Paolo VI, un genio della fede
Prosegue il percorso alla scoperta della figura di Giovanni Battista Montini. Questa settimana la riflessione è di don Mario Neva
Il mio Paolo VI è forse un paradosso. Da un lato infatti lo sento lontano, lontano dalla mia origine e dal mio modo di affrontare l’esistenza, dall’altro così vicino come spirito, come mente, come comprensione del tempo e della storia, al punto da considerarlo un maestro, se non un genio della fede. Vidi per la prima volta Giambattista Montini quando avevo cinque anni, era sul carro eucaristico con il vescovo Giacinto Tredici, nel punto in cui via Calini entra in Piazza Moretto; il carro procedeva lento e solenne da via Crispi per corso Magenta, proveniente da sant’Angela. Ricordo allora che mia madre, mi disse, indicandolo con estrema sicurezza, guarda, quello è Battista Montini, diventerà Papa. Avevo 15 anni quando una fortunata esperienza al campo scout mi annoverò tra i pellegrini della Diocesi pochi mesi dopo la sua elezione a Papa. A 18 anni, non ancora in seminario, ho acquistato tutto solo la Populorum Progressio leggendola d’un fiato; nella parentesi romana raramente mi sfuggi una sua udienza del mercoledì. Magnifiche omelie, con quella voce non bella ma penetrante, un evidente caso in cui il pensiero domina totalmente la parola e la usa come vuole. Affascinato, provai le prime delusioni sentendo i commenti dei confratelli…prediche belle quanto inutili! Fui infine presente all’ultima udienza; appena lo vidi affacciarsi dalla grande finestra di Castelgandolfo, avendolo visto tante altre volte, la prima cosa che dissi è: il papa sta male, è vicino alla morte! Il Papa parlò della fede che illumina l’intelligenza, la fede che salva. Ricordo che ripartimmo la domenica con i giovani pellegrini e mori proprio nel momento in cui scendemmo dal Pullman. Era la sera del 6 agosto 1978.
Ora devo parlare della distanza. Non certo dovuta a Paolo VI. O forse involontariamente sì. Mi chiesero recentemente di parlare di Paolo VI e i poveri, in concomitanza con l’anniversario della Populorum Progressio; per l’occasione incontrai per strada una gentile signora, conosciuta all’Arnaldo e vicina di casa. Il discorso andò naturalmente su Paolo VI ed ella mi espresse un dissenso piuttosto duro che mi meraviglio’ alquanto e un poco anche mi incuriosì. In sintesi. Mio padre era suo compagno di scuola all’Arici, e lo senti’ dire piu’ volte che doveva diventare Papa. A niente valsero le mie perplessità, la signore tirava diritto aprendo certamente un caso su cui i biografi dovranno ritornare. Conosco in verità qualcuno che ha desiderato diventare vescovo già all’età di 14 anni e c’è riuscito, oppure qualcuno che è diventato vescovo per il desiderio antico della famiglia ricca, e ci è riuscito… conosco qualcuno che si sta facendo strada, con titoli fasulli e arrampicata freeclimber, e spero che non ci riesca. Qualcuno poi ci ha provato nel passato ma è andata male. Insomma, una casistica non da poco, sempre nell’ordine dell’8 per mille, ma , Paolo VI…? Paolo VI ambizioso e pure profeta… ancora oggi mi riesce difficile a pensare, ma la mia interlocutrice era una persona seria.
Mons Ferriani, santo non ancora sugli altari, giovanissimo ricevette più volte dalla mamma del futuro papa la richiesta di pregare per suo figlio. Paolo VI infatti fu cagionevole di salute al punto di avvicinarsi alla morte e facendo prevedere una vita breve. Ma evidentemente qualcosa di profondo è avvenuto tra lui e Gesù Cristo. E certamente in questa profondità semplice e abissale si nasconde il grande segreto della vita di Paolo VI.
Certamente fu un privilegiato. Contrariamente alle regole, diventò sacerdote senza frequentare il seminario, studiando con insegnanti privati e sostenendo gli esami senza frequentare la scuola se non saltuariamente. La sua stessa carriera fu segnata dal privilegio, passando direttamente dalla ordinazione alla curia e alla diplomazia vaticana. Questo spiega molto semplicemente il perché la distanza che io sento appartenga un po’ a tutta la Diocesi bresciana.
Anche qui i precedenti sono degni di nota, primo fra tutti il suo predecessore a Milano, il grande san Carlo, espressione di un nepotismo decisamente illuminato. Ricorrendo al luogo comune sulla questione, Battista Montini non appare come il santo del popolo, sebbene il suo impegno favorì in modo inimmaginabile il bene dei poveri. Si è già detto della Populrum Progressio; i suoi viaggi sono capolavori di evangelizzazione e promozione dell’uomo. Giustamente papa Bergoglio richiama la Evangelii nuntiandi come la magna Charta della nuova evangelizzazione che non può essere disgiunta dall’annuncio della Buona Novella ai poveri.
Ho vissuto qualche anno in Africa in una diocesi nata due mesi prima della nomina di Paolo VI, mentre nel Concilio si discuteva sulla riforma liturgica. Ebbene la valorizzazione delle lingue, dei popoli, delle culture, il cui primo motore fu proprio Paolo VI, hanno avuto nella Chiesa un effetto dirompente per l’annuncio e la diffusione del vangelo.
A Roma toccai con mano l’incomprensione e l’ostilità contro Paolo VI. Monsignor Piolanti, sapendo che leggevo san Tomaso mi invitò al Congresso Tomistico del 1980. Durante un colloquio preparatorio nel suo appartamento Vaticano, sapendo che ero di Brescia, mi disse ‘… eh Si Paolo Vi, un giansenista, … purtroppo ha rovinato Roma con la sua fissazione per la mondialità’ … non possedevo allora lo strumento per rispondere a tono, ma fui decisamente divertito dalla situazione grottesca in cui mi trovavo: il Monsignore, presidente dell’Accademia, conservava nel suo studio dentro alcune vetrine, tipo musei parrocchiali, i paramenti e gli oggetti di Pio IX della cui causa era il postulatore. Durante il Congresso qualche mese dopo, il padre Trapé guidò la vecchia guardia in una protesta collettiva contro gli indirizzi e nefasti effetti del Concilio presentando una petizione a Giovanni Paolo II. Divertenti, grotteschi, patetici, come tutti coloro che ancora oggi li seguono. Paolo VI bersaglio a destra per i troppo cattolici, bersaglio a sinistra dei progressisti per aver sostenuto l’idea che è l’etica a fondare la libertà in ogni epoca storica. Al contrario, uno dei suoi segretari, Monduzzi, sapendo che ero di Brescia mi disse: "Paolo VI, grande, molto grande…ci manca molto!" Paolo VI un genio della fede.