Trebeschi racconta Paolo VI
Il ricordo dell’ex sindaco di Brescia Trebeschi legato alla vicinanza del padre al futuro Papa
Il “suo” Paolo VI è essenzialmente don Giovanni Battista Montini, perché il ricordo affonda le radici in stagioni più remote rispetto all’elezione nel giugno del 1963. Quello che lega Cesare Trebeschi, sindaco di Brescia dal 1975 al 1985, al Papa bresciano è un filo che attraversa una vita intera e che addirittura la precede, visto che quello con Montini è stato un rapporto “ereditato” dal padre Andrea, morto nel campo di concentramento di Gusen il 24 gennaio 1945. Coetanei, l’uno, Montini, nato il 26 settembre del 1897 e l’altro, Andrea, “più vecchio” di 23 giorni, cementano sin da giovanissimi la loro amicizia. “Mio padre – sottolinea l’avvocato nel suo personale ricordo di Paolo VI – aveva una venerazione per l’amico Giovanni Battista, alimentata dalla comunanza di idee, di valori, di aspirazioni, e saldata dalla condivisione di importanti esperienze nell’associazione studentesca Alessandro Manzoni e nella fondazione de La Fionda, il periodico della stessa associazione”. La loro, continua ancora il racconto di Cesare Trebeschi, era un’amicizia non formale, costruita sulla capacità di entrambi di accettare con semplicità reciproca opinioni e posizioni differenti. Quello di Cesare Trebeschi non è un ritratto agiografico. Il “suo” Paolo VI è anche per tanti aspetti il ritratto di un uomo, prima ancora che quello di un santo. “Il rapporto di amicizia tra il giovane Montini e mio padre si è alimentato, come tutti quelli degni di questo nome, anche di momenti di franchezza”. Questo però non intaccò mai la loro amicizia, conferma l’ex sindaco. “Mio padre – continua – in più di una occasione ebbe modo di prefigurare il cammino dell’amico Giovanni Battistaverso la santità (termine che Cesare Trebeschi usa con riluttanza)”.
Poi vennero gli anni tragici della guerra, della deportazione e della morte di Andrea a Gusen. Da allora il ricordo di Cesare Trebeschi si fa più personale, perché mons. Giovanni Battista Montini dirottò l’amicizia che prima lo legava ad Andrea, alla sua famiglia e ai suoi figli. L’ex sindaco ricorda le visite del Sostituto alla segreteria di Stato Vaticana in via delle Battaglie, nelle rare occasioni in cui gli impegni della diplomazia gli concedevano qualche giorno di riposo. “È stato soprattutto mio fratello Giovanni (Giovannino per Cesare, a dispetto dei suoi 90 anni, ndr) che era stato battezzato dal giovane don Montini – continua nella definizione del “suo” Paolo VI – a coltivare rapporti più stretti con il futuro papa, testimoniati anche da un fitto rapporto epistolare”. Anche quella che legò il futuro Paolo VI al figlio dell’amico Cesare, fu un’amicizia non di facciata. Il 21 giugno 1963 Giovanni Battista Montini viene eletto al soglio pontificio. Da allora Cesare Trebeschi viene più volte ricevuto in udienza da Paolo VI. “Un giorno – racconta – incontro Lodovico Montini e padre Vittorino Marcolini. Il primo mi chiede perché il sindaco di Brescia non avesse ancora chiesto udienza al Papa. L’organizzazione di quell’udienza, che si tenne nel dicembre del 1977, fu segnata da parecchie “vicissitudini”. “Senatores boni viri, senatus mala bestia, dicevano i latini – continua Cesare Trebeschi – e ben presto si manifestò qualche problema con la curia romana preoccupata della composizione della giunta da me presieduta”. Dopo una trattativa “sufficientemente” impegnativa Paolo VI ricevette in udienza l’intero consiglio comunale. “Sono convinto – afferma ancora Trebeschi – che quell’udienza costò più a Paolo VI che a me”.