Non potremo dimenticare!
Mons. Tremolada anticipa contenuti, prospettive e ricadute di una lettera pastorale “figlia” della rilettura della terribile esperienza della pandemia
In quelli che, anche in questa fase del postpandemia, per tanti sono i giorni del riposo, mons. Tremolada è al lavoro per le ultime correzioni alla sua nuova lettera pastorale. Del documento per ora non si conosce molto, se non il titolo,”Non potremo dimenticare”, la stretta “parentela” con la tragica esperienza dell’emergenza sanitaria che abbiamo vissuto e con la rilettura spirituale e la narrazione sapienzale che della stessa il Vescovo ha più volte chiesto e, per finire, l’immagine di copertina: la “Pentecoste” realizzata da don Renato Laffranchi nel 1984. La terza lettera pastorale, dopo “Il bello del vivere” e “Nutriti dalla bellezza” sarà presentata ufficialmente con la ripresa di settembre, ma è lo stesso mons. Tremolada, in questa intervista, ad anticiparne contenuti, prospettive e ricadute per la diocesi e le comunità parrocchiali.
Già dal titolo della sua nuova lettera pastorale è evidente il rimando all’esperienza della pandemia. Come va interpretato il suo invito rivolto alla Chiesa di Brescia a non dimenticare?
Innanzitutto come il rinnovo dell’invito a una rilettura spirituale dell’esperienza che abbiamo vissuto che, insieme a una narrazione sapienziale della stessa ci aiuta a dare un’interpretazione di ciò che abbiamo vissuto che non sia condizionata solo dalle emozioni e determinata dalle prime impressioni. Se vogliano capire dobbiamo sostare, prenderci tempo, entrare in profondità. È da tutte queste considerazioni che nasce l’idea della nuova lettera pastorale. Vorrei che prendesse la forma di una meditazione. Anche il sottotitolo scelto per la lettera (“La voce dello Spirito in un tempo di prova”) fornisce una chiave di lettura. Rileggere l’esperienza significa anche mettersi in ascolto di ciò che lo Spirito ci ha detto.
Nel percorso “santità – eucaristia – Parola”, indicato ne “Il bello del vivere” e che lei intendeva proporre alla diocesi con le sue lettere, come si colloca “Non potremo dimenticare”?
Tra le due lettere pastorali precedenti a quella di quest’anno c’è continuità. Ne “Il bello del vivere” indicavo una prospettiva di fondo: l’invito alla comunità cristiana e alla diocesi a camminare nella santità, Nella stessa ricordavo l’importanza della preghiera all’interno del cammino indicato, prospettiva che nella seconda lettera si arricchiva dell’importanza e la centralità della celebrazione eucaristica, del mistero eucaristico celebrato e adorato. Il passo successivo, nelle mie intenzioni, era la valorizzazione dell’esperienza dell’ascolto della parola di Dio. Alla luce di quanto vissuto in questi mesi ho ritenuto opportuno fare una sosta che prenda la forma del discernimento, di una rilettura spirituale di ciò abbiamo vissuto. Vorrei, però, che questa sosta fosse comunque percepita sempre all’interno del mistero eucaristico che continua a essere per noi il contesto in cui svolgere questo compito di ascolto dello Spirito. A me piacerebbe che questo discernimento su un’esperienza che ci ha segnato si compia mentre continua anche la meditazione sull’importanza dell’eucaristia nella vita della Chiesa.
Come pensa di strutturare i contenuti della lettera pastorale?
La lettera è introdotta da un prologo che ha un valore particolare perché descrive ed evoca l’esperienza che abbiamo vissuto. Seguono poi due parti molto ben definite. Nella prima presento quelle che ho definito come chiavi di lettura dell’esperienza che ci ha segnato. Si tratta di cinque parole. Nella seconda, invece, provo a precisare quelli che sono gli inviti che ci giungono dall’esperienza che abbiamo vissuto. Sia le chiavi di lettura che gli inviti sono da accogliere in vista del cammino futuro. Le due parti della lettera, ovviamente, si richiamano perché la lettura del vissuto poi prospetta il cammino che abbiamo davanti. La lettera, poi, è chiusa da un epilogo.
Corpo, tempo, limite, comunità e ambiente sono le parole che lei usa come chiavi di lettura ma anche come inviti. Perché?
Queste cinque parole sono particolarmente importanti, tanto che vengono riprese anche in un punto della seconda parte della lettera, dove diventano altrettanti inviti nella linea di quello che io chiamo il contributo al rinnovamento della società. Per quello che riguarda l’esperienza della Chiesa le cinque parole ci aiutano a dire qualcosa di più specifico che va nella linea del recupero della essenzialità della vita cristiana e della rilevanza dell’esperienza di comunità. Le cinque parole chiave di rilettura dell’esperienza mettono in luce quali sono i compiti che dobbiamo assumere come credenti quando immaginiamo il rinnovamento della società che l’esperienza vissuta rende indispensabile.
C’è già qualche riflessione pastorale frutto dell’ascolto di ciò che lo Spirito ha detto alla Chiesa bresciana in questo tempo?
Sicuramente un’esortazione a concentrarci su ciò che è essenziale. Quello che è successo ci ha permesso di capire in termini molto chiari che ci sono cose assolutamente indispensabili e altre che lo sono meno; che possiamo fare a meno di qualcosa che prima si considerava forse sin troppo rilevante. Dal punto di vista della fede occorre andare al nucleo essenziale, al cuore di ciò che il Signore ci domanda. Mi sembra che questo vada identificato con l’esperienza dell’amore autentico. È assolutamente necessario che le persone si sentano amate e che diventino sempre più capaci di amare. Tutto questo ci obbliga a mettere in primo piano la dimensione interiore della persona e, da un punto di vista più tipicamente cristiano, ci raccomanda di aprirci all’azione dello Spirito santo che è tipicamente di grazia.
La dura esperienza che abbiamo vissuto ha accelerato processi e riflessioni nelle comunità che già erano in programma?
Indubbiamente sì e vorrei sottolineare un altro aspetto, che considero un altro invito pressante e che ho voluto mettere in evidenza nella seconda parte della lettera. Se il primo riguarda l’essenzialità della vita cristiana il secondo rimanda all’esperienza della comunità e quindi della Chiesa. Dobbiamo vivere in modo sempre più intenso il mistero della Chiesa come mistero di comunione. Nel corso di tre mesi molto drammatici ci siamo resi conto di quanto fosse importante sentirsi di qualcuno, poter contare sull’aiuto, sulla vicinanza, sul sostegno di persone nel momento in cui ci siamo accorti di essere fragili e limitati. La lettura di quello che abbiamo vissuto ci ha fatto capire che questo sentirsi comunità è decisivo. Alcuni processi che sono in atto e che vanno nella linea di una intensificazione dell’esperienza di comunione (unità pastorali, organismi di comunione, valorizzazione dei carismi delle persone all’interno delle comunità, etc.) devono essere accelerati anche in virtù dell’esperienza vissuta.
Questo rinnovamento tocca anche la testimonianza dei cristiani nella nostra società?
Questo è un aspetto su cui nella lettera ho voluto insistere in modo particolare. Quelle cinque parole diventano anche cinque inviti al rinnovamento della società. Quando immaginiamo il futuro a partire da ciò che ci è accaduto non possiamo pensare di continuare a vivere come se nulla fosse stato, girando semplicemente pagina. Dobbiamo invece operare un rinnovamento che chiederà tempo e che potrà realizzarsi in cinque direzioni rappresentate appunto dalle parole corpo, tempo, limite, comunità e ambiente.
In questi mesi lei ha mantenuto intenso il contatto con i sacerdoti e le parrocchie. Quali rimandi le sono arrivati sull’avvio del nuovo anno pastorale? Che anno sarà?
Dal contatto costante con i sacerdoti e le comunità mi è arrivato un messaggio chiaro: di prendere tempo e di dare tempo perché quello che abbiamo vissuto non scivoli via. Il secondo rimando che ho avuto è di fare in modo che tutti si sentano accompagnati perché dovremo affrontare le conseguenze di un’esperienza che ci ha colto all’improvviso e immaginare una ripresa che non sia semplicemente una riproduzione del passato. Tutto questo domanda di camminare insieme con il contributo di tutti, senza premura e avendo presente l’obiettivo comune che è quello di cogliere la grazia che il Signore ci dà nella forma di un discernimento che ci permette di fare tesoro di quella voce dello Spirito che ci ha raggiunto in modo anche drammatico attraverso la sofferenza di tante persone e la generosità di tante altre.