Rossini: le Acli e le sfide del futuro
Eletto nel maggio scorso alla presidenza nazionale, Roberto Rossini traccia un bilancio dell’attività svolta sino a oggi e guarda al domani
Presidente di una delle maggiori realtà associative presenti in Italia, insegnante, padre di famiglia e appassionato di musica e ciclismo. È il bresciano Roberto Rossini, da circa cinque mesi alla guida della presidenza nazionale delle Acli, una responsabilità che lo impegna “a tempo pieno”, facendo la spola tra Brescia e Roma. Il legame con l’insegnamento, la vicinanza con gli studenti, però, lo aiutano a stemperare il carico di responsabilità, complice, anche e soprattutto, una famiglia che non gli ha mai fatto mancare il suo appoggio. Nonostante gli impegni, le possibilità di condividere le passioni comuni con i familiari non mancano, come in occasione della “Marcia Perugia-Assisi” di domenica scorsa che ha visto il presidente Rossini e la moglie camminare insieme. A risentirne maggiormente, come spesso accade alle persone che ricoprono ruoli di spessore, è il tempo libero: “La musica – ha sottolineato ironicamente – non ha perso un grande chitarrista, mi limito ormai ad ascoltarla” ma, “grazie alle Acli bresciane, c’è ancora, ogni tanto, la possibilità di andare in bicicletta per raggiungere qualche amico”.
Di questi mesi di presidenza Rossini evidenzia “la difficoltà, oggi, ad agire con quelli che una volta erano chiamati ‘corpi intermedi’; il rapporto politico è infatti molto più diretto. Le fedeltà delle Acli sono tre: alla democrazia, alla Chiesa e ai lavoratori. Ci muoviamo su un terreno che è piuttosto ibrido. Certamente per l’associazionismo oggi non è facile svolgere quell’opera di mediazione culturale che si svolgeva prima in Italia, a fronte di problemi più gravi”. In questo contesto, in tema di democrazia, ad esempio: “È per sua natura instabile, i partiti collaborano a costruirla, ma anche i ‘corpi intermedi’ formando i quadri, raccogliendo il consenso, aprendo il dibattito pubblico. Oggi è più difficile farlo, non in termini ideologici ma costruttivi; la dimostrazione è il lavoro che si sta facendo sul tema del referendum costituzionale. Ci rendiamo conto della fragilità del dibattito pubblico, molto ideologizzato, stiamo lavorando anche su questo”. In materia di occupazione: “Ci stiamo impegnando con i nostri servizi, cercando di intervenire anche sulla norma giuridica: adesso stiamo facendo una grande battaglia sul tema del reddito d’inserimento sociale; il provvedimento è passato alla Camera, vediamo se passerà anche al Senato. In tal caso potremo dire di avere fatto una grande opera, di aver dotato l’Italia – l’unico Paese, insieme alla Grecia, che non ha una vera misura di contrasto alla povertà – di uno strumento importante di eguaglianza sostanziale per i nostri cittadini”. Ha esportato a Roma il “sistema Brescia”? “L’Italia è veramente lunga – ha chiosato Rossini – ciò che succede a Brescia è completamente diverso da ciò che succede a Palermo piuttosto che a Napoli o a Roma stessa. Fare una sintesi non è facilissimo. Noi abbiamo utilizzato questi mesi per capire con quale metodo di lavoro procedere. Stiamo lavorando sull’organizzazione, il più possibile condivisa e delegata. Tra le fedeltà delle Acli figura la democrazia, quindi, queste devono applicarla prima di tutto al loro interno. Stiamo anche cercando di svolgere un’opera che porti alla creazione di un modello organizzativo condiviso, rivedendo il modo di lavorare delle Acli nazionali, aggiornandolo al presente, in modo magari meno autoreferenziale, con maggiore attenzione ai bisogni reali che ci sono. È un modello che si disegna attorno ai bisogni sociali”.
Leggi l'intervista completa sulla versione digitale del settimanale