Sirio Frugoni: Ac palestra di vita
“Mi ritrovo in un mondo di amici, di tanti amici”. Sirio Frugoni, 50 anni di Sant’Eufemia, ha accolto con entusiasmo e con senso di responsabilità la nomina del Vescovo a presidente diocesano dell’Azione Cattolica. Direttore tecnico di un organismo notificato per la marcatura CE dei prodotti da costruzione, è sposato con Chiara ed è padre di tre figli. Raccoglie il testimone da Giuliana Sberna che si è impegnata soprattutto per promuovere unna realtà intensa, vivace e familiare. L’Assemblea di febbraio, che ha fornito le linee guida del prossimo triennio, ha visto una forte esperienza di partecipazione e di democraticità con un percorso partito dal basso: sono stati coinvolti i consigli parrocchiali. Il bilancio sociale dell’Associazione dice che in tanti si formano e spendono ancora molte energie per costruire relazioni positive là dove vivono: a scuola, al lavoro, in famiglia, in parrocchia... Formatosi in Ac, Sirio è stato educatore Acr, animatore dei giovanissimi e dei giovani, presidente parrocchiale e attuale consigliere, e ha collaborato con il settore giovani diocesano, di cui è stato anche vicepresidente diocesano; consigliere diocesano, ha collaborato con il settore giovani nazionale e partecipato a campi scuola nazionali e diocesani.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. La citazione del capitolo 10 del Vangelo di Matteo riassume bene l’impegno di Sirio che è cresciuto nell’Ac, dove il padre, Bruno, ha ricoperto il ruolo di presidente dal 1974 al 1981.
Ho fatto del mio impegno nella Chiesa e nella comunità uno stile. Ho sempre cercato di aiutare l’Ac a camminare. Se mi hanno chiesto questa disponibilità, si vede che hanno visto che potevo dare qualcosa.
Qual è il valore aggiunto dell’Ac?
In questo tempo in molti si spendono per la cura del corpo, ma tanti sostengono che sia importante affidarsi a un personal trainer, a qualcuno che ti aiuti a rendere efficace l’allenamento che vuoi mettere in campo. Se possiamo prendere questa metafora con tutti i limiti che può avere, io vedo l’Ac come una palestra per essere Chiesa ma prima di tutto cristiani nel mondo. L’Ac aiuta a imparare a camminare insieme.
Se fossimo in montagna, l’immagine scelta potrebbe essere quella di una cordata. Perché?
Bisogna che tutti siano autosufficienti per essere a disposizione degli altri che, in ogni momento, possono avere delle difficoltà. Questo l’ho sperimentato in Ac; è una cosa meravigliosa che ti permette di godere quello che il cammino ti propone davanti.
Oggi il laicato fatica a essere protagonista nella vita delle nostre comunità?
Gli spazi ci sono. Non siamo molto convinti di essere in grado di farlo. Spesso guardiamo troppo la punta dei piedi e poco verso l’orizzonte. Le capacità e le potenzialità ci sono. Dobbiamo imparare ad affidarci con la coscienza che da soli non possiamo fare tanti passi. Ci sono sicuramente schemi imperfetti, ma con la serenità possiamo anche vedere l’armonia delle cose senza pretendere di risolvere tutti i problemi. A noi spetta il compito di tracciare solchi e seminare. Ci sono a questo proposito dei segni molto belli.
Ha respirato l’amore per la Chiesa in famiglia che, oggi più di ieri, vive un momento di difficoltà.
Dobbiamo imparare davvero a vivere insieme. C’è un’azione sistematica per disgregare il tessuto: stiamo diventando una società di individui. L’Ac ha sempre creduto nell’importanza di costruire relazioni a tutti i livelli.
Gli orientamenti per l’anno associativo 2020-2021 hanno come tema “Servire e dare la vita”. Si rinnova la richiesta di un impegno a livello comunitario e nella società. Inutile ricordare che in Ac sono maturate anche molte personalità politiche.
Stare a guardare non è fare la storia. Tutti facciamo la storia. Non possiamo farci trainare dagli eventi. Si chiede una responsabilità, ma questa viene maturata e compresa insieme. Nessuno viene lasciato da solo.
L’Ac ha un patrimonio educativo importante. Può essere ancora una risorsa importante per i nostri oratori?
Il bagaglio di esperienza di 150 anni di storia condivisa, a livello nazionale e internazionale, è proprio nella formazione: il prendere la forma e dare la forma è essenziale. E questo è sempre stato a disposizione di tutti, penso alle tante realtà nate con l’Ac e diventate patrimonio di tutti. Sì, ci sono delle difficoltà. L’Ac sceglie di restare dentro l’Icfr. Cercheremo insieme di costruire qualcosa di bello e di buono per camminare insieme.