Un inno al tanto bene fatto
"Il bene non fa rumore ma crea quella rete invisibile che sorregge il mondo intero". L'omelia pronunciata dal vescovo Pierantonio in occasione del "Te Deum" alla Basilica delle Grazie
“Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi faccia risplendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la tua via, la tua salvezza fra tutte le genti”. Queste parole del salmo, che la liturgia ci ha fatto proclamare, risuonano con particolarità intensità in questo giorno che conclude un anno di grazia del Signore. Volgendo lo sguardo al cammino che abbiamo compiuto, non possiamo non scorgere le tracce di questa benedizione annunciata. Davvero la luce del volto di Dio è brillata su di noi nei giorni che stiamo consegnando alla memoria della storia. Luce a volte contrastata dalle ombre, ma comunque luce vera, luce tenace e vittoriosa, luce amabile e benefica. La debolezza della nostra fede e una diffusa tendenza alla malinconia potrebbero rischiare di offuscare la verità delle cose e impedirci di riconoscere i segni di una provvidenza che in realtà sempre ci accompagna. È ancora il salmo a ricordarci che degno di lode è colui che veglia sulle sorti del mondo e che non dimentica l’umanità che egli ama. L’invito alla gratitudine è accorato ed è rivolto a tutti: “Ti lodino i popoli o Dio, ti lodino i popoli tutti”. Salga dunque il nostro Te Deum di ringraziamento in questo ultimo giorno dell’anno e la solenne celebrazione dell’Eucaristia conferisca a questo ringraziamento la sua espressione più alta e più vera.
Che cosa ricordare di questo anno trascorso a testimonianza della benevolenza divina per noi, per l’intera umanità e in particolare per la nostra comunità? Ognuno di noi conosce il diario quotidiano della propria esistenza e potrebbe raccontare, illuminato dallo Spirito, in quale modo la grazia lo ha visitato. Guardando come dall’alto al cammino dell’intera famiglia umana, acquistano particolare rilievo eventi che vedono protagonista papa Francesco e con lui la Chiesa universale. Penso in particolare al discorso da lui pronunciato lo scorso febbraio in occasione della visita agli Emirati Arabi, presentato come Documento della fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune e sottoscritto dal Grande Imam di Al-Azhar, Ahmad Al-Tayye: “Noi credenti in Dio, nell’incontro finale con Lui e nel Suo Giudizio – da detto il papa – partendo dalla nostra responsabilità religiosa e morale, e attraverso questo documento, chiediamo a noi stessi e ai del mondo, agli artefici della politica internazionale e dell’economia mondiale, di impegnarsi seriamente per diffondere la cultura della tolleranza, della convivenza e della pace; di intervenire, quanto prima possibile, per fermare lo spargimento di sangue innocente, e di porre fine alle guerre, ai conflitti, al degrado ambientale e al declino culturale e morale che il mondo attualmente vive […] Altresì dichiariamo fermamente che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue”. Parole forti, coraggiose e illuminanti, che tracciano una via di speranza per il futuro.
Sempre da parte di papa Francesco è ci è stato offerto nel marzo di quest’anno il testo dell’Esortazione Apostolica Christus vivit, che riprende e porta a compimento l’evento del Sinodo per i giovani e consegna alla Chiesa universale il frutto della riflessione in esso maturata. Le parole con cui l’Esortazione si conclude sono un invito commosso ai giovani. Ci fa piacere riascoltarlo e sentirlo profondamente nostro, pensando al nostro cammino di Chiesa: “Cari giovani, sarò felice nel vedervi correre più velocemente di chi è lento e timoroso. Correte attratti da quel Volto tanto amato, che adoriamo nella santa Eucaristia e riconosciamo nella carne del fratello sofferente. Lo Spirito Santo vi spinga in questa corsa in avanti. La Chiesa ha bisogno del vostro slancio, delle vostre intuizioni, della vostra fede. Ne abbiamo bisogno! E quando arriverete dove noi non siamo ancora giunti, abbiate la pazienza di aspettarci».
L’anno che si chiude è stato particolarmente rilevante per la comunità dei popoli che formano l’Europa e che si stanno faticosamente ricercando la forma adeguata di una comunione sociale e politica tendente a rendere attuale il sogno dei padri fondatori. Si sono infatti svolte nel mese di maggio le elezioni in tutti i paese che compongono l’attuale Unione Europea, e si è venuto a costituire un nuovo parlamento. È stata anche rinnovata la Commissione europea, il cui ruolo appare determinante in relazione al commino dell’Unione. La nuova presidente, Ursula von der Leyen, così ha concluso il suo discorso di insediamento: “Tutti noi qui riuniti viviamo in un’Europa che è cresciuta, maturata, si è irrobustita e che conta ora 500 milioni di abitanti. Questa Europa ha un peso. Vuole assumere responsabilità per sé e per il mondo. Non sempre è facile, spesso costa dolore e fatica, ma è il nostro dovere più alto! Per questo esorto tutte le europee e tutti gli europei a partecipare, perché è il bene più prezioso che abbiamo”. Sono personalmente convinto del grande valore che ha l’Europa per se stessa e per il mondo intero. Europa come Comunità di popoli e non solo come Unione monetaria, fondata sul riconoscimento dei grandi valori che le sono propri ed espressione di una civiltà che trova le sue radici nella forza umanizzante del Cristianesimo. L’animo onesto di ogni europeo difficilmente potrà rinnegare questi legami profondi, come ha forse dimostrato la comune commozione provocata dall’incendio, il 15 aprile scorso, della magnifica Cattedrale di Notre Dame a Parigi.
E purtroppo altri incendi devastanti hanno ferito il nostro pianeta in questo anno che si chiude: incendi in Amazzonia, nell’America del Nord e recentemente in Australia. Insieme ad essi eventi atmosferici di straordinaria portata e di tremendo impatto, che ci hanno molto turbato per la loro intensità e frequenza. Anche il nostro territorio è stato segnato in modo pesante da episodi simili, con gravi conseguente per persone e famiglie. Quanto accade ci obbliga ad una riflessione seria sui cambiamenti climatici in corso e sulle nostre responsabilità nei confronti dell’ambiente in cui viviamo e che dobbiamo consegnare alle future generazioni. Il futuro esige il coraggio di scelte personali e politiche di alto profilo, ultimamente di carattere etico.
Tra gli eventi che hanno visto protagonista in questo anno trascorso la nostra città mi piace ricordare il viaggio compiuto a Betlemme da parte di una delegazione bresciana altamente rappresentativa. Colgo qui l’occasione per ringraziare dell’invito a farne parte. Si è voluto in questo modo onorare e rimarcare il gemellaggio a suo tempo sancito tra le città di Brescia e di Betlemme. In questo tempo natalizio l’esperienza vissuta torna alla mente con una forza ancora maggiore e ricorda quanto sia vivo in alcune regioni del mondo il bisogno di pace e quanto sia a volte tortuoso il cammino che vi conduce. Al Dio della pace, che a Betlemme è venuto ad abitare in mezzo a noi, vorrei affidare le speranza di quanti abitano quella terra, la terra che lui stesso ha visto e sulla quale ha camminato.
Alcuni lutti che hanno colpito la nostra città e la nostra diocesi hanno lasciato in tutti noi un segno particolarmente profondo. Penso in particolare alla morte prematura di Nadia Toffa, a quella del piccolo Daniele Bazzardi di Chiari, vittima di un tragico incidente stradale. Sempre in un incidente proprio qui in centro città ha perso la vita Jennifer Rodriges Loda ancora nel fiore degli anni, mentre un drammatico investimento ha tolto la vita al giovane Andrea Nobilini. Li accolga il Signore nella sua pace senza tramonto. E insieme a loro accolga tutte le altre persone, meno note, che in circostanze dolorose hanno concluso quest’anno la loro esistenza tra noi: vittime sul lavoro, sulle strade, sulle montagne, vittime delle malattie e anche della violenza che acceca i cuori. Una preghiera particolare vorrei rivolgere al Signore per i ministri della Chiesa che in questo hanno salutato la nostra Chiesa pellegrina sulla terra e sono entrati a far parte della Chiesa celeste. Tra loro in particolare S. E. Mons. Vigilio Olmi, per molti anni stimato vescovo ausiliare di questa diocesi, padre Giulio Cittadini, che ha segnato indelebilmente la storia di questa città, ma anche don Ettore Piceni e don Enrico Andreoli, che il Signore ha voluto con sé quando noi speravamo per loro ancora lunghi anni di fecondo ministero. Sia fatta la sua volontà, secondo il suo misterioso disegno di grazia.
Vorrei concludere elevando un inno di ringraziamento per il tanto bene che in questo anno è stato compiuto, nel mondo e in particolare nella nostra diocesi e nella nostra città. Il bene non fa rumore ma crea quella rete invisibile che sorregge il mondo intero. A volte giustamente è reso evidente, come nel caso del premio Bulloni che ormai da anni a Brescia chiama sul palcoscenico la bontà umile e tenace di uomini e donne abituati a operare dietro le quinte. A loro va tutta la nostra gratitudine. Ma il nostro ringraziamento deve giustamente allargarsi e raggiungere gli uomini e le donne delle istituzioni: amministratori, forze dell’ordine, personale dei servizi pubblici; gli uomini e le donne degli ospedali, delle scuole, di tutti gli ambienti di cui il vivere sociale ha bisogno. Non dimenticheremo, infine, l’eroico esercito dei volontari, che dimostrano nei fatti quanto sia insensata e comunque non assoluta la regola dell’interesse e del tornaconto.
Il ringraziamento si fonde nella lode rivolta Dio, nel Te Deum che sale riconoscente e adorante verso di lui. È lui che custodisce il mondo da ogni male. È lui la fonte perenne del bene. È lui che guida l’umanità sulla via della pace. È lui che permette ai cuori degli uomini di non perdere mai la speranza. A lui sia gloria, nei secoli dei secoli. Amen