Ripartiamo dall’essenziale
Prendendo spunto dall’offerta formativa degli Uffici di pastorale, don Carlo Tartari, vicario episcopale per la pastorale e i laici, rilegge questo tempo e indica alcune piste di lavoro
Gli Uffici pastorali hanno predisposto degli opuscoli nei quali presentano l’offerta formativa per le parrocchie, i gruppi e le associazioni. L’obiettivo è di essere sempre di più al servizio delle comunità, lavorando in sinergia o, per utilizzare un termine più ecclesiale, in comunione. La riforma della Curia nelle tre aree pastorali (mondialità, socialità e crescita della persona) ha e avrà una ricaduta anche nella composizione degli organismi di comunione che sono stati prorogati di un anno. Dopo la pandemia, la sfida, oggi, è di recuperare l’essenziale nella prassi pastorale. Ne abbiamo parlato con don Carlo Tartari, vicario per la pastorale e i laici, che sta accompagnando questo progetto.
Don Carlo, abbiamo vissuto e stiamo vivendo un tempo particolare. Le parrocchie stanno un po’ ricalibrando la loro pastorale. Da dove dobbiamo partire?
Questo tempo di fatica e di sofferenza ha condizionato in modo molto forte le modalità con le quali eravamo abituati a trovarci e a riunirci. I rapporti tra le persone sono diventati più problematici. Le difficoltà vissute dalle comunità e dalle parrocchie hanno ingenerato l’utilizzo di alcuni strumenti nuovi per condividere i contenuti e le riflessioni. Dobbiamo fare tesoro di quanto imparato per immaginare che ciò che abbiamo appreso possa essere in funzione di ciò che ci attende. I nostri ragazzi hanno fatto l’esperienza della didattica a distanza. L’incontrarsi in presenza non è l’unico modo. Concretamente cercheremo di offrire la possibilità, durante l’anno, di partecipare ad alcuni incontri anche attraverso l’utilizzo di piattaforme internet o dei canali social.
La tentazione di un “ritorno alla normalità” come se nulla fosse successo è molto forte...
Molte cose che erano consolidate e rassicuranti non reggono più. Alcuni elementi dati per acquisiti sono saltati, ma dall’altra parte sentiamo anche l’esigenza di riannodare i fili, di riprendere la ferialità di un cammino. Dobbiamo saper discernere l’essenziale della pastorale per renderlo ancora più fecondo. Attorno a questo sono stati chiamati a riflettere i presbiteri e tutte le comunità cristiane. L’annuncio del Vangelo, la testimonianza della carità e la fraternità vissuta sono tre elementi che dicono il nostro essere cristiani. Con uno sguardo rinnovato, proviamo a immaginare un anno pastorale.
Ci siamo accorti di quanto siamo fragili...
L’attenzione alle fragilità umane è un vissuto che ha toccato tutti. All’inizio pensavamo che la pandemia toccasse solo gli anziani, ma poi ci siamo resi conti che non era così. Non avere più gli anziani alle nostre assemblee eucaristiche ci ha messo di fronte alla realtà: c’è un grande bisogno di coinvolgere le giovani coppie e i ragazzi. Dobbiamo prenderci cura gli uni degli altri. Sono emerse anche molte fragilità legate al mondo del lavoro e alla dimensione dell’impegno politico e sociale. La vita ci sta restituendo ciò che è essenziale e urgente e che, forse, in passato consideravamo più marginale rispetto ad alcune dinamiche importanti come la catechesi e la formazione.
Gli organismi di comunione sono stati prorogati di un anno. Come si possono aiutare le parrocchie a formare i consigli pastorali partendo dalla suddivisione delle tre aree pastorali?
Il metodo di lavoro (attenzione ai destinatari, comunione, sinodalità, organizzazione) che stiamo mettendo in atto a livello di Curia con gli Uffici pastorali potrebbe essere utile. Mettere al centro l’attenzione alla mondialità, alla socialità e alla crescita della persona armonizzerebbe il lavoro degli uffici e permetterebbe un flusso non solo di informazioni ma di esperienze molto più forte nel rapporto tra Curia e parrocchie.
La lettera pastorale “Non potremo dimenticare” verrà presentata sul territorio in queste settimane. Quali sono gli aspetti maggiormente da approfondire?
La lettera è in profonda continuità con il mistero eucaristico che era al centro della lettera pastorale precedente nell’orizzonte della santità. Fa sintesi di quella rilettura spirituale che il Vescovo ha proposto a tutta la Diocesi e che lui stesso ha vissuto e interpretato.La seconda parte ci invita a un rinnovamento non solo intraecclesiale ma anche della società. Ci dà degli spunti operativi e di cambiamento sui quali saremo chiamati a interrogarci come Chiesa.