vuole rompere con l'Occidente
“I tagli alle forniture del gas all’Europa attuati da Gazprom rientrano nella scelta che da anni la Russia ha fatto diminuendo il suo interesse a mantenere relazioni cordiali con l’Occidente. Anche la stessa invasione dell’Ucraina, che è strettamente legata alla questione del gas, segue questa logica. Da tempo la Russia (nella foto, Putin con Enrico Letta al vertice Italia-Russia del 2013) si sta mostrando sempre più insofferente e refrattaria ad avere delle buone relazioni con l’Occidente”. Così Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, commenta le conseguenze che l’invasione russa in Ucraina ha generato nell’economia mondiale.
“Che Stati Uniti e Ue avrebbero pagato un prezzo alle sanzioni imposte alla Russia era prevedibile, per quanto molti abbiano cercato di sottostimarlo”, osserva il giornalista. “Noi europei – prosegue – importiamo gas russo dalla fine degli anni ’50; per 60 anni ci è arrivato in maniera regolare, salvo qualche piccola crisi immediatamente superata, e a prezzi economici. Comprare gas russo è stato per 60 anni un affare, una delle condizioni che ha permesso lo sviluppo economico dell’Unione europea, consentendo a Germania e Italia di prosperare”. “Non sappiamo calcolare l’effetto delle sanzioni sulla Russia perché a seguito di questo Mosca ha messo in campo politiche di reazione cercando nuovi mercati per gas e petrolio, nuovi fornitori di tecnologie e di quei beni che i russi non sono mai stati capaci di produrre”, aggiunge Scaglione, evidenziando che “bisogna vedere se è più veloce il processo di sostituzione che stanno mettendo in campo i russi o quello di scardinamento della loro struttura economica provocato dalle nostre sanzioni”.
Il giornalista invita a non considerare quanto sta succedendo con una “visione limitata” secondo cui “l’Occidente ha messo al bando la Russia per le sua cattive azioni”. In realtà, spiega, “c’è un processo in atto da anni attraverso il quale la classe dirigente russa ha pian piano lasciato gli ormeggi con l’Occidente, in particolare con l’Europa. E ha iniziato a costruire altre relazioni in Medio Oriente, con Cina, India e Turchia: un lavoro che va avanti da tempo”. Per Scaglione, “il taglio delle forniture di gas è la reazione tipicamente russa a quella che considerano l’ennesima ambiguità dell’Europa che dice di non essere in guerra con la Russia ma dà le armi all’Ucraina. Ci considerano schierati senza che noi abbiamo il coraggio di esserlo. E quindi ci colpiscono là dove sanno che ci possono far male”. Tra l’altro, osserva, “sono loro a colpirci, non siamo noi ad aver smesso di importare il loro gas”. “La stessa guerra in Ucraina è la manifestazione più clamorosa, violenta e crudele del fatto che la Russia voglia tagliare i ponti con l’Occidente”. Per quanto riguarda le visite effettuate nei giorni scorsi dai leader europei a Kiev, Scaglione ritiene abbiano significati diversi. Se da una parte Draghi, Macron e Scholz, a nome dell’Europa “hanno garantito armamenti ma soprattutto l’appoggio per il futuro ingresso dell’Ucraina nell’Unione” dall’altra “temo che Johnson, abbia invece di fatto invitato Kiev a non cedere e a prolungare la guerra, garantendo il sostegno incondizionato del Regno Unito". Secondo Scaglione comunque, il futuro, soprattutto per l’Ucraina, non sembra affatto buono perché “se l’Ucraina continuerà a resistere nel tentativo di vincere e recuperare il territorio perduto, allora questo non potrà avvenire se non al prezzo di una guerra lunga e distruttiva che alla lunga potrebbe portare allo spezzettamento dell’Ucraina e, poi, forse anche il tracollo della Russia. Se invece l’Ucraina decidesse di ‘uscire dalla guerra’ – conclude Scaglione – dovrebbe sì accettare la soluzione umiliante di riconoscere alla Russia i territori conquistati ma consentirebbe a Kiev di mantenere un’integrità territoriale, non totale, ma consistente.