L'Europa e la carta del fragile equilibrio
Migrazioni: il testo varato non registra passi in avanti significativi rispetto alla cosiddetta “solidarietà” che a più riprese è stata evocata in questi ultimi anni, soprattutto dai Paesi di primo arrivo come l’Italia. Infatti, il ricollocamento dei migranti che giungono attraverso le frontiere esterne dell’Europa, non sarà obbligatorio in quanto ogni Paese sarà libero di scegliere
Riformare il diritto d’asilo e l’accoglienza dei migranti. L’accordo è arrivato nei giorni scorsi durante il Consiglio Affari Interni dopo 12 ore di confronto. Contrari Ungheria e Polonia. Slovacchia, Lituania, Malta e Bulgaria si sono astenuti. Il resto dei Paesi, compresa l’Italia, si è espressa in maniera favorevole.
Il testo approvato costituisce ora la posizione comune del Consiglio, che ora su questa base dovrà negoziare con il Parlamento europeo, per arrivare al testo definitivo dei due regolamenti, che riguardano le procedure d'asilo e la gestione dell'asilo e dell'immigrazione. Il nodo finale era trovare un testo soddisfacente sulla definizione dei Paesi terzi sicuri dove sarà possibile inviare i migranti che non ricevono asilo.
I temi principali dell’accordo: fissare una procedura comune in tutta l’Unione Europea per concedere o revocare la protezione internazionale e per stabilire rapidamente alle frontiere chi può avere l'asilo e chi no; domande di asilo esaminate entro le 12 settimane; ci sarà un numero minimo annuale di ricollocazioni dagli Stati membri in cui la maggior parte delle persone entra nell'Ue verso Stati membri meno esposti a tali arrivi. Questo numero è fissato a 30mila, mentre il numero minimo annuale di contributi finanziari sarà fissato a 20mila euro per ricollocazione, queste cifre possono essere aumentate se necessario e saranno prese in considerazione anche le situazioni in cui non è prevista alcuna necessità di solidarietà in un determinato anno. Sono previsti poi accordi e infrastrutture per la gestione dei migranti e dei richiedenti asilo nei Paesi di origine o transito, per lo più in Africa e Asia, anziché sul territorio dei Paesi europei.
“Il testo, dopo un duro confronto tra i ministri degli Interni europei – afferma Oliviero Forti , responsabile dell’Ufficio politiche migratorie di Caritas Italiana - non registra passi in avanti significativi rispetto alla cosiddetta “solidarietà” che a più riprese è stata evocata in questi ultimi anni, soprattutto dai Paesi di primo arrivo come l’Italia. Infatti, il ricollocamento dei migranti che giungono attraverso le frontiere esterne dell’Europa, non sarà obbligatorio in quanto ogni paese sarà libero di scegliere tra il ricollocamento dei migranti provenienti dai Paesi di primo ingresso o il pagamento di 20 mila euro per ogni migrante non ricollocato. Dunque, basta pagare per non vedersi assegnare migranti. Nei fatti si tratta di una mercificazione che si traduce in un fallimento politico, nonostante sia stato presentato come un grande risultato, in termini di solidarietà, capace di alleggerire il peso sui paesi di primo arrivo. Evidentemente non sarà così. Nonostante l’Italia abbia tentato di imporre la sua linea circa il ricollocamento obbligatorio, tuttavia la netta contrarietà dei soliti noti (paesi di Visegrad) ha portato ad una soluzione ibrida (ricollocamento/pagamento) che non produrrà, però, gli effetti sperati, vista anche la complessità di un meccanismo come quello elaborato”.
L’Italia, secondo il responsabile di Caritas, avrebbe ceduto a questo compromesso dietro la promessa di consentire agli Stati membri la possibilità di stringere accordi con Paesi terzi, a partire da quelli di transito, dove espellere gli irregolari che non si riescono a rimpatriare nei Paesi d’origine. “La Germania ha accettato – continua Forti - , in maniera poco entusiastica, questa proposta solo con la previsione che si tratti di Paesi terzi sicuri, dove il migrante abbia maturato una connessione effettiva se non addirittura familiare. Evidentemente non potrà essere la Libia uno dei paesi dove rinviare i migranti, né tanto meno quei paesi dell’Africa sub sahariana o del Medio Oriente dove i diritti umani sono costantemente a rischio. Anche in questo caso il giudizio non è positivo: oltre ai noti rischi nel rinviare un migrante in un paese diverso da quello d’origine, si aggiungono le complessità procedurali che conosciamo molto bene, a partire dalle procedure di identificazione e dalla reale capacità di stringere accordi con paesi che non è assolutamente scontato che si renderanno disponibili ad accettare sul territorio persone che non sono propri cittadini.
Infine, anche la previsione di procedure di frontiera obbligatorie, con lo scopo di valutare rapidamente alle frontiere esterne dell’Ue se le domande sono infondate o inammissibili, appare una scelta non condivisibile nella misura in cui non solo si presta a possibili violazioni dei diritti dei richiedenti la protezione internazionale, ma richiede uno sforzo organizzativo che, visti i numeri degli sbarchi di quest’anno, non è immaginabile in Italia e negli altri paesi di primo ingresso.
“L’accordo raggiunto a Lussemburgo – continua Forti - è l’ennesimo tentativo di ricomporre posizioni molto diverse sul tema dei migranti che sono ancora ispirate, però, ad interessi meramente nazionali, molto lontani dallo spirito di solidarietà europea che troppo spesso, in maniera inopportuna, viene richiamato dai decisori politici”.
“La soluzione adottata dal consiglio europeo, con voto contrario di Polonia e Ungheria”, spiega, invece, Filippo Miraglia, responsabile area immigrazione di Arci, “è invece il linea con le loro posizioni”. Perché? “L’intesa raggiunta, di fatto, è tutta concentrata sull’impedire alle persone di chiedere asilo in Europa. In sostanza stiamo esternalizzando le frontiere e ci saranno, presumo, accordi economici con Paesi come Egitto, Libia, Tunisia per lasciare i migranti in quei territori. La premier Meloni e il ministro dell’interno Piantedosi stanno festeggiando l’accordo, ma sono più che certo che, insieme a loro, stiano festeggiando anche i trafficanti di essere umani”.
Secondo Miraglia siamo davanti: «sempre alle stesse formule viste e riviste. E senza nessun impegno serio per costruire canali sicuri e legali per arrivare in Europa”. Un nodo cruciale rimane quello della definizione dei Paesi terzi sicuri dove sarà possibile inviare i migranti che non ricevono asilo: “Di fatto - spiega Miraglia - “si sta cancellando il divieto di respingimento. Credo che siamo davanti a uno dei punti più bassi delle politiche europee in campo di immigrazione e solidarietà”.
“In Italia - aggiunge ancora Miraglia - la richiesta di domande d’asilo è sempre al di sotto della media europea. Si continua a discutere su un tema facendo finta che la realtà non esista. La ripartizione solidaristica ci vedrà nella posizione in cui dovremmo accettare le persone, non trasferirle. Lo scorso anni, ad esempio, in Italia ci sono state 77mila domande, in Germania 220mila…”.