Il nostro grazie per San Paolo VI
L'omelia pronunciata in cattedrale dal vescovo Pierantonio durante la Messa di ringraziamento per la canonizzazione di San Paolo VI. Alla celebrazione erano presenti 26 suore di clausura dei monasteri della Diocesi invitate da mons. Tremolada
Carissimi fratelli nell’episcopato e nel presbiterato, Illustrissime autorità, amati fratelli e sorelle nel Signore, oggi siamo qui riuniti per ringraziare. Un sentimento di profonda gratitudine ancora ci accompagna a pochi giorni dall’evento della canonizzazione di Giovanni Battista Montini, figlio di questa terra bresciana, divenuto sommo pontefice della Chiesa universale con il nome di Paolo VI e dalla stessa Chiesa universale proclamato santo al mondo intero. “Tu o Signore – diremo tra poco nel Prefazio – ci dai la gioia di celebrare la memoria di san Paolo VI papa: con i suoi esempi la rafforzi, con i suoi insegnamenti l’ammaestri, con la sua intercessione la proteggi”. Quella di san Paolo VI è una memoria che potremo celebrare d’ora in poi ogni anno nella liturgia ma che potremo anche custodire personalmente nel cuore. Memoria cara e consolante. I santi sono infatti anzitutto degli amici, dei fratelli nella fede, custodi e difensori prima ancora che esempi e modelli. Giovanni Battista Montini fa parte di quella schiera di veri credenti che ora si volgono al mondo con lo sguardo misericordioso del Cristo risorto e nella sua potenza operano a favore dell’umanità.
Siamo dunque qui per ringraziare. Personalmente, sento il vivo desiderio di sondare meglio le ragioni di questo ringraziamento, per rendere più consapevole la nostra gratitudine, per dare al nostro sentimento maggiore chiarezza e intensità ma soprattutto per rendere il giusto onore a Dio, al suo amore provvidente, che trova nei santi una sua singolare manifestazione. La canonizzazione di Paolo VI è il motivo della nostra gioia, ma i risvolti di questo evento sono molteplici. Coglierne le diverse risonanze significa comprenderne meglio la ricchezza.
Perché dunque vogliamo oggi ringraziare il Signore?
Anzitutto perché abbiamo un nuovo santo. Ogni santo è un dono alla Chiesa e all’umanità. È una pietra preziosa che va a incastonarsi nella storia del mondo. È la dimostrazione che Dio esiste, che si fa conoscere, che opera nella vita di ogni uomo ed è capace di farne un capolavoro. La santità, intesa come manifestazione della bellezza originaria dell’umano, è la testimonianza più chiara del mistero di bene che sta all’origine del mondo e che nel mondo è all’opera, sempre passando attraverso i cuori dei veri credenti. Ogni epoca è benedetta da Dio grazie ai santi che vi appartengono. La loro vita e la loro testimonianza assumono dei tratti specifici proprio in relazione al tempo in cui vivono e di cui divengono insieme protagonisti e rappresentanti. Essi rispecchiano e trasfigurano il momento storico che li ha visti nascere e morire ed anche il territorio nel quale sono cresciuti.
Da qui deriva il secondo motivo del nostro ringraziamento. Noi siamo grati al Signore perché Paolo VI è un santo bresciano. La santità è sempre incarnata. Porta i segni della terra da cui si proviene e in cui affondano le proprie radici. Così è anche per Giovanni Battista Montini. Egli è parte viva di questa terra e di questa Chiesa. I suoi occhi hanno visto il luoghi che anche noi conosciamo bene; il suo cuore si è affezionato agli ambienti che sono cari a tutti i bresciani, paesaggi e santuari; la sua memoria ha custodito il ricordo di esperienze legate a case, chiese, scuole, paesi, valli, laghi, pianure cui ognuno di noi sa dare un nome preciso. Soprattutto, la sua personalità, trasfigurata dalla sua santità, mostra i tratti evidenti di quella identità bresciana che credo si possa riassumere nella capacità di coniugare contemplazione e azione, interiorità e responsabilità, spiritualità e attenzione al mondo, con quello stile di concretezza, laboriosità e decisione e con quel gusto per le cose fatte bene, che sono tipici di queste terre. Il papa che ha guidato i Concilio Vaticano II e lo ha condotto in porto non poteva non avere alcune precise caratteristiche, riconducibili sostanzialmente ad una visione chiara dell’insieme, all’attenzione seria e costante a ciò che si sta seguendo, alla capacità di intervenire con puntualità e concretezza, al desiderio di fare tutto nel migliore dei modi. A tutto ciò si è affiancata in papa Montini la riservatezza, mai fredda o impacciata ma sempre gentile e amabile. Molto spesso frainteso, questo tratto del suo carattere che rimandava alle sue origini, si era trasformato in una evidente testimonianza della sua grande umiltà, della sua vittoria sulla tentazione dell’orgoglio. Nel segreto del suo cuore egli era divenuto capace di farsi piccolo per lasciare spazio alla grazia di Dio.
Vi è una terza ragione che motiva oggi il nostro ringraziamento. La potremmo formulare così: grazie alla sua canonizzazione, possiamo ora annoverare Paolo VI tra i nostri più sicuri intercessori. Possiamo cioè guardare a lui come a un amico potente, che dal Paradiso di Dio volge a noi il suo sguardo vigile e affettuoso. A lui vogliamo allora affidare il nostri cammino di santificazione, il cammino di ciascuno di noi e di tutti noi insieme. Lo faremo nell’ultima orazione di questa liturgia con queste parole. “La comunione con i santi misteri susciti in noi la fiamma di carità che alimentò incessantemente la vita di san Paolo VI e lo spinse a consumarsi per la tua Chiesa". Sia davvero così: come fu alimentata incessantemente dalla fiamma della carità la vita di Giovanni Battista Montini, possa esserlo la vita di ognuno di noi. Possa questa fiamma d’amore ardere sempre più nella nostra Chiesa bresciana. Possano le nostre parrocchie e tutte le realtà che la compongono conservare quella evangelica freschezza che si manifesta anzitutto nella comunione fraterna e nel servizio ai più deboli e ai più poveri. Possano i nostri giovani riconoscervi la bellezza della fede cristiana, capace di rispondere alle attese del loro cuore e alle grandi sfide dei nostri tempi. Passano i nostri paesi e le nostre città beneficiare di questa testimonianza umile ma vivificante.
Il nostro ringraziamento, infine, si arricchisce dell’eco che ci giunge dalla pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato. Le parole che Gesù rivolge ai suoi discepoli risuonano ancora più forti e chiare nella circostanza che ci troviamo a vivere insieme. In questo momento ci appaiono – oserei dire – inequivocabili, perché le vediamo incarnate nel santo di cui stiamo facendo memoria. “Chi vuole diventare grande tra di voi – raccomanda Gesù – sarà vostro servitore e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Paolo VI fu sommo pontefice della Chiesa cattolica. Egli occupò in essa il posto più alto, ma mai esercitò il potere, mai dominò, mai si fece servire. Quest’uomo grande agli occhi del mondo per la sua posizione, svolse in limpida umiltà il proprio compito, a totale servizio della Chiesa e dell’umanità. Come il suo Signore e per amor suo, egli fece della sua vita un’offerta, un sacrificio che lo portò alla glorificazione attraverso la croce. In alcune particolare vicende della sua vita personale noi ravvisiamo il compimento delle parole profetiche che Isaia ha pronunciato annunciando il Messia e che abbiamo ascoltato nella prima lettura: “Al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza”.
Rimane da ricordare la consegna che ci viene da quanto stiamo insieme vivendo, dalla gioia di questa celebrazione. Al ringraziamento si affianca un compito: quello di conoscere Paolo VI, sempre di più, e di farlo conoscere, di amarlo, sempre più, e di farlo amare. È un compito particolarmente nostro, di noi che abitiamo le terre che lui ha abitato e che apparteniamo alla Chiesa da cui egli proviene. Insieme all’umile fierezza di aver espresso un papa santo, sentiamo la responsabilità di custodirne e promuoverne la memoria, con affetto e devozione. Ci aiuti il Signore a farlo nel giusto spirito, a lode e gloria del suo nome e per la santificazione della sua Chiesa.