Tremolada: ecco la mia Diocesi
Gli strumenti e il metodo di lavoro a cui sta pensando il vescovo Tremolada per una Chiesa che voglia essere veramente espressione del popolo di Dio. Leggi l'intervista esclusiva
Con una semplificazione giornalistica si potrebbe dire che quella intrapresa dal vescovo Tremolada è una vera e propria “riforma istituzionale” nella riorganizzazione di quegli organi su cui può contare nella guida della diocesi. Sin dal suo arrivo non ha perso occasione per indicare nella sinodalità la strada per assolvere al compito episcopale che papa Francesco gli ha assegnato, indicandolo il 13 luglio dello scorso anno quale 122° Vescovo di Brescia. E alla sinodalità ha voluto informare questo importante percorso di cambiamento, condividendo e confrontandosi su una ridefinizione della composizione e dei compiti del consiglio episcopale (il governo del Vescovo). Una riflessione analoga mons. Tremolada l’ha avviata anche sul consiglio presbiterale e su quello pastorale diocesano (i due rami del parlamento, sempre per restare nel campo della metafora politico-istituzionale). Quello intrapreso dal Vescovo è un cammino ancora in corso, segnato da alcuni momenti forti di condivisione e del confronto, come ha sottolineato lo stesso mons. Tremolada in questa intervista che si è aperta con una riflessione sulla sinodalità, la stella polare del percorso avviato.
Una della parole chiave di questa prima parte del suo episcopato a Brescia è “sinodalità”. Cos’è e come può essere vissuta all’interno della nostra Chiesa?
Sinodalità è il camminare insieme del popolo di Dio. Se ci fermiamo un attimo a riflettere su questa espressione, intuiamo che esistono condizioni necessarie a questo camminare insieme. La prima è quella di sentirsi popolo di Dio, come messo in evidenza dal Concilio Vaticano II. Dobbiamo sentirci un gruppo di persone che si riconoscono unite in ragione della fede. La seconda è quella del procedere in una stessa direzione, verso la stessa meta, compiendo un percorso ordinato, condiviso. Senza il recupero di queste dimensioni è difficile comprendere cosa sia la sinodalità.
La sinodalità non è solo un modo di camminare insieme che necessità, però, anche di strumenti che la recepiscano. Al proposito nelle scorse settimane lei sta lavorando a un progetto molto dettagliato. Quali sono le sue linee e il metodo di lavoro con cui intende realizzarlo?
La sinodalità, oltre che un modo di essere, rimanda anche a un’azione che richiede strumenti: gli organi di sinodalità. Mi preme, però, ricordare che per definizione il Vescovo all’interno della Chiesa non è colui che comanda. È, invece, colui che serve: il suo compito nei confronti di quella porzione di popolo di Dio di cui è pastore è quello di mettersi al suo servizio perché possa sentirsi tale e camminare nella direzione che Dio desidera. Il servizio di un Vescovo consiste nel prendere quelle decisioni che consentano di realizzare questo cammino. Si tratta di decisioni che domandano un pensiero, una valutazione. Nella Chiesa, insieme al Vescovo, esistono persone che si assumono questo compito in maniera più precisa. Si tratta dei membri dei consigli episcopale, presbiterale e pastorale diocesano. Gli ultimi due hanno una funzione consultiva perché, insieme al Vescovo, sono chiamati ad affrontare i temi, gli argomenti e le domande con un respiro più ampio. Il consiglio episcopale, poi, assume con il Vescovo il lavoro svolto dai primi due organismi per aiutarlo a giungere a quella parola ultima e definitiva che ha appunto la forma della decisione per il bene del popolo stesso.
La delicatezza del compito a cui è chiamato il consiglio episcopale ha richiesto un di più di confronto e di condivisione?
Sì, mi sono fatto molto aiutare e ho cercato, in coscienza, di mettermi in ascolto di ciò che il Signore mi chiedeva. Il consiglio episcopale deve essere composto da figure che svolgono un ruolo importante proprio in vista di quell’azione di orientamento e di governo del popolo di Dio che, nel nome del Signore, sono chiamato a svolgere. Ha individuato alcune figure che anche lo stesso codice di diritto canonico prevede, dando però loro una connotazione abbastanza precisa. Ho pensato alla figura del vicario generale e a quelle dei vicari per il clero, per la vita consacrata, per la pastorale e per i laici (anche se su questa figura è necessario ancora un momento di riflessione), per l’amministrazione a cui affidare tutta la parte riguardante la gestione dei beni che la Chiesa possiede per la sua missione, e a quattro vicari territoriali, per un rapporto più diretto con le parrocchie e le unità pastorali.
Quali saranno le competenze di questi vicari territoriali?
I vicari territoriali saranno presbiteri scelti appositamente per una missione ben precisa e un incarico particolarmente rilevante. Saranno vicari episcopali a tutti gli effetti e non semplici vicari per il clero; figure il cui compito è stato individuato anche sulla scorta dei momenti di confronto avuti con il consiglio presbiterale e quello pastorale diocesano. Saranno in raccordo costante con il Vescovo, rappresentandolo a tutti gli effetti nel territorio in cui operano. Avranno a loro volta compiti di coordinamento e di guida dei vicari zonali: li riuniranno periodicamente per verificare il cammino di Chiesa in quella parte di diocesi loro affidata; saranno poi loro ad aiutare il Vescovo e il vicario generale nella destinazione dei sacerdoti e dei diaconi e ad accompagnare il cammino delle unità pastorali che ancora non sono state costituite e a verificare il loro cammino laddove esistono. Avranno poi il compito di operare un raccordo costante con le autorità civili. (Saranno quattro, secondo lo schema territoriale presentato) .
Nel suo progetto, infine, c’è anche un pensiero per il consiglio presbiterale e per quello pastorale diocesano…
La sinodalità trova in queste realtà due organi particolarmente importanti. A me preme che si affini sempre più al loro interno un metodo di lavoro condiviso ai fini dell’efficacia della loro azione. Credo molto nella necessità di identificare insieme gli argomenti e i temi sui cui avviare il confronto, così come in un’accurata preparazione delle sessioni di lavoro attraverso una riflessione elaborata da commissioni che andranno costituite, così che tutti i membri possano farsi una propria, chiara e precisa idea di ciò che si andrà poi a discutere insieme, in vista delle decisioni che il Vescovo dovrà assumere.