Risuonan le campane
Il 6 dicembre la comunità di Suç ha ricevuto in dono dalla Diocesi le campane dell’ex-seminario
Il suono delle campane è il tradizionale modo di comunicare della Chiesa con i suoi fedeli. Le campane annunciano i tempi della preghiera e segnano i momenti significativi della vita dell’intera comunità. “Erano le campane – spiega Enzo Bianchi – a interrompere il grande silenzio della notte: al mattino, a un’ora che variava con il variare dell’alba, suonava l’Ave Maria e la gente si alzava per iniziare i lavori della stalla. Poi suonavano nuovamente a mezzogiorno, per segnare la pausa dal lavoro nei campi e il tempo del pasto frugale e infine rintoccavano ancora a sera, per richiamare ciascuno attorno al focolare”. Oggi, troppo spesso, ne sottovalutiamo l’importanza, anzi le vediamo quasi come un fattore di disturbo. Nelle nostre città, come afferma padre Bianchi, “le campane tendono a non suonare più e comunque quando rintoccano nessuno riesce nemmeno ad ascoltarle, soffocate come sono dal frastuono del traffico e dell’attivismo incalzante”. In alcuni Paesi, come l’Albania, le campane per anni, a causa del regime, non hanno potuto adempiere al loro ruolo. In molti casi sono state distrutte. Oggi rappresentano il segno importante di un ritorno alla normalità. I loro rintocchi sono attesi con gioia.
Il dono. Venerdì 6 dicembre la comunità di Suç, dove operano il fidei donum (dal 2002) don Gian Franco Cadenelli e le suore Dorotee, ha reso ancora più solenne la festa patronale di San Nicola con la benedizione delle campane dell’ex-seminario Maria Immacolata. Alla presenza di una delegazione guidata dal vicario generale, mons. Gaetano Fontana, e da don Roberto Ferranti, è stato inaugurato un campanile sul quale è stata posta la campana più grande, a ricordo della collaborazione tra la diocesi di Rreshen e quella di Brescia che, da 17 anni, per sopperire alla mancanza di clero locale, invia sacerdoti e volontari che hanno sostenuto la missione nel suo servizio di fede e di carità verso i poveri. Prosegue, quindi, il legame tra la nostra terra e l’Albania (sono più di 18mila gli albanesi nella nostra Provincia) rafforzato dal sangue del martire Giovanni Fausti (1899-1946), precursore del dialogo islamico-cristiano.
La storia. “Le campane, che si sono affacciate per decenni nella ‘rotonda ovale’ del Seminario diocesano di via Bollani, furono – racconta Beppe Ungari – un dono dell’ing. Vittorio Montini, cugino di Paolo VI e fratello di mons. Carlo, già rettore del Seminario e, a sua volta, ingegnere. Vittorio Montini fu progettista del Seminario e fece dono del castello campanario nel 1982, in ricordo del fratello don Carlo, nel decimo anniversario della sua morte. Vittorio chiese di ricostruire una sonata automatica identica a quella che per anni aveva sentito nella chiesetta di San Rocco a Concesio, accanto alla casa natale di Paolo VI. Quattro fratelli Andreis (figli della sorella Erminia), nipoti dell’ing. Vittorio e di mons. Carlo Montini, hanno offerto la realizzazione del campanile”. Proprio don Carlo nel 1941 fu anche cappellano in Albania.