L'attentato è un segnale per Putin
La guerra è fuori ma potrebbe essere già iniziato la scontro per la successione dello “Zar”. L’attentato in cui ha perso la vita Darya Dugina, figlia del filosofo vicino a Putin Alexander Dugin, apre a molte supposizioni che si intrecciano con il destino del conflitto. Parla Luciano Bozzo, professore di relazioni internazionali e studi strategici presso l'Università di Firenze
La guerra è fuori ma potrebbe essere già iniziato la scontro per la successione dello “Zar”. L’attentato in cui ha perso la vita Darya Dugina, figlia del filosofo vicinissimo a Putin Alexander Dugin, apre a molte supposizioni che si intrecciano con il destino del conflitto e dei territori contesi. Per Luciano Bozzo, professore di relazioni internazionali e studi strategici presso l’Università di Firenze, le ipotesi in campo sono varie ma quelle più probabili indicano l’apertura di una contesa interna che abbia come obiettivo la defenestrazione del presidente russo e un periodo di destabilizzazione e caos nel Paese.
Professore, l’attentato apre molteplici scenari.
Dugin è uno strenuo sostenitore del conflitto e del presidente russo, sicuramente l’attentato è una provocazione di alto livello. Kiev stavolta nega in maniera netta, al contrario di altre occasioni in passato. Il diniego potrebbe essere sincero. Potrebbe esserlo perché l’Ucraina ha intenzione di evitare una rappresaglia russa. Se non è responsabilità loro, ci sono in piedi due ipotesi: la prima che sia un affare interno della Federazione, la seconda che sia opera di qualcuno in favore dell’Ucraina, con lo scopo di colpire Putin. Tenderei a credere a questa seconda ipotesi. Credo sia un regolamento di conti interno russo.
Quali sarebbero le ragioni?
Questa guerra sta divenendo disastrosa per la Russia. Non si capisce quando finirà. I costi e lo scontento aumentano. Putin ha usato il pugno di ferro perché gli oligarchi o i loro familiari sono morti o sono scappati. Si può immaginare che nelle forze armate ci sia forte scontento viste le perdite. All’interno, Putin ha dei nemici e si può credere che con questo attentato gli stiano mandando un messaggio perché è chiaro che l’obiettivo dell’attentato fosse il padre e non la figlia. L’attentato tra l’altro è il risultato di una pianificazione sofisticata, i responsabili conoscevano i movimenti di Dugin. L’organizzazione potrebbe avere alle spalle Kiev o un servizio di intelligence straniero, sebbene sia l’ipotesi che mi sembra meno probabile, oppure un sostegno interno per condurre una lotta di potere.
L’attentato alimenterà il conflitto sul campo?
Dipende da quello che Putin e i suoi riusciranno a capire su chi sono i responsabili. Se, come possibile, sono interni, vuol dire che è iniziata la lotta per il potere e la successione. Se è così, si apre una fase di confusione e destabilizzazione al vertice che non promette niente di buono.
A cosa potrebbe portare questa lotta interna?
Può portare a una defenestrazione di Putin che però non garantisce nulla. Non è detto cioè che il successore sia meglio. Potrebbe poi portare a una destabilizzazione interna, vale a dire a una fase caotica che non è rassicurante. Come insegna la storia, quando la Russia perde una guerra, il Paese precipita nel caos.
Il quadro sarà più chiaro solo nelle prossime ore?
Se è cominciata una lotta interna, Putin rischia di perdere il potere e la vita. Si trova in un vicolo cieco e deve andare avanti. Questo attentato complica ancora di più la situazione. C’è una guerra fuori ma potrebbe essere iniziata anche una guerra dentro. Si tratta di capire che fine farà Putin che pur di salvarsi sarà disposto ad alzare la posta. Al punto in cui è giunta la situazione non c’è nessuno scenario semplice.
Il Cremlino dichiara di essere aperto ai negoziati ma non alle condizioni di Kiev.
Sì ma nemmeno i punti trapelati che sarebbero stati presentati da Erdogan a Zelensky nell’ultimo incontro credo aprano a negoziati. Sono molto duri. Nello specifico, Putin chiedebbe: il riconoscimento della Crimea come territorio della Federazione, l’autonomia delle due repubbliche di Lugansk e Donetsk, un referendum per decidere le sorti di Kherson e Zaporizhia, completa smilitarizzazione dell’Ucraina, una garanzia di sicurezza fornita dalle Nazioni Unite per permettere in atto le modifiche, nuove elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento e della presidenza con l’obiettivo di eliminare Zelensky e determinare un governo più morbido e favorevole a Mosca. Se queste sono le condizioni, nessun politico ucraino accetterà.
La centrale nucleare di Zaporizhzhia tiene con il fiato sospeso.
Si sta giocando una partita a poker in cui le parti usano il ricatto nucleare. I russi hanno in mano la carta della energia elettrica ma in generale si gioca con il fuoco. Nessuna delle due ha interesse a provocare un incidente nucleare perché nessuno sarebbe garantito dalle conseguenze. Un errore o un cattivo funzionamento del sistema d’arma potrebbe avvenire. I reattori sono protetti da una cupola ma è meglio evitare qualsiasi inconveniente. Avere una guerra che viene combattuta vicino a una centrale nucleare non fa stare sereni ma eviterei di generare l’allarme perché non c’è l’interesse per nessuno che ci siano incidenti.