Un cammino per tutti
Il Vicario episcopale per il clero, don Gelmini, spiega la genesi del Consiglio di formazione permanente
La formazione è importante per i sacerdoti che sono chiamati a essere, nella quotidianità, uomini della Parola, della grazia e della misericordia. Nell’immaginario comune il prete è un uomo tra la gente, presente nei momenti più significativi della vita delle persone. Ma se vengono meno la formazione culturale e la vita spirituale, emergono le fatiche e la stanchezza di un servizio che, soprattutto oggi, non è sempre riconosciuto. Il Vicario episcopale per il Clero, don Angelo Gelmini, ha costruito un Consiglio di formazione permanente per aiutare i presbiteri.
Don Angelo, cosa significa parlare di formazione permanente?
Non si tratta semplicemente di prolungare la formazione ai primi anni successivi all’ordinazione o a qualche appuntamento per “aggiornarsi”, ma di un cammino che tocca varie dimensioni della persona e che abbraccia tutto il tempo della vita. Sono convinto che il primo compito del costituendo consiglio è quello di rafforzare una mentalità nuova di formazione permanente. Come la persona per poter camminare ha bisogno della spina dorsale, così i ministri ordinati nella Chiesa hanno bisogno di un centro irradiatore che è la vita spirituale. Solo con questa linfa si procede con serenità e ci si può rialzare dopo le inevitabili cadute.
Di chi è la responsabilità di questo cammino?
È innanzitutto del singolo ministro che con la sua libertà è invitato ad apprendere da chiunque e in ogni momento della vita. Si tratta di una disponibilità attenta e intelligente, motivata e intraprendente, tipica di chi non riduce la propria formazione ad alcuni momenti di aggiornamento, né a quel che altri programmano per lui, ma di chi si sente e si rende il primo responsabile di essa e va scoprendo che ogni situazione (anche i fallimenti ), ogni stagione esistenziale (anche la mezza e tarda età), ogni persona possono essere strumento, momento e mediazione di crescita. In seconda battuta, ma non meno importante, c’è la responsabilità più istituzionale che chiama in causa il Vescovo e la comunità diocesana. Il consiglio e le commissioni più operative rivolte ai ministri distinti per età e ministero desiderano essere un punto di riferimento per la formazione permanente attivando incontri ed esperienze qualificate. Soprattutto l’intento è non lasciare solo chi è in difficoltà. Speriamo di poterlo fare sempre di più e meglio.
Nel consiglio e nelle commissioni ci sono anche educatori, una coppia di sposi e una religiosa.
Il punto di partenza di questo nostro delicato compito è la vita stessa dei ministri ordinati, preti e diaconi, e vorrei dire la vita nella sua realtà quotidiana. Sarà importante con la luce della Parola di Dio e con la fede della Chiesa e dei suoi pastori scorgere l’azione permanente dello Spirito di Dio dentro ciascun ministro che appartiene sempre e innanzitutto a Lui. La nostra vita di consacrati continua perché Lui continua a chiamarci con la logica sorprendente degli operai della vigna della parabola ascoltata domenica scorsa. Ebbene per leggere la realtà e “ascoltarla” in tutta la sua valenza, non possiamo limitarci all’ascolto tra di noi, ma è molto fruttuoso ascoltare la voce delle donne, mamme o consacrate, e dei laici impegnati e competenti che conoscono le dinamiche relazionali e sociali del nostro tempo.
Ai confratelli preti e diaconi quali priorità suggerirebbe nei confronti dei loro parrocchiani?
Incontrando le persone della comunità sappiano scorgere i doni che possiedono già per la Grazia di Dio e per l’esperienza maturata. A volte rischiamo di vedere i nostri fedeli sempre e solo destinatari della nostra azione pastorale, mentre dovremmo ridestare continuamente in loro il “sacerdozio Battesimale”. In secondo luogo dovremmo fidarci maggiormente di loro, affidandogli alcune responsabilità senza aspettare che siano del tutto preparati e maturi. Mi piace qui ricordare un cenno dell’omelia del Vescovo agli ultimi ordinandi presbiteri: “Mantenetevi in costante dialogo con tutti. Siate schietti, ma prima di tutto amorevoli, liberi da ogni protagonismo e da ogni gelosia”.
E quali atteggiamenti suggerirebbe ai laici nei confronti dei loro preti e diaconi?
Alla luce della lettera pastorale del vescovo Pierantonio, mi viene di suggerire loro questo: “Chiedete ai vostri Parroci e curati l’essenziale della vita cristiana”. La realtà più preziosa che possono trasmettere non viene da loro stessi, tra le loro mani possiedono un tesoro che sono chiamati a donare a tutti. E poi direi semplicemente: vogliate bene ai vostri sacerdoti! Durante la lunga chiusura ho letto un libro di Gerard Daucourt “Chi è senza peccato? Anche i preti e vescovi hanno bisogno di misericordia”. L’autore, che è un Vescovo, sostiene che tutti ci costruiamo soltanto attraverso l’amore vicendevole, che deve sempre restare al primo posto.