Suor Sonia: "Cristo, acqua viva"
Domenica 11 settembre, alle 10, il vescovo Luciano a Sarezzo presiederà la celebrazione eucaristica per la professione perpetua di suor Sonia Guerini dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea
“Grata a Dio Padre, che con amore e pazienza non smette di tessere in noi l’immagine del Figlio per mezzo dello Spirito Santo, annuncio con gioia la mia Professione perpetua nella Famiglia Religiosa delle Suore Maestre di S. Dorotea”. Domenica 11 settembre, alle 10, il vescovo Luciano a Sarezzo presiederà la celebrazione eucaristica per la professione perpetua di suor Sonia Guerini dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea. Suor Sonia, catechista ed educatrice di Azione Cattolica, ha incontrato la comunità delle suore dorotee proprio nella sua parrocchia di Sarezzo. Classe 1983, si è laureata in Scienze della Formazione all’Università Cattolica di Brescia e ha poi completato il suo percorso di studi con la specialistica in Scienze Pedagogiche presso l’Università Roma Tre. Ha fatto il suo ingresso nell’Istituto delle Dorotee per il postulato nell’ottobre 2006 a Padova, nel 2007, sempre a Padova, ha iniziato il noviziato. Ha preso i voti temporanei a Venezia e ha prestato servizio nelle comunità di Monterotondo Scalo (Roma), Como e ancora a Roma in viale Vaticano dove continuerà la sua misssione dopo la professione perpetua. Collabora anche con il Centro di studi e ricerche “Ezio Aletti Aletti.
Il percorso di gioia. “Il cammino –scrive suor Sonia alla sua comunità natale – è quello che Giacomo di Sarug descrive in una sua omelia: ‘Il promesso Sposo fece entrare la figlia del giorno in un nuovo grembo, e le acque di prova del battesimo furono nelle doglie e la partorirono: Egli rimase nell’acqua e la invitò: essa scese, si ammantò di Lui e risalì’. Sono le acque che risanano e danno vita, come attesta il profeta Ezechiele: ‘Dove giungono quelle acque risanano, e là dove giungerà il torrente tutto rivivrà’. E quale sia la fonte di questa acqua viva ce lo consegna il brano della Samaritana, a cui fa riferimento l’immagine che ho scelto: la fonte è Cristo”.
Nuova vita. “L’acqua nuova che Cristo dona è accennata dal calice che Egli porta al costato. Qui la ferita sembra divenire parte integrante del calice: essa è la fonte dell’acqua viva e simbolo dell’amore del Padre che tanto ama il mondo da donare suo Figlio, affinché in Lui ognuno diventi figlio. Bere a questo calice significa proclamare il primato dell’amore di Dio che ci purifica da ogni idolatria a cui il peccato ci porta. Scrive infatti ancora Giacomo di Sarug: ‘Egli aprì il suo fianco e unì il suo calice al santo sangue per darlo a lei da bere così da farle dimenticare i suoi molti idoli’. L’immagine ci mostra allora come tutto trova la fonte nella Pasqua di Cristo, e l’acqua che Egli dona alla donna samaritana è anticipazione del dono della sua stessa vita. Qui sta il fondamento del cammino di ogni uomo, che non è chiamato a far altro che accogliere questo dono, e lasciare che la vita del Figlio divenga la sua stessa vita.
La speranza. “La nostra vita è nascosta con Cristo in Dio scrive San Paolo. Questa speranza è ciò che fa tendere le mani alla samaritana per ricevere l’acqua che il Signore le offre, mentre è Cristo stesso a svuotare quel recipiente con cui la donna era arrivata al pozzo e che molti autori identificano con un’urna funeraria. Simbolicamente è il consegnare al Signore tutto ciò che in noi sa di morte. Tutto ciò che ai nostri occhi è sempre sembrato nient’altro che carbone, se affidato alla misericordia del Padre, diverrà memoria dell’amore che ci ha raggiunti e rigenerati, diverrà come diamante. In questo modo ci rendiamo capaci di accogliere la vita nuova e lasciare che essa possa divenire un fiume che porta vita anche per gli altri. È il senso delle parole che sant’Angela da Foligno si sente rivolgere da Gesù: ‘Fatti capacità e io mi farò torrente’. E questa consegna diviene risposta di fede al dono che Cristo offre e scaturisce nella lode ricca di gratitudine”.