Passione sincera per l’educazione
Mons. Tremolada e alcuni temi attuali come quello della formazione dei docenti e della sostenibilità economica delle scuole cattoliche
Per la scuola italiana non sembra esserci pace. È di qualche ora fa la denuncia arrivata dall’Ocse, secondo cui gli studenti italiani (la bocciatura, però, non riguarderebbe le scuole del Nord del Paese, con risultati addirittura sopra la media) sarebbero in grave difficoltà nel leggere e comprendere un testo. Un test condotto sulle competenze dei quindicenni di 79 Paesi del mondo certificherebbe i “non brillanti” risultati ottenuti dagli studenti di casa nostra. Solo il 5%, secondo l’Ocse, sarebbe in grado di distinguere un fatto, da un’opinione o, peggio ancora, da una fake news.
Questo nuovo addebito rende sempre più necessarie una cura e un’attenzione particolare al mondo della scuola, non soltanto da parte degli addetti ai lavori e della politica, ma anche di tutte quelle componenti della società che avvertono il dovere di essere al fianco dell’istituzione scolastica nella sua grande responsabilità educativa. Tra queste realtà c’è anche la Chiesa, ed è proprio da questa premessa che prende le mosse l’intervista a mons. Tremolada sulla scuola, un mondo che conosce molto bene.
Eccellenza, la scuola sembra essere sempre sul banco degli imputati. Qual è il suo giudizio sulla realtà che ha incontrato a Brescia?
L’impressione che sin da subito ho percepito è che la scuola bresciana nel suo insieme abbia una sincera passione per l’educazione dei ragazzi, delle ragazze e, assuma con serietà il compito che le viene assegnato. Questa sensazione ha trovato conferma nei tanti incontri che ho avuto con i responsabili istituzionali della scuola bresciana. Tutto questo ha fatto meritare alla scuola un concreto sostegno, un’attenzione positiva da parte della istituzioni, cosa che non sempre è scontata. Vorrei però insistere in modo particolare sulla passione che caratterizza chi lavora all’interno della scuola: penso ai dirigenti, ai docenti e al personale tecnico amministrativo. In questi primi due anni ho incontrato persone che hanno a cuore il bene della scuola.
Quali le attenzioni della Chiesa bresciana per un sistema scolastico in cui convivono realtà statali e scuole paritarie?
Credo che come Chiesa abbiamo un compito prioritario che è quello di fare sentire una cosa sola tutte le realtà nel compito comune di educare i ragazzi e i giovani. Dobbiamo aiutare tutte le scuole bresciane, al di là delle divisione tra statali e paritarie, ad alimentare sempre di più la passione educativa alla luce di principi condivisi come la centralità della persona, l’attenzione alle condizioni di ogni singolo studente, il coinvolgimento della famiglia, l’accompagnamento e l’alleanza educativa, una didattica sempre più precisa e attenta alle innovazioni, la conoscenza dei contesti culturali attuali da cui arrivano molte delle sfide che la scuola oggi deve affrontare. Favorire la massima unità nell’assunzione del compito educativo e un dialogo costruttivo fra i vari soggetti che abitano il mondo della scuola sono attenzioni che come Chiesa bresciana dobbiamo avere.
Cosa pensano i giovani che lei ha incontrato più volte del mondo della scuola?
Incontrando più volte i giovani e i ragazzi anche all’interno della scuola ho ricevuto l’impressione che la scuola per loro continui a essere una realtà significativa e importante. Non la snobbano di certo, anche nella formulazione del loro giudizio molto dipende dalle relazioni che riescono a instaurare con i coetanei e, ancora di più, con gli adulti che vivono nella scuola. I ragazzi si aspettano molto dalla scuola e chiedono che gli adulti assumano con maggior decisione quello che è il loro ruolo educativo, esprimono il bisogno di adulti che per primi sappiano dare la giusta rilevanza a quello che stanno facendo. Hanno la consapevolezza di essere inseriti in un percorso di crescita che non riguarda il tema delle competenze e per questo chiedono adulti autorevoli, credibili, non semplici trasmettitori di conoscenza, chiedono adulti che, prima ancora di loro, sappiamo prendere la scuola sul serio.
Tutto questo porta al tema della formazione di chi opera nel mondo della scuola, statale a paritaria: la semplice conoscenza della materia oggi non basta più…
Uno degli elementi che fa l’eccellenza di una scuola è rappresentato dagli insegnanti. L’essere bravi insegnanti, però, non coincide con la conoscenza della materia; la capacità di insegnare dipende dalla dimensione relazionale, dalla capacità di aprirsi e accogliere la vita e la storia dei ragazzi. L’autorevolezza di un insegnante non deriva solo dalla perfetta conoscenza della singola disciplina, ma soprattutto dalla capacità di fare innamorare della materia che insegna, creando empatia e sintonia con i ragazzi. Per raggiungere questi traguardi è necessaria una formazione costante che chiede agli insegnanti la disponibilità a mettersi costantemente in discussione, sia nella scuola statale che in quella paritaria. Certo, è molto più facile trasmettere nozioni che stabilire un rapporto, ma è tramite quest’ultimo che lo studente può arrivare a innamorarsi della singola disciplina.
Questa e altre attenzioni si scontrano, però, con il tema delle risorse sempre più limitate. Per le scuole paritarie un vero e proprio dramma che pone la questione della sostenibilità…
Anche se come Vescovo mi stanno a cuore allo stesso modo le scuole statali e quelle paritarie, quello della sostenibilità economica della scuole cattoliche è un tema che avverto in modo particolare. Credo che sia oggettivo che il sistema scolastico italiano, per come è strutturato, appare ingiusto, non garantendo, come avviene in altri stati, pari dignità economica a tutti gli attori, pubblici o privati, che operano nel campo dell’educazione. Le scuole paritarie e cattoliche devono arrangiarsi con quello che sono i proventi delle rette pagate dalle famiglie. Nonostante questo limite le scuole cattoliche, a cui va tutta la mia stima e il mio apprezzamento, continuano a svolgere il loro compito in campo educativo anche se in molti casi la fatica è tanta.
Una delle argomentazioni usate da chi si oppone a questa parità di trattamento è che le scuole cattoliche sarebbero poco inclusive...
Si tratta di un’accusa ingiustificata. Il desiderio delle scuole cattoliche è quello di accogliere tutti. Sarebbe però necessario che fossero messe nelle condizioni di poterlo fare. Oggi, invece, pagano un circolo vizioso che si è creato con la mancanza di una effettiva parità con le scuole statali. La mancanza di risorse è un limite pesante e crea quella che oggi si definirebbe come fake news che indica nella scuola cattolica una realtà poco accogliente. Le scuole, pur in mezzo a tante difficoltà, stanno facendo di tutto per andare incontro a quelle famiglie che faticano ma che si fidano della loro proposta educativa. Esistono però dei limiti di sostenibilità che non possono essere superati. Personalmente non mi stanco di ripetere che le porte delle scuole cattoliche sono aperte per tutti anche per quelli che fanno più fatica.