Vocazione a prova di ragazzi
Come si esprime l’accompagnamento? La riflessione, dopo gli incontri nelle Congreghe, arriva nei Consigli presbiterale e pastorale
Come si esprime l’accompagnamento vocazionale dei ragazzi e delle ragazze? Questa domanda è stata presa in esame dai sacerdoti negli incontri sul territorio anche in vista di un approfondimento sulla possibile evoluzione del “Seminario Minore”. Il Consiglio presbiterale diocesano ha deciso di dedicare le prossime due riunioni, mentre il consiglio pastorale diocesano si ritroverà l’11 maggio ad affrontare il medesimo approfondimento.
La fotografia. Si sente il bisogno di ripensare i luoghi comuni circa l’età della preadolescenza, anche sotto il profilo vocazionale, perché sarebbe pastoralmente ingiusto ritenere che non abbia rilievo la cura vocazionale di questa fascia di età. Lì si percepisce il massimo di sensibilità all’annuncio vocazionale. A questa età si ha la più ampia plasticità per la maturazione dei prerequisiti vocazionali (formazione dell’identità, espansione della vita di relazione, amicizia, vita di gruppo, generosità, ecc.). Più che di una proposta vocazionale esplicita, al di sotto dei 13 anni, conviene puntare su un appello vocazionale ampio. La preadolescenza è stata chiamata la prefigurazione armonica del divenire vocazionale: l’evento vocazionale vero e proprio è percepito come un desiderio e una intuizione dello sviluppo futuro. È il divenire vocazionale, è l’età delle intuizioni e dei desideri, il periodo della vita in cui avviene la più elevata identificazione con i modelli. L’adolescenza dilatata, lunga e interminabile, comporta, invece, un prolungato accompagnamento in una fase della vita splendida ma fragile, più adatta alla semina che alla raccolta. Infatti, l’adolescenza è come la primavera, una stagione di bellezza e di rischio. Gli adolescenti vivono grandi entusiasmi per progettare se stessi nel futuro ma anche notevoli fatiche per costruire la propria identità e superare le crisi connesse con quella che viene chiamata la seconda nascita. L’elemento più caratteristico della vocazione nell’adolescenza è costituito dalla scoperta e dalla costruzione del progetto personale di vita.
Le proposte attive. Inizialmente è stato scelto l’acronimo non troppo felice “Covo”, ma preferiamo chiamarle semplicemente comunità vocazionali. Sono dei momenti in cui i ragazzi delle superiori (dalla prima alla quinta) che non scartano l’ipotesi di entrare in Seminario (alcuni sono solo desiderosi di conoscere meglio il loro rapporto con la fede) si incontrano, si confrontano e fanno insieme un cammino mensile. Attualmente sono tre, come raccontiamo in pagina, i luoghi che accolgono i ragazzi e il loro cammino di ricerca: Breno, Verolanuova e Brescia (Seminario minore). In precedenza c’era anche l’esperienza, che poi si è conclusa, di Lumezzane. “I ragazzi – spiega don Claudio Laffranchini – condividono lo stare insieme e prendono sul serio la loro vocazione. Vivono per un giorno e mezzo la loro quotidianità con gli altri ragazzi e si lasciano accompagnare dalla figura di un sacerdote che si prende cura di loro. In tutto sono circa 25 maschi, ma il desiderio è quello di pensare qualcosa anche per le femmine”. Condividono la vita ordinaria (compresi i compiti), partecipano alle attività pensate per loro, pregano e, in questo clima positivo, instaurano un rapporto buono con i loro curati. Per i più piccoli, una domenica al mese, c’è “Piccolo Samuele”: è una proposta di orientamento e accompagnamento vocazionale per ragazzi dalla V elementare alla III media che amano stare insieme, mostrano una certa vivacità spirituale (preghiera, confessione, partecipazione attiva alla Messa) e nei quali si coglie il desiderio di approfondire l’amicizia con Gesù. Gli incontri si tengono presso il Seminario Minore a Brescia, in via dei Musei 58 a.