Non urlare per sopravvivere, ma accompagnare
Seguire uno stile di narrazione onesta dei fatti accompagnata da opinioni autorevoli, in un tempo dove il flusso di informazioni è sempre più social e sempre più polarizzato. Ecco la linea di Avvenire, indicata dal direttore, Marco Girardo, che si sofferma ad analizzare al Sir le sfide che attendono il mondo dell’informazione e il quotidiano, che dirige da circa 15 giorni, alla vigilia di grandi cambiamenti tecnologici, come l’introduzione dell’intelligenza artificiale nei sistemi di lavoro. E lo fa alla vigilia della 57ª Giornata delle comunicazioni sociali, che ricorre domani, domenica 21 maggio.
Qual è l’importanza, quest’anno, della Giornata delle comunicazioni sociali?
È un momento importante nobilitato dallo splendido messaggio di Papa Francesco per questa 57esima giornata delle comunicazioni sociali. Lo è perché siamo in un periodo storico segnato anche da forti polarizzazioni nelle posizioni, alimentate da una nuova modalità di comunicazione che si esprime attraverso i social media. Questi, infatti, – per loro natura e struttura algoritmica – tendono a funzionare tanto più polarizzano l’informazione. Quindi, in questo momento specifico,
il centro del messaggio del Papa è parlare con il cuore, cioè comunicare cordialmente, essere disposti a pulire il nostro sguardo e il nostro ascolto e rendere quello che diciamo e raccontiamo capace di arrivare al cuore dell’altro, in modo da favorire l’incontro: è proprio un messaggio centrato nel tempo che stiamo vivendo.
Come può il giornalismo contribuire a seminare la pace?
Questo messaggio ci aiuta a capire che chi è un autore dell’informazione è necessario che si renda capace, prima di informare, di praticare questo discernimento – capacità di leggere la realtà tenendo insieme mente e cuore –. Una capacità che favorisca la possibilità di creare dei ponti, cioè vicinanza con l’altro. E mantenere – anche quando sono scomode – alcune posizioni, ma sempre raggiungendo l’altro.
Come le nuove tecnologie stanno cambiando il giornalismo e come saranno presenti nel futuro di Avvenire?
In generale, dobbiamo essere consapevoli che in questo momento noi siamo immersi nel frullatore dell’informazione in cui si corre il rischio di alimentare un mercato di esperienze polarizzate. Ci stiamo muovendo in questo contesto.
Noi proviamo ad inserirci cercando di socializzare il nostro stile. Che è quello di accompagnare sempre i fatti raccontati con onestà e con opinioni di valore.
Perché la tendenza attualmente è quella di scambiare i fatti per fattori, per opinioni. C’è una grande confusione.
Non ci serve urlare per sopravvivere. Non serve gridare l’informazione.
Cercheremo sempre di più – e questo è un punto fondamentale – di rimpiazzare il sensazionale con il fondamentale e soprattutto il recente con il rilevante. Per riuscirci occorre compiere un’operazione precedente, di ascolto di quello che succede, di pulizia interiore. In modo da essere pronti a fare questo tipo di informazione.
Da poco più di 15 giorni è alla direzione di Avvenire. Che cosa si promette di realizzare?
Ho vissuto con grande senso di responsabilità il fatto di essere alla guida di una squadra molto composita di grandissimi colleghi. Non mi sento solo.
Faccio parte di una squadra che, in tutti questi anni, ha portato Avvenire a essere una voce autorevole nell’informazione e una voce onesta, soprattutto quando c’è da prendere una posizione decisa su certi temi. Il compito che mi aspetta è trasferire questa autorevolezza acquisita sempre più nel nuovo contesto, che prevede una transizione al digitale e richiede un lavoro di squadra ancora più allargato, con figure a supporto delle nuove modalità di fare informazione.
Bisogna trasferire, dunque, quella che è la forza di Avvenire – la sua autorevolezza, la sua capacità di leggere la realtà con occhi limpidi e con il cuore aperto, come dice il Papa – anche al mondo digitale.
Come può l’intelligenza artificiale incidere sul lavoro di Avvenire?
Siamo veramente su un tema di frontiera. Credo che anche l’intelligenza artificiale, con tutte le sue potenzialità e i suoi potenziali rischi, debba essere considerata uno strumento. Quindi, debba essere utilizzato come tale. Alla fine, la responsabilità è sempre di chi utilizza lo strumento. Potremo in qualche modo utilizzarla, come supporto laddove servisse, senza mai sostituire il lavoro fondamentale di ogni giornalista, che è quello di saper leggere la realtà con tutti gli strumenti che ha e di esprimere la propria visione del mondo.