Lettera feconda e venuta dal futuro
Nelle ultime settimane due convegni interessanti hanno ribadito l’importanza dell’Humanae vitae a 50 anni dalla sua pubblicazione. In particolare, hanno posto l’accento sulla regolazione naturale della fertilità
Il 25 luglio ricorrono i 50 anni dell’Humanae vitae, un’enciclica che ebbe una gestazione lunga e complessa. Siamo nel 1963 quando Giovanni XXIII decise di istituire una “Commissione Pontificia per lo studio della popolazione, della famiglia e della natalità”. L’obiettivo era quello di capire come conciliare dottrina morale e regolazione delle nascite; lo studio prosegue fino al ’66 quando la commissione consegna l’esito dei lavori. Tutto viene secretato in attesa delle decisioni di Paolo VI. Prima della pubblicazione(nell’aprile del 1967) sulla stampa internazionale escono delle anticipazioni sui risultati della commissione. Paolo VI incaricò prima la Congregazione della dottrina della fede (dal giugno ’66 alla fine del ’67) poi la Segreteria di Stato (fino alla metà del ’68) di approfondire il caso e di ascoltare nuovi esperti. Il materiale accumulato (18 faldoni) servì a Paolo VI per scrivere Humanae vitae.
Molti respinsero il suo messaggio e i suoi avvertimenti. Molti trovavano che l’insegnamento secondo il quale il ricorso alla contraccezione è “assolutamente escluso” in qualunque caso e “intrinsecamente sbagliato” sarebbe stato difficile da accettare. 50 anni dopo, molte cose sono state realizzate nella nostra società a danno della vita umana e dell’amore. Molti sono giunti ad apprezzare nuovamente la saggezza della dottrina della Chiesa. Recentemente 500 sacerdoti britannici hanno sottoscritto una dichiarazione in difesa degli insegnamenti dell’Humanae vitae: “L’enciclica confermò, in armonia con l’insegnamento tradizionale della Chiesa, la purezza e la bellezza dell’atto sponsale, sempre aperto alla procreazione e sempre unitivo. L’Humanae vitae predisse che se la contraccezione artificiale si fosse diffusa e fosse stata comunemente accettata dalla società, allora avremmo perduto la nostra corretta concezione del matrimonio, della famiglia, della dignità del bambino e della madre, perfino il corretto rapporto con i nostri corpi e il dono del maschile e del femminile”.
Dal 14 al 17 giugno il convegno internazionale ospitato al Centro pastorale Paolo VI ha posto l’accento sulla “fecondità di una lettera venuta dal futuro”. Tanti gli interventi per un evento dedicato, in particolare, agli insegnanti e ai sensibilizzatori della regolazione naturale della fertilità. La scelta di fondo di Paolo VI nell’enciclica Humanae vitae fu di fare riferimento innanzitutto a una antropologia integrale all’altezza della dignità dell’uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio. Un’analisi attenta è in grado di far apprezzare come il cuore pulsante dell’enciclica sia la gioia, la letizia per il dono della sessualità. Nella logica di tale dono è inscritta la possibilità dell’amore umano nella sua pienezza e verità. Sul fronte dei fondamenti scientifici dei metodi di regolazione naturale della fertilità nei diversi periodi e situazioni della vita anche le nostre comunità devono fare ancora molto strada. Lo stesso vale per la metodologia di accompagnamento delle coppie.