Promotori di unità
“L’unità pastorale ha la scopo di aiutare le parrocchie a realizzare pienamente la prossimità del Regno di Dio vicino ad ogni persona, nel fiorire di nuovi carismi e ministeri che portino ad amplificare l’orizzonte della missionarietà”. Parte da qui don Daniele Faita, vicario episcopale per la città e l’hinterland, per leggere il cambiamento in atto nel nostro territorio diocesano dove sempre di più le parrocchie sono chiamate a essere veramente sorelle e a camminare insieme. Nel suo Vicariato sono ben tre le unità pastorali che vengono istituite in queste settimane.
La prima, come raccontiamo nell’intervista a don Marco Mori è la Visitazione della Beata Vergine Maria, poi sarà la volta dell’unità pastorale di Concesio (29 maggio) e, infine, di Poncarale (6 giugno). “L’unità pastorale ha come premessa la condivisione dei presbiteri tra di loro in un dialogo rinnovato tra i laici e i consacrati”. Nel Vicariato ci sono altre cinque unità pastorali in cammino in un percorso che, nelle intenzioni, è sempre triennale e prevede gli incontri di conoscenza e di formazione con i presbiteri e con i consigli pastorali. “Bisogna saper individuare le necessità e alcune linee progettuali che poi sfoceranno in un progetto dell’unità pastorale”. Nelle visite nelle erigende unità pastorali, don Daniele ha avuto una buona percezione: “Ho incontrato un investimento enorme nella catechesi, nell’educazione e nella carità con una grande passione pastorale”. A Concesio, ad esempio, c’è “una grande fraternità presbiterale” che può fare la differenza. “Laddove è possibile, è bene mantenere più parroci sul territorio. A tutti noi presbiteri fa bene mettersi in ascolto e costruire relazioni di umiltà solo così possiamo essere promotori di unità e di comunione”.
Riflettendo sull’esortazione apostolica Evangelii Gaudium, don Daniele richiama l’importanza di un rinnovamento missionario e della fraternità. Il Papa scrive che sogna una “scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che l’autopreservazione”. Non viene meno l’identità della parrocchia. “La parrocchia non è una struttura caduca. Proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere, parafrasando Evangelii Gaudium, 'la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie’”. Per le sei unità pastorali già costituite è tempo anche di una verifica. Se penso, ad esempio, al centro storico, si sta lavorando a un percorso interessante dove gli stessi curati non saranno più dedicati alla singola parrocchia ma lavoreranno insieme. “L’unità pastorale dovrà abituarsi a elaborare progetti pastorali” per rispondere alle tante domande del territorio.