Luciani: il Papa del sorriso
Il 4 settembre prossimo verrà beatificato Giovanni Paolo I, Albino Luciani. Del “papa del sorriso”, gran parte del pubblico conosce poco, essendo la sua fama legata al brevissimo pontificato (33 giorni). Il rischio è quello che la sua figura risulti “schiacciata” dagli ultimi giorni di vita, un po’ come è avvenuto con Aldo Moro, ricordato spesso solo per i 55 giorni del sequestro e della morte. Per conoscere più a fondo la vita e l’opera del nuovo beato segnaliamo il volume di Marco Roncalli ed Ettore Malnati “Albino Luciani – Giovanni Paolo I. Una biografia” (Morcelliana, pp. 256, euro 22).
Il libro è strutturato in cinque parti e ripercorre la vita di Luciani a partire dalle origini a Canale D’Agordo (allora Forno di Canale) in provincia di Belluno dove egli, primogenito di Giovanni e Bortola Tancon nacque il 17 gennaio 1912, subito battezzato dalla levatrice per “imminente pericolo di vita”, a significare una salute gracile che avrebbe caratterizzato la sua esistenza. Le pagine ripercorrono gli anni di studio nel seminario minore di Feltre e poi in quello maggiore di Belluno, fino all’ordinazione sacerdotale avvenuta il 7 luglio 1935, grazie ad una speciale dispensa, essendo in anticipo di oltre un anno sull’età richiesta per essere consacrati sacerdoti. La biografia prosegue poi con le prime esperienze pastorali di don Albino: quella breve a Canale e ad Agordo e quella più lunga come vicerettore e docente presso il seminario, di Belluno. Sono gli anni difficili della guerra e della ricostruzione post-bellica. Luciani, si impegna in un lavoro fervido a fianco dei vescovi mons. Bortignon e del successore mons. Muccin che apprezzavano la sua saldezza dottrinale e la capacità catechetica, nominandolo il primo provicario e il secondo vicario generale della diocesi. Tappe di un percorso che si sarebbe ulteriormente arricchito con la nomina, il 9 dicembre 1958 da parte di Giovanni XXIII, a vescovo della diocesi di Vittorio Veneto. Significativo il motto scelto: “Humilitas”. È un episcopato caratterizzato da intensa attività pastorale, sia attraverso due visite pastorali, sia per l’attenzione al clero e alle missioni.
Da segnalare nell’agosto 1966 l’incontro con il vescovo di Brescia mons. Morstabilini in missione in Burundi: “Arrivato in agosto nel paese africano dopo una sosta a Kampala in Uganda, insieme al vescovo di Brescia Luigi Morstabilini e ad alcuni volontari delle due diocesi (don Luciano Baronio e don Giovanni Cristini, le Suore Operaie Teresa Ferrari e Vittoria Cenedese, Italo Fantin, primario dell’ospedale di Pieve di Soligo), due settimane durante le quali monsignor Albino, aiutato dai missionari, prenderà coscienza delle condizioni di miseria di quella popolazione”.
Sono anche gli anni del Concilio, cui mons. Luciani partecipa, pur senza mai intervenire direttamente nelle varie sessioni. Sarà per lui un’esperienza fondamentale da cui, secondo una sua espressione, ne uscirà cambiato. Molti temi lo appassionano: la riforma liturgica, il tema del laicato, la collegialità episcopale, il tema della libertà religiosa. Nel Concilio ebbe modo di apprezzare una volta di più l’azione paterna ma ferma di papa Paolo VI. E a fianco di Paolo VI si schierò, negli anni non facili del post Concilio. Il 15 dicembre 1969, proprio papa Montini lo nominava patriarca di Venezia. Gli autori ben descrivono gli anni veneziani, lungo i quali mons. Luciani (nel marzo 1973 creato cardinale), si impegnò nella catechesi, nell’evangelizzazione, nel contrasto alla secolarizzazione, ma pure condivise le ansie di tante famiglie alle prese con problemi occupazionali. Furono anni che lo videro assumere responsabilità a livello sempre più ampio, come guida della Conferenza episcopale del Triveneto o ai vertici della Conferenza episcopale italiana.
L’ultima parte della biografia ripercorre il breve periodo di Luciani papa Giovanni Paolo I. Un pontificato apertosi nel suo primo intervento con sei “vogliamo” (parola fino ad allora assente nel suo vocabolario): il primo “l’attuazione dell’eredità del Concilio Vaticano II”, seguito da punti come l’evangelizzazione, l’ecumenismo, il dialogo, la pace, capisaldi della futura azione pontificale, insieme alla conservazione della disciplina della Chiesa. Un programma pastorale che Luciani non ebbe modo di affrontare, ma che in qualche modo avrebbe costituito il filo rosso anche dei pontefici che a lui sarebbero succeduti.