Pienezza d’amore su ciò che è povero
L'editoriale natalizio del vescovo Luciano Monari apparso sul n° 48 di "Voce"
L’apostolo Paolo riassume l’evento del Natale con queste parole: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli”. Il tempo, dunque, la storia ha raggiunto in Cristo la sua pienezza: il tessuto intricato ed enigmatico degli eventi umani – vita e morte, gioia e sofferenza, amore e odio, pace e guerra – tutto questo comincia a mostrare un disegno coerente e gravido di vita. Gli uomini sono chiamati a essere figli di Dio, l’umanità a diventare famiglia di Dio. Come può avvenire questa trasformazione? Non certo per la strada che Adamo aveva scelto di percorrere, la strada dell’autosufficienza e dell’affermazione di sé. Tagliando i legami con Dio si giunge solo alla solitudine dell’uomo che si sente gettato nel mondo come un condannato a morte. La via giusta è solo quella dell’amore che si prende cura di se stesso e degli altri e che trova la sua realizzazione nel dono generoso e sincero. Ma era una via difficile da trovare se non fosse venuto il Figlio di Dio a mostrarcela. Era difficile da trovare perché questa strada – per quanto bella – non ha la garanzia di un successo nel mondo; è una via che contiene anche la possibilità della croce e cioè della sofferenza umiliante e della sconfitta. Ma è l’unica via feconda, dalla quale scaturisce una forza di vita ultimamente vittoriosa.
Vivere davvero il Natale significa riconoscere e afferrare questa possibilità che viene aperta davanti a noi. Dio non è ricchezza contenta di sé in una soddisfazione infinita; è invece pienezza di amore che si china su ciò che è povero e debole per renderlo ricco e forte, su ciò che è storto per raddrizzarlo, su ciò che è malato per sanarlo. Di questa misericordia di Dio siamo debitori noi per primi e di questa misericordia siamo chiamati a diventare testimoni credibili.
Gesù, figlio eterno di Dio, è nato nel tempo da una donna; ha assunto così una condizione fragile come quella di ogni uomo; è nato sotto la Legge e cioè ha accettato di sottomettersi al giudizio della Legge fino a subire la condanna. Ma proprio in questo modo ha riscattato noi dalla condizione di servi e ci ha collocati davanti a Dio come figli. Ciò non significa che l’impegno morale è diminuito: l’obbedienza dei figli è più impegnativa di quella degli schiavi. Allo schiavo basta eseguire accuratamente quello che il padrone vuole; al figlio, se vuole essere tale, viene chiesta un’obbedienza che si radica nel cuore, nell’amore riconoscente. Non basta compiere alcune azioni prescritte; bisogna obbedire con amore e per amore in uno scambio motivato dalla fiducia e dalla dedizione gioiosa. Il Natale è fatto giustamente di luci e di doni, di alberi impreziositi e di presepi commoventi. Ma tutto questo deve portare a comprendere un po’ meglio il mistero di Gesù e il mistero della vita cristiana così come la liturgia lo manifesta: “O Dio, che in modo mirabile ci hai creati a tua immagine e in modo più mirabile ci hai redenti, fa’ che possiamo condividere la vita divina del tuo Figlio, che oggi ha voluto assumere la nostra natura umana”.