Le tre culture che si coltivano
ll laboratorio “Ortoc’è” entra a far parte delle Comunità “Laudato si’”. Fra i sottoscrittori, Caritas diocesana, Cooperativa Kemay e l’Ufficio per l’impegno sociale. Dall’1 settembre è in calendario il mese per la custodia del Creato
Partita come esperienza da condividere con i richiedenti asilo ospiti della Cooperativa Kemay, presieduta da Stefano Savoldi, il progetto “Ortoc’è”, nel tempo, è cresciuto andando a focalizzare la propria attenzione nei confronti delle diverse forme di disagio, ma avendo sempre, come stella polare, le tre culture di riferimento: dell’incontro, del rispetto e della cura. Il laboratorio di Ortoculture che ha mosso i suoi primi passi nel 2016, in via San Polo 90, in un terreno coltivabile messo a disposizione dalle Suore Missionarie della società di Maria, nel giugno scorso si è costituita in Comunità internazionale “Laudato si’”. Fra i sottoscrittori: Caritas diocesana di Brescia, Cooperativa Kemay e l’Ufficio per l’impegno sociale. La presenza di un orto, di fatto in città, ha aperto la possibilità di riguadagnare momenti di socialità e collaborazione, di incontro e di integrazione tra persone con origini, età e percorsi di vita anche molto differenti.
Savoldi, il progetto Ortoc’è ha visto la partecipazione, sin dalle origini, dei richiedenti asilo della cooperativa Kemay. Quanti hanno collaborato a oggi e chi sono le persone impegnate?
Abbiamo tre dipendenti part time e una persona che si occupa esclusivamente della semina. Sono presenti inoltre sei volontari che si alternano durante le giornate. Oltre ai richiedenti asilo (sono circa 20 quelli che nel tempo hanno collaborato) abbiamo anche persone che rientrano in progetti di reinserimento sociale. In tale prospettiva si collocano le collaborazioni con l’Ufficio esecuzione penale esterna e con un Centro psicosociale per situazioni di messa alla prova finalizzate alla valorizzazione di “ciò che c’è, non di ciò che manca e deve essere recuperato”. In tutto sono circa 15 le persone che gravitano attorno alla progettualità.
Il Laboratorio di Ortoculture è entrato a far parte delle “Comunità Laudato si’”, frutto della sinergia fra la Chiesa di Chieti e Slow food. Qual è il senso di questa adesione?
È tutto frutto di un discernimento atto a capire quale fosse il nostro specifico. Il riferimento è senza dubbio l’enciclica di papa Francesco sulla cura della casa comune. Con il terremoto del Centro Italia siamo venuti a conoscenza dell’esistenza delle “Comunità Laudato si’” ad Amatrice. Un’esperienza come questa ci permetteva di vivere i valori dell’enciclica. In particolare penso alle tre culture che caratterizzano il testo: quella dell’incontro, quella del rispetto e quella della cura. L’attenzione alla cura della terra si concretizza, ad esempio, attraverso un impianto di irrigazione a goccia. Come fertilizzante utilizziamo esclusivamente il compost di A2A. Non usiamo prodotti chimici. L’orto vuole essere anche un luogo di incontro fra culture. Per tale ragione coltiviamo anche prodotti che non sono tipici del territorio. Guardiamo all’okra, questa sorta di peperone utilizzato nella cucina africana. A monte non c’è alcuna scelta “commerciale”. Fa parte del cammino che facciamo con i richiedenti asilo. Chi vive certe forme di disagio rimane per lungo tempo in una sorte di limbo, soprattutto culturale, in termini di sradicamento dalle proprie radici. Coltivare con loro questi ortaggi che richiamano la loro terra è l’occasione per riappropriarsi, in un certo qual modo, delle proprie origini. Nascono così momenti propizi per raccontarsi, per narrare il proprio vissuto. I risultati sono stati notevoli sul fronte psicologico.
Quali sono i riscontri da parte della cittadinanza?
La fortuna di questo luogo risiede nel fatto che si trova nelle adiacenze di una pista ciclopedonale nella zona di San Polo. Un paio di volte a settimane proponiamo la distribuzione, a offerta libera, di quanto è stato raccolto. Il ricavato viene destinato al sostentamento della progettualità. L’intervento sociale che stiamo promuovendo è apprezzato. Non mancano aneddoti simpatici. È successo che dei vicini di casa non si fossero mai incontrati e, invece, davanti al nostro banchetto, hanno avuto modo di conoscersi. Altri ci hanno chiesto di poter svolgere del volontariato. È quindi anche un luogo di socializzazione immerso nella natura. Anche in questo caso il riferimento al rispetto della cultura del creato non è casuale e si tramuta anche in rispetto delle persone nel solco della cultura dell’incontro.
“Camminare in una vita nuova. La transizione ecologica per la cura della vita”. È questo il Messaggio per la 16ª Giornata nazionale per la Custodia del Creato che si celebrerà l’11 settembre. La vostra progettualità sarà al centro delle iniziative della Diocesi…
Quest’anno ci siamo trovati particolarmente in sintonia con il tema della Giornata. L’iniziativa che vogliamo proporre per l’11 settembre vuole essere una sorta di nuovo incipit dove proporre molteplici occasioni d’incontro. Nella fattispecie, con le visite che andremo a realizzare negli spazi verdi dell’orto, l’occasione sarà particolarmente propizia per conoscere questo luogo e per conoscersi. La Giornata si chiuderà in musica con letture alternate della Laudato si’, così da addentrarci meglio nella cultura che vogliamo coltivare.