Don Andretto: un parroco... in ascolto
Le parrocchie cittadine di San Giacinto a Lamarmora e del Beato Luigi Palazzolo si stanno preparando ad accogliere, dopo l’estate, il loro nuovo parroco. Don Andrea Andretto, recentemente nominato pastore delle due comunità, non è però un volto nuovo per i fedeli locali: dal 2019, infatti, coopera con il parroco e il curato in qualità di presbitero collaboratore festivo. Classe 1976, don Andretto è stato ordinato sacerdote nel 2002, all’interno della Congregazione dei Piamartini, dov’è rimasto fino al 2016, anno in cui è stato incardinato in diocesi. Dal 2015 è assistente pastorale dell’Istituto Arici in città e vice cerimoniere vescovile.
Don Andrea, com’è nata la sua vocazione?
La mia vocazione è nata partecipando ad una serie di incontri che mi hanno portato a ripensare il senso della mia vita. Negli anni trascorsi presso la Facoltà Teologica, studiando e approfondendo meglio le Sacre Scritture le ho maggiormente comprese considerandole balsamo e, secondo un’immagine presente nel Libro dell’Apocalisse, il collirio che aiuta a recuperare la vista, rendendo chiara la strada da percorrere. Negli anni ho ‘fatto amicizia’ con la Lectio Divina ma anche l’apporto e la vicinanza di alcune persone ha segnato le mie scelte: lo studio degli scritti del cardinal Carlo Maria Martini ha dato l’impronta alla mia vita così come l’amicizia con don Giuseppe Segalla, docente di Sacra Scrittura e con i vescovi mons. Brambilla e mons. Monari.
Cos’ha imparato dalle esperienze vissute in questi 20 anni di sacerdozio?
In questi anni di sacerdozio ho certamente imparato molto: dapprima, avendo lavorato a lungo anche nella scuola, ho compreso quanto sia importante la capacità di mettersi in ascolto dei giovani, che chiedono solamente di essere ascoltati. Tra le cose che ho imparato c’è anche il valore dell’amicizia e dell’aver cura delle relazioni: il mio percorso, infatti, è stato sempre segnato da amicizie profonde e durature. Succederò ad un amico vero, don Ermanno e andrò a collaborare con don Mattia, altro importante amico. Vivendo e lavorando accanto alle persone, ho poi compreso che ognuna di loro vive una fatica quotidiana che va rispettata. Dai tanti sacerdoti e dalle suore che ho incontrato negli anni, ho imparato cosa significhi realmente “fare amicizia con l’Eucaristia”: la carità spicciola verso poveri e bisognosi, infatti, nasce proprio da un amore profondo verso l’Eucaristia. Gli anni trascorsi nella Congregazione Piamartina, poi, mi hanno concesso una grande apertura missionaria. Infine, non posso dimenticare il valore del tempo quotidiano dedicato allo studio: per essere al passo con i tempi, infatti, è davvero necessario aggiornarsi.
Quali saranno le maggiori attenzioni che porrà nella sua pastorale?
Innanzitutto, una prima attenzione, da sempre nella mia indole, sarà rivolta all’accoglienza e all’ascolto delle giovani generazioni, all’interno dei loro diversi contesti di vita e del loro desiderio di trovare un senso alla loro vita. Poi, mi vorrei concentrare sull’accompagnamento delle persone che vivono situazioni di fragilità, come, ad esempio, il periodo necessario a rielaborare un lutto vissuto. Porrò attenzione anche alla comunità vocazionale che si trova in una delle due parrocchie che guiderò. Infine, nella convinzione che la liturgia è metafora della vita, vorrei porre un’attenzione equilibrata proprio ad essa, perché possa aiutare le persone che vi parteciperanno a prendere coscienza della loro vocazione.
C’è un versetto o una frase del Vangelo a cui è particolarmente legato?
Certamente amo ricordare spesso la frase “Resto quieto e sereno: come un bimbo svezzato in braccio a sua madre” tratta dal Salmo 131.
Cosa vorrebbe dire ai suoi nuovi parrocchiani?
A loro vorrei chiedere di cercare di fare delle Scritture il loro pane quotidiano ma anche di valorizzare quotidianamente l’amicizia, una delle esperienze più significative della vita.