Un cammino che si è fatto sempre più sicuro
Don Yuri Belfiore è stato nominato curato di: S. Maria Maddalena in Bettegno, Sant’Antonio di Padova in Chiesuola, Santi Tommaso e Andrea apostoli in Pontevico, Sant’Ignazio di Loyola in Torchiera.
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Yuri Belfiore, don Yuri, è originario della parrocchia di Berzo Inferiore, e ha 27 anni. Nato nel 1996, è entrato in Seminario minore nel 2010, per passare poi in teologia. Nel corso degli anni ha prestato servizio a Nave, Sulzano, Offlaga e Prevalle. L’ultimo anno l’ha trascorso nella comunità di Corte Franca dove ha svolto un’esperienza pastorale e in Caritas diocesana. Queste alcune essenziali note biografiche che compongono la carta d’identità di uno dei quatttro diaconi che il Vescovo ordinerà sacerdote il 10 giugno prossimo. Don Yuri, però, è molto di più di questi dati, come esce chiaramente da questa intervista.
Quando hai avuto il primo sentore che quella del seminario poteva essere la tua strada e, quando hai avuto la conferma che quella del sacerdozio era ciò a cui ti chiamava il Signore?
Il primo sentore, se così può essere definito, penso di averlo avuto da bambino, con le prime esperienze come chierichetto in parrocchia. A Berzo Inferiore, poi, ogni anno era presente un diacono del Seminario, tramite cui ho avuto modo di conoscere la realtà del Seminario. Tutto questo mi ha portato a intraprendere questa strada anche se in me, allora, non c’era ancora la certezza che il Signore mi chiamasse a seguirlo nel presbiterato. Gli anni trascorsi in Seminario hanno rappresentato un cammino di costante crescita della consapevolezza che questo era veramente il disegno che il Signore aveva pensato per me. Non c’è stato un segno, un evento che mi hanno portato a dire che quello del sacerdozio era veramente il mio orizzonte. È stata piuttosto una crescita costante, favorita anche dalla vicinanza del padre spirituale, dalla presenza degli educatori che mi hanno aiutato a vedere più chiaramente dentro la mia vita.
Per un ragazzo di 13 anni quella di entrare in Seminario non è una scelta facile da far comprendere agli amici. È stato un passaggio che ti è costato fatica?
Sicuramente gli amici da principio non hanno guardato con favore a questa mia scelta, tant’è che per un po’ l’ho anche messa da parte. Mi pesava che ogni tanto mi prendessero in giro, per altro senza cattiveria, perché ero sempre a Messa e perché il mio sogno era quello di diventare prete. Nell’anno della terza media, però, grazie alla presenza di un diacono ho avuto modo di ripensare a quello che avevo dentro. Sono tornato a mettere al centro dei miei pensieri la scelta del Seminario, mi sono confrontato con la mia famiglia e, alla fine, ho deciso: volevo intraprendere questa strada. Certo, le incognite erano ancora tante, ma mi sono detto che valeva la pena provarci, consapevole del fatto che se mi fossi accorto che la mia scelta era stata un’illusione avrei sempre potuto tornare a casa. Questo non è avvenuto e il cammino è proseguito tra momenti di dubbio, domande, ma anche tanti segni che mi dicevano che la mia strada era questa. Il sacerdozio era ed è quello che mi chiamava il Signore.
Hai parlato di un cammino che di passo in passo si è fatto più sicuro...
Sì, quello che ha portato alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale è stato veramente un cammino che si è fatto sempre più certo. Il mio passo è diventato più sicuro grazie ai momenti di preghiera intensa, agli esercizi spirituali, alle esperienze pastorali nelle varie parrocchie dove sono stato, alle tante persone che ho incontrato. Nei momenti di difficoltà che, come tutti, ho incontrato, ho visto in tutto questo la mano del Signore, la sua presenza che mi chiamava e mi istruiva su quella che era la vita del presbitero. In questi anni ho capito, ho sperimentato che le difficoltà si possono superare se si sta con lui, se si è radicati in lui.
Rispetto ai tuoi coetanei ti senti un privilegiato? Tu sei stato in grado di comprendere ciò che il Signore ti chiedeva....
Non credo di essere un privilegiato o di avere qualche dono particolare, rispetto ai miei coetanei. Semmai penso di avere affinato, anche grazie agli anni del Seminario, la capacità dell’ascolto. Un grosso aiuto, l’ho già detto, è arrivato anche dalle esperienze vissute in questi anni di formazione, la possibilità che mi è stata data di condividere momenti di preghiera e tante altre esperienze. Di camminare con altri coetanei che come me cercavano di capire quello che il Signore ci chiedeva. Credo, però, che, seppure in forme diverse, sia lo stesso percorso che compie ogni giovane che si interroga seriamente su cosa vuole fare della sua vita.
La vita di fede, la pratica religiosa, la familiarità con la chiesa parrocchiale e con l’oratorio oggi vivono un po’ ovunque un momento di crisi. Ti sei mai chiesto che senso abbia, in questi contesti, diventare sacerdote?
Sicuramente la realtà rispetto a quando ero piccolo e a quando ho iniziato il mio cammino è cambiata. Anche nel corso dell’ultimo anno di esperienza pastorale ho avuto modo di constatare, toccandolo con mano, di come la realtà dell’oratorio si sia trasformata. Non voglio però accodarmi a chi sostiene che tutto sia cambiato in peggio. Questa trasformazione dà anche modo di vivere importanti opportunità di condivisione di vita concreta, con i ragazzi e con i giovani che incontriamo sulla nostra strada. In questo, a mio avviso, trova senso oggi il sacerdozio, perché ti chiede di testimoniare in contesti nuovi e insoliti la bellezza della chiamata, la gioia di seguire il Signore, per far capire che non è la gioia solo del ministero ordinato, ma che è riservata a ogni cristiano.
Se oggi, a pochi giorni dall’ordinazione sacerdotale, ti fosse chiesto di mettere sui piatti di una bilancia ciò che la strada intrapresa ti ha dato e quello che ti ha tolto, da che parte penderebbe l’ago?
Beh, non ho alcun dubbio nel dire che l’ago penderebbe in modo deciso verso il bene che ho ricevuto. Se guardo agli anni della formazione non vedo altro che le tante opportunità che mi sono state date. Anche nell’ultimo periodo della mia vita, trascorso tra l’impegno in parrocchia e l’esperienza alla Caritas diocesana, ho avuto veramente molto.
C’è, in questo momento, qualcuno a cui vuoi dire grazie? A chi o per cosa, invece, chiederesti scusa?
Direi grazie alla mia famiglia, oltre che alla mia parrocchia di Berzo Inferiore, perché in questi anni mi hanno sempre accompagnato, sostenuto e anche accolto. Le scuse, invece, vanno a tutte quelle persone che posso avere ferito nei miei momenti di difficoltà.