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Brescia
di +PIERANTONIO TREMOLADA 08 nov 2020 12:01

Per uno sviluppo eticamente sostenibile

L'omelia pronunciata in Cattedrale dal vescovo Pierantonio Tremolada in occasione della 70ª Giornata del Ringraziamento

Celebriamo questa solenne Eucaristia nella settantesima Giornata Nazionale del Ringraziamento. Lo facciamo qui nella chiesa cattedrale di Brescia, in un momento del tutto singolare e in condizioni del tutto eccezionali. Avremmo certo tutti desiderato di poter conferire ad una giornata come questa le caratteristiche di festa che le si addicono: grande concorso di popolo, esposizione di prodotti e mezzi, presentazione pubblica delle associazioni e delle loro iniziative. Così non è stato.

Eppure questa giornata non perde il suo significato e neppure la sua bellezza. Oso anzi dire che acquista una portata maggiore, in rapporto al momento che stiamo vivendo e al luogo in cui ci troviamo. Credo infatti di interpretare il sentimento di tutta la nostra gente bresciana, esprimendo agli organizzatori di questa manifestazione il sincero apprezzamento per aver deciso e poi confermato di celebrare qui questa giornata nazionale del ringraziamento, accettando di ripensarla e anche di ridimensionarla, a causa delle restrizioni imposte dalla situazione sanitaria non ancora risolta. Brescia ha vissuto nei mesi scorsi, a causa del contagio da Covid 19, un’esperienza che non potrà dimenticare: esperienza di dolore e di amore, di paura e di coraggio, di smarrimento e di generosità; un’esperienza che purtroppo si sta ancora vivendo nella nostra regione lombarda e in altre duramente provate. La decisione di confermare la giornata del ringraziamento in queste terre dove l’agricoltura è tenuta in grande considerazione e dove recentemente si è molto sofferto, appare a nostri occhi un segno di solidarietà e di amicizia che, mi sembra di poter dire a nome di tutti, suscita in noi un sentimento di profonda gratitudine.

Pensando dunque alla giornata che stiamo vivendo, ponendomi nell’orizzonte luminoso del mistero dell’Eucaristia e in ascolto della Parola di Dio che è stata proclamata, vorrei condividere una semplice riflessione che mi sta particolarmente a cuore e che prende le mosse dal brano del Vangelo appena ascoltato. Si tratta di una parabola che Gesù rivolge ai suoi uditori mentre ormai si avvicina il momento della sua passione. Il suo insegnamento si concentra su quanto accadrà dopo la sua morte e resurrezione, sul cammino che i suoi discepoli saranno chiamati a compiere nell’ambito dell’intera umanità e a beneficio di questa. Ed ecco ciò che egli racconta: avverrà del Regno dei cieli come di dieci vergini invitate ad una festa di nozze da tempo attesa e che sarebbe durata l’intera notte. Ognuna di loro vi giunge con una lampada, ma solo cinque di loro portano anche l’olio per tenerla accesa. Lo sposo tarda e tutte si addormentano. A mezzanotte lo sposo giunge e solo in quel momento, destatesi, le cinque ragazze distratte si accorgono di non avere con sé l’olio necessario per mantenere accese le lampade durante la festa. Corrono dunque a prenderlo, ma, tornate alla casa degli sposi, trovano la porta ormai chiusa, senza più possibilità di entrare.

L’insegnamento fondamentale che si coglie nella parole di Gesù riguarda la vigilanza. Egli esorta i suoi discepoli, nel cammino della storia che si sta aprendo per loro, a rimanere desti, a tenere accesa la lampada procurandosi l’olio necessario. Il linguaggio è simbolico, ma il senso è chiaro e l’insegnamento raggiunge direttamente anche noi. La vigilanza è in verità uno stile di vita, un modo di porsi nei confronti della realtà. Il suo contrario è la sonnolenza, la disattenzione, l’indifferenza, l’indolenza passiva. La vigilanza, è invece un’attenzione intelligente e appassionata, che coinvolge gli occhi, la mente e il cuore. La sentinella sulla mura fissa continuamente l’orizzonte, pronta ad agire, perché ama la sua città. Così fa ognuno che ama la gente e l’ambiente che lo circondano. Così dovrebbe fare ogni uomo e donna che si riconosce parte viva dell’umanità e si sente chiamato a costruire una vera società. Abbiamo oggi più che mai bisogno di pensiero e di passione, di intelligenza e di responsabilità, di creatività e di coraggio, soprattutto di solidarietà, contro la superficialità e l’aggressività, i luoghi comuni, l’interesse meschino e la pericolosa inerzia dell’abitudine. Ogni epoca è chiamata ad assumersi il compito di leggere la realtà in cui vive e di migliorarla, per consegnarla più ricca alla generazione successiva: è la missione che anche noi dobbiamo assumerci.

In questo occorre fare anche opera di purificazione, cioè di sapiente selezione, concentrandosi su ciò che è essenziale. L’esperienza drammatica dell’epidemia che è ancora in corso ci consegna questo chiaro messaggio. Siamo stati costretti e lo siamo tuttora a ridurre tutto ciò che non è indispensabile e a puntare su ciò che è essenziale. Ma che cosa dunque lo è? Che cosa non può mancare nel nostro vissuto quotidiano? La risposta – credo – ci può giungere da qualche semplice considerazione riguardante il tema scelto per questa settantesima Giornata Nazionale del Ringraziamento: l’acqua benedizione della terra.

L’acqua è sicuramente essenziale per la vita dell’uomo e del suo ambiente. A tutto infatti si potrà rinunciare, pensando al limite estremo della sussistenza, ma non all’acqua e al pane. L’acqua che disseta, che irriga e che lava è elemento indispensabile, è la sorgente stessa della vita e insieme ciò che ne contrasta il degrado. Nella sua concretezza, tuttavia, l’acqua assume anche una valenza simbolica: richiama ciò che non può mancare alla persona umana e al mondo, ciò che li fa vivere. La Bibbia fa spesso uso del simbolismo concreto dell’acqua e con essa allude alla vita nella sua forma più alta e più vera, intesa come comunione al mistero santo di Dio e come esperienza del suo amore misericordioso. L’acqua che sgorga dal costato trafitto di Cristo insieme al suo sangue costituisce il vertice di questa rivelazione.

Il pensiero va alla dignità personale e all’amore che contraddistingue nella la vera relazione umana. Qui sta l’essenziale della vita, di cui l’acqua è segno, con la sua freschezza, trasparenza e limpidità. Ogni persona umana ha un nome che va pronunciato con rispetto e con affetto; ogni persona porta in sé una grandezza che va riconosciuta e un bisogno di amore che va onorato. Senza questo non si vive. La vigilanza si fa allora più chiara nel suo obiettivo e nel suo agire che punta all’essenziale. Essa mira alla promozione della dignità personale e delle relazioni fondamentali; in questa prospettiva si fa progetto audace e appassionato a favore dell’intera umanità.

Ci vengono qui incontro le espressioni illuminanti e suggestive del magistero di papa Francesco, che fanno eco alla dottrina sociale della Chiesa: l’ecologia integrale, nella quale si uniscono la bellezza del territorio e i legami sociali e per la quale la terra è la casa comune e l’umanità la grande famiglia dei popoli; la mistica del vivere insieme, con l’esortazione a fare della fraternità universale la forma autentica della socialità, nell’accoglienza e nella reciproca integrazione delle differenti culture; lo sviluppo eticamente sostenibile, con le sue scelte coraggiose e innovative non soltanto sul piano tecnologico e gestionale, ma soprattutto sul piano sociale e politico. Siamo infatti chiamati ad essere lungimiranti nel progettare il presente, perché – come è stato giustamente osservato – non riceviamo la terra in eredità dai nostri nonni ma in prestito dai nostri nipoti. Tutto questo è vigilanza. È insieme contestazione lucida e ferma di paradigma distruttivo: quello del profitto esclusivo e del consumo sfrenato, dello spreco e dello scarto, del saccheggio delle risorse, ma anche della concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi e del potere senza scrupoli dei grandi gruppi finanziari.

Chi lavora la terra è forse nella condizione di comprendere meglio un simile appello. La natura stessa, con la sua bellezza insieme mite e drammatica, con i suoi tempi e i suoi cicli, con i suoi dinamismi ultimamente misteriosi, invita tutti noi ad uno stile di vita più responsabile e riconoscente, più amorevole, ultimamente più umano. Impariamo dunque a guardare così il mondo che ci circonda e soprattutto i volti delle persone che compongono la grande famiglia umana. Colui che tutto ha creato per amore e per amore ha redento l’umanità ferita dal male, ci invita ad assumere con consapevolezza le nostre responsabilità. Ci è stato fatto l’onore di diventare collaboratori di una provvidenza benevola e misericordiosa, che si prende cura dell’umanità e del suo ambiente nella complessità drammatica della storia. Siamo chiamati, come credenti e cristiani, ad una vigilanza sapiente e responsabile, ma soprattutto affettuosa, che annunci all’intera umanità il grande cuore di Dio, che in Cristo Gesù si è manifestato.

Ci aiuti lo stesso Signore ad accogliere il suo appello e ad assumere generosamente il nostro compito, lui che si è fatto solidale con noi fino alla morte e alla morte di croce.

A lui sia onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. Amen


+PIERANTONIO TREMOLADA 08 nov 2020 12:01