Agricoltori in piazza a Bruxelles: Brescia c'è
I trattori di "Riscatto agricolo" ieri hanno bloccato la città
I trattori di “Riscatto Agricolo” hanno bloccato per un’ora il casello autostradale di Brescia centro creando una loro colonna che ha impedito il passaggio dei mezzi in uscita e in entrata. I mezzi del coordinamento che hanno manifestato anche davanti alla sede di Coldiretti, in via San Zeno, per manifestare contro le politiche europee.
Quelle inscenata a Brescia è solo una delle tante tessere di un puzzle che vede gli agricoltori protestare in tutta Europa. In queste ore la protesta sta arrivando a Bruxelles, davanti alla sede del Parlamento europeo. Ma perché tutto questo? Le ragioni sono molte e in parte diverse a seconda delle aziende agricole i cui rappresentanti, ormai da settimane, sono scesi in strada.
La sintesi dei motivi può essere colta in una nota di Coldiretti riferita alla manifestazione di Bruxelles: “Scatta la prima mobilitazione con gli agricoltori da tutta Europa contro le follie dell’Unione Europea che minacciano l’agricoltura”.
Ad oggi, sono almeno due i motivi principali della protesta. Prima di tutto l’obbligo di lasciare incolta una parte consistente dei terreni agricoli, poi la generale politica di accordi commerciali con i produttori extraeuropei. Complessivamente gli agricoltori contestano lo spostamento della politica agricola su posizioni e obblighi giudicati troppo ambientalisti (il cosiddetto Green new deal) e a scapito della produzione e dei consumatori. Obblighi che, tra l’altro, porrebbero l’agricoltura europea su posizioni poco competitive rispetto al resto delle agricolture mondiali. Confagricoltura, riferendosi all’Italia ma non solo, ha parlato di “disagio del mondo agricolo in tutta l’Unione nei confronti del Green Deal, che ha posto, di fatto, il settore primario sul banco degli accusati”. Sullo sfondo sono anche gli effetti del cambiamento climatico che tartassano ormai da anni i campi con un altalenare di gran secco e gran caldo e di alluvioni e gelo. Cia-Agricoltori italiani ha ricorda come “nessun settore agricolo è indenne dalla crisi ormai diffusa e generalizzata, tra emergenze geopolitiche, climatiche e fitosanitarie”. Ma ci sono anche le conseguenze di due guerre in corso, con i costi dei mezzi di produzione schizzati alle stelle in certi periodi (la crisi del Mar Rosso è l’ultimo esempio in ordine di tempo). Senza dire della diatriba sulle etichette, oppure di quella relativa alla tutela delle produzioni tipiche.
Eppure, va ricordato, l’Europa destina miliardi e miliardi di euro all’agricoltura. Più di un terzo delle risorse (circa 300 miliardi) andrà al comparto tra il 2023 e il 2027. Troppo pochi? Oppure male distribuiti? Poi ci sono alcuni dati oggettivi che parrebbero indicare miglioramenti di fatto. Stando ad Eurostat, nel 2023 il prezzo medio dei beni agricoli europei nel loro complesso è aumentato del 2% rispetto al 2022, mentre il prezzo medio dei beni e servizi consumati in agricoltura è diminuito del 5%. Certo, le medie non fanno la realtà però.
Di fronte a tutto questo, i governi si stanno mobilitando e la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen ha lanciato un forum permanente: il “Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura”.
Intanto però si profila un rischio importante. Come già accaduto in passato, le proteste agricole sono toccate dal populismo, dalla tendenza a difendere il proprio campo, dalle chiusure all’altro, dalla facile demagogia sulle buone tradizioni rurali. Così, le giuste rivendicazioni degli agricoltori (che spesso non riescono a coprire i costi di produzione) rischiano di essere fagocitate da altre pretese. E dal ritorno degli Stati. Non a caso, in questi giorni il primo ministro francese Gabriel Attal ha affermato che il suo governo ha "intrapreso un'azione risoluta per la sovranità agricola del nostro paese" e che "la nostra agricoltura è una forza, non semplicemente perché ci nutre nel senso letterale del termine, ma perché costituisce uno dei fondamenti della nostra identità e delle nostre tradizioni. Perché i nostri agricoltori incarnano valori fondamentali.
Tra i manifestanti che si stanno concentrando davanti alla sede dell’Europarlamento c’è anche una delegazione, guidati dalla presidente Laura Facchetti. di Coldiretti Brescia a Bruxelles che, con un comunicato, commenta l’annuncio di una deroga parziale della Commissione europea rispetto alle norme sull’obbligo di mantenere i terreni incolti. Per Coldiretti si tratta di un primo risultato del pressing degli agricoltori provenienti dal sud e dal nord dell’Unione, frutto di una lunga battaglia che Coldiretti ha portato avanti insieme alle altre grandi organizzazioni agricole europee. Va cancellato definitivamente l’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni destinati a seminativi imposto dalla Politica agricola comune (Pac). “È una scelta sbagliata come sosteniamo da anni, eredità della folle era Timmermans con il quale ci siamo confrontati molto duramente, unici in Europa, aprendo una breccia. Non ha senso impedire agli agricoltori di non coltivare quote dei loro terreni, quando poi si è costretti ad importare” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
A Bruxelles insieme alla Coldiretti ci sono dagli spagnoli di Asaja ai portoghesi di Cap, dai belgi dell’Fwa fino ai giovani dell’FJA e molti altri per trasformare le proteste in risultati concreti. Coldiretti chiede di tornare a investire nella sovranità e nella sicurezza alimentare europea assicurando più fondi alla Politica agricola comune dopo che la pandemia e le guerre hanno dimostrato tutta la fragilità dell’Unione europea davanti al blocco del commercio mondiale. Anche per questo – conclude Prandini – serve una decisa svolta nelle politiche Europee per valorizzare le proprie terre fertili e fermare le importazioni sleali per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno.