Noi abbiamo il pensiero di Cristo
Leggi l'omelia di mons. Pierantonio Tremolada nella chiesa di San Francesco nella solennità dell'Immacolata
Siate i benvenuti in questa chiesa dedicata a san Francesco nella quale per tradizione si celebra con particolare solennità la festa della Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria.
È questa anche l’occasione nella quale la comunità cristiana, attraverso il suo vescovo, rinnova volentieri l’impegno di cooperare al bene di questa città, offrendo il proprio contributo in dialogo rispettoso e costruttivo con quanti sono chiamati ad esercitare qui il grave compito del governo. Il gesto semplice ma suggestivo dello scambio dei ceri e delle rose vuole proprio esprimere una simile comune intenzione.
Mi è caro offrire in questa circostanza qualche spunto di riflessione che tragga la sua origine dall’esperienza da tutti noi condivisa nel tempo che ci troviamo a vivere.
Per fare questo, vorrei partire da una singolare qualifica della Beata Vergine Maria, che oggi onoriamo con particolare devozione. Nelle litanie che tradizionalmente si recitano a conclusione del santo Rosario, la Madre di Dio viene esaltata come sede della sapienza. Si tratta di una delle qualifiche che le vengono attribuite.
Permettete che vi dica che questa definizione della Madonna mi è molto cara. Ogniqualvolta mi trovo a vivere qualche momento importante, qualche assemblea o consiglio, amo concludere la preghiera che li introduce, affidandomi a colei che è la sede della sapienza. Mi conforta sapere che, grazie al suo aiuto, tutto ciò che si vive, particolarmente quando ci si confronta in vista di importanti decisioni, possa assumere la sua giusta forma in forza della sapienza.
Su questo vorrei oggi condividere con voi qualche riflessione. Sono infatti convinto che il momento presente abbia bisogno di riscoprire e di sviluppare la sapienza come una delle virtù che qualifica la vita. Penso che, con l’aiuto di Dio e per l’intercessione della Beata Vergine Maria, dobbiamo diventare sempre di più delle persone sagge.
Siamo tutti affascinati dalle varie forme dell’intelligenza umana. Il progresso che la storia ci testimonia è la prova più evidente di questa capacità che l’uomo possiede. E nuovi orizzonti si stanno ora aprendo, perché l’uomo si è scoperto capace di far esistere a sua volta una intelligenza, che stiamo imparando a definire “intelligenza artificiale”.
E tuttavia non può sfuggirci la constatazione che, lungo la storia, l’esercizio dell’intelligenza da parte dell’uomo ha prodotti enormi benefici ma ha anche avuto effetti tragici. Si deve purtroppo riconoscere che in modo intelligente è sempre possibile anche ingannare, derubare, mortificare, sfruttare e addirittura distruggere. Si intuisce da subito che l’intelligenza, non può essere lasciata a se stessa. In questa direzione credo si possa giungere a capire meglio che cosa sia la sapienza e come essa risulti necessaria per una autentica socialità.
La sapienza non coincide con la scienza, non è pura razionalità, non è erudizione e non è neppure semplice competenza. Essa in qualche modo riunisce tutte queste forme di conoscenza ma le supera. C’è in lei qualcosa di che va al di là. La sapienza ha un rapporto del tutto speciale con la vita, nella sua totalità. Non è semplicemente il sapere, ma è il saper vivere. Essa implica un coinvolgimento completo dell’essere umano – mente, cuore e spirito – in una comprensione della realtà che apre alla sua piena verità. “La sapienza – è stato giustamente affermato – è un atteggiamento esistenziale che permette di cogliere il senso profondo di tutto ciò che esiste”.
La profondità: ecco ciò che caratterizza anzitutto la sapienza. Lo si ricava dall’etimologia stessa del termine, che rinvia al verbo latino sapere, cioè gustare e allude al sapore delle cose. La sapienza è un sapere consolante che viene dal dalla nostra interiorità. Con il suo sguardo profondo, il suo pensiero profondo, il suo sentimento profondo, la persona si presenta in tutta la sua ricchezza.
La sapienza si contrappone dunque alla superficialità, alla banalità, alla reazione istintiva, che spesso diventa aggressiva, alla comunicazione immediata, che spesso risulta sterile. Non solo: la sapienza riconosce anche il limite di quel sapere esclusivamente analitico che sta alla base delle scienze cosiddette esatte e che si limita a dare preciso riscontro a ciò che si percepisce. La sapienza non guarda al mondo semplicemente come un oggetto di studio o come un luogo di sperimentazione. Essa riconosce al reale una dimensione simbolica. È consapevole che tutto ciò che esiste porta con sé un’eco misteriosa, che è quella dell’ineffabile e del sublime. Nel mondo in cui tutti viviamo, l’invisibile agli occhi non è meno importante di ciò che è visibile, e forse è proprio ciò che è essenziale.
Di una simile profondità che è tipica della sapienza oggi abbiamo particolarmente bisogno. Il tempo che stiamo vivendo, frastornato da una comunicazione eccessivamente veloce, rischia di dare alla vita un profilo molto basso. La fluidità dell’esperienza in tutti i suoi aspetti ci rende insicuri, interiormente poveri e continuamente in ansia. I legami non sono profondi. Non lo sono i discorsi. La premura divora il tempo. Si ha l’impressione di essere continuamente in affanno. C’è bisogno di profondità. Forse di più silenzio, di riflessione, di calma per entrare in noi stessi. Dobbiamo forse dare più spazio alla parola dei poeti e dei profeti, che anche oggi non mancano e che normalmente non trionfano nei social. Dobbiamo forse andare con più attenzione alla ricerca di quelli che papa Francesco chiama “i santi della porta accanto”. Questi potranno essere per noi maestri di sapienza.
Vi una seconda caratteristica della sapienza che, insieme alla profondità, ne precisa l’essenza, ed è la responsabilità. Essa chiama in causa da una parte la libertà della persona, cioè la sua capacità di decidere, e dall’altra il bene, inteso come fine di ogni azione. Dall’antichità greca ci giunge la voce di Platone, che scrive: “La sapienza è una comprensione profonda della realtà, che permette di orientare la vita verso il bene e verso la verità”. L’intelligenza della persona, che non può essere lasciata a se stessa, domanda dunque un orientamento. Essa è come la freccia pronta nell’arco che ha bisogno di essere indirizzata. Questo orientamento non può che essere il bene, di ciascuno e di tutti, che si trasforma così nel fine a cui tende ogni decisione e ogni azione. L’intelligenza si unisce allora alla volontà e prende la forma di un discernimento, cioè di quella valutazione per cui si riconosce in ogni occasione ciò che è giusto fare, ciò che è bene, ciò che conferisce alla vita il suo alto valore.
In questo modo opera la sapienza, che si presenta come l’arte del vivere, nella giustizia e nella verità. Si riconosce qui quella che potremmo chiamare la dimensione etica della vita, fortemente richiamata e invocata in questo momento da quanti raccomandano un’attenta riflessione sull’uso dell’intelligenza artificiale. Le grandi potenzialità che l’intelligenza umana è in grado di scoprire, e sta ora scoprendo, richiedono la sapienza del cuore, capace di orientare sempre verso il bene. Se un’intelligenza artificiale saprà dirci molto chiaramente come fare le cose, non potrà mai dirci invece perché farle. Di più, l’intelligenza artificiale sarà sempre in grado di darci risposte (e questo ci può solo rallegrare!) ma rimarrà sempre e solo a noi il compito di porre le domande. Diverrà perciò estremamente importante la prospettiva nella quale ci si pone quando le domande vengono formulate. Proprio qui interviene la dimensione etica dell’agire umano, cioè la ricerca del bene come fine ultimo di ogni azione personale e sociale.
Tra i libri che costituiscono la Bibbia vi è anche il Libro della Sapienza. Dalla sua lettura emerge una duplice chiara convinzione: che la sapienza porta sempre con sé il senso della giustizia e che, queste due virtù, insieme, e devono ispirare chi ha come compito il governo della società. Non sarà mai possibile riconoscere saggio chi non è giusto. Nelle sacre Scritture, la parola dei profeti ci ricorda che una delle forme più belle della benedizione di Dio a favore del suo popolo è poter contare su dei governati saggi, che abbiano un alto senso della giustizia.
Vi è un ultimo aspetto che interviene a costituire l’essenza della sapienza, ed è quello della spiritualità. La sapienza è infatti nella sua ultima essenza un’esperienza spirituale e ultimamente contemplativa. Se da un lato essa ci fa cogliere la profondità del vissuto umano, dall’altro ci spinge verso l’alto e lascia percepire quella che potremmo definire la dimensione trascendente della realtà. Sull’altro versante, il bene che ogni retta coscienza riconosce come il fine dell’agire porta in sé una sorta di tensione verso il sommo bene, da cui tutto proviene e in cui tutto si compie.
Il Libro della Sapienza più volte ribadisce che alla base della sapienza sta il timore di Dio, da intendere non come la paura di lui, del suo giudizio, della sua potenza, ma come il riconoscimento della sua maestà, che è della sua santità, che è perfezione nel bene, della sua gloria, che è splendente di bellezza.
Ma quel che più colpisce nei testi delle sacre Scritture, già nell’Antico Testamento, è che il timore di Dio non è mai separato dall’amore per lui, da una confidenza e da una intimità che i greci ritenevano impensabile.
“Ascolta Israele si legge nel Libro del Deuteronomio – il Signore è il nostro Dio, il Signore è unico. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze” (Dt 6,4). È l’amore per il Dio dell’alleanza che per primo ha amato il suo popolo e che ama tutto ciò che ha creato: “Tu ami tutte le cose che esistono – si legge nel Libro della Sapienza – e non provi disgusto per nessuna delle cose che hai creato … Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita” (Sap 11,25-26).
Tutto questo troverà la sua piena espressione nella rivelazione che ha compiuto tra noi il Cristo salvatore. Egli ha unito il cielo e la terra, la profondità e altezze. Ha svelato che il sommo bene è in realtà il Dio vivente, e che questa vita è la comunione d’amore delle tre sante persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito santo. Il Figlio amato si è fatto redentore dell’umanità ed è venuto in mezzo a noi: la trascendenza ha annullato ogni distanza pur rimanendo tale e la santità di Dio è ha abbracciato le profondità del vissuto insieme con tutto il creato.
La sapienza acquista così la forma di una partecipazione misteriosa a ciò che è proprio di Dio. È esperienza spirituale. Non è esclusiva o elitaria, ma è un dono per il bene di tutti, anche di coloro che non ne sapranno riconoscere la vera sorgente.
La misura di questa sapienza diviene altissima. L’uomo che è diventato saggio per la fede in Cristo è colui che può guardare il mondo con gli occhi del redentore, che può conoscerlo con la sua mente e amarlo con il suo cuore, cogliendone tutta la verità – nel chiaro scuro della storia – e sentendosi chiamato nella libertà a cooperare per la salvezza. Scrive san Paolo. “Cristo Gesù è diventato per noi sapienza per opera di Dio, giustizia, santificazione e redenzione” (1Cor 1,30), e poi aggiunge con una sorta di entusiasmo: “Noi abbiamo il pensiero di Cristo” (1Cor 2,16)
È questo il contributo che la Chiesa può offrire anche oggi ad una società che appare così bisognosa di sapienza.
Essa volentieri sostiene il desiderio di promuoverla, contribuendo a dare profondità al vissuto, a tenere vivo il senso di responsabilità e quindi la dimensione etica del sapere, a far percepire la spiritualità come orizzonte unificante.
Di suo, la Chiesa ha da offrire il dono prezioso della fede in Cristo Gesù, che consente di condividere il suo sguardo sulla realtà, la sua conoscenza della verità, il suo amore per l’umanità. Questo consideriamo essenziale nella nostra missione a favore del mondo di oggi.
A colei che è sede della sapienza anzitutto perché si è fatta dimora Verbo di Dio, sapienza eterna, ma anche perché di questa sapienza è divenuta partecipe in forza della sua fede, affidiamo il cammino della nostra Chiesa e di questa nostra città, invocando dal Padre che nei cieli ogni benedizione.
@Foto Comune di Brescia