La voce della coscienza del mondo
Alla sua pubblicazione vi fu chi scrisse: “Giovanni XXIII ha raccolto il voto dei popoli; cosicché la ‘Pacem in Terris’ non è solo la voce di un anziano prete; né quella di un’antica chiesa, ma la voce della coscienza del mondo” ( Washington Post).
Sono passati sessant’anni da quando l’11 aprile 1963, papa Giovanni XXIII emanò l’enciclica “Pacem in Terris” in un’epoca fortemente segnata dalla guerra fredda e dalla conseguente contrapposizione tra blocchi. Essa intendeva rivolgersi a tutti gli uomini di buona volontà, proprio come “una lettera aperta al mondo”: a favore di pace e giustizia planetaria. Lo faceva con un linguaggio semplice e moderno, uno stile dialogale, che distingueva tra errore ed errante, ed invitava gli uomini a collaborare tra loro perché potesse darsi una pace vera nella verità, libertà, giustizia e amore.
Come la “Mater et Magistra” aveva richiamato l’attenzione sul bene comune, allora definito con formula felice, e qui ripreso, come “l’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono negli esseri umani lo sviluppo integrale della loro persona”, così la “Pacem in Terris”, dettava le condizioni perché la pace potesse risultare possibile: centralità della persona, inviolabile nei suoi diritti, più minuti e più alti, dentro l’ordine di Dio “un ordine che si fonda sulla verità e va attuato secondo giustizia; vivificato e integrato dall’amore; ricomposto nella libertà in equilibri sempre nuovi e più umani”; nel riconoscimento che l’universalismo del bene comune è quello che apre alla solidarietà tra gli uomini e i popoli; forti del convincimento che ad ogni diritto corrisponde un dovere. La pace, insomma, non è soltanto assenza di guerra, ma è la costruzione di un insieme di relazioni positive tra gli individui e tra le comunità degli uomini tutti in reciproco rispetto, in spirito di solidarietà e collaborazione.
Da qui l’insistenza nel ribadire che i rapporti tra le comunità politiche “vanno regolati nella verità”; che non esistono esseri umani superiori o inferiori per natura: “Tutti gli esseri umani sono uguali per dignità naturale”; che la giustizia regge privato, pubblico, Stati e la comunità mondiale: “Non è lecito (alle comunità politiche) sviluppare se stesse comprimendo e opprimendo le altre”, e il richiamo sempre attuale alle minoranze etniche. E ancora che le comunità politiche devono ritrovarsi “nella solidarietà” attraverso le diverse forme di collaborazione economica, sociale, politica, culturale, sanitaria e pure sportiva.
Nell’Enciclica figurava così un mondo di interrelazioni, si direbbe oggi globalizzato, dove l’ insistito richiamo ai “segni dei tempi” avvertiva che ci si trovava dinanzi a molte trasformazioni riguardanti l’economia, la società, la cultura, la politica: con l’invito a che uomini e nazioni potessero realizzare il meglio dell’umano, attenti all’«uomo integrale» e consapevoli della fede biblica espressa nel salmo: “Hai fatto l’uomo per poco inferiore agli angeli” .Un pensare ottimistico ed in grande, proprio forse come è stato detto, di una utopia in cammino.
Questo, l’insegnamento di fondo nella sua perenne attuale inattualità, soprattutto dove ora un certo prassismo sembra aver esautorato la “dottrina” dalla sua funzione: luce (e forza) per i passi dell’uomo. Ma sessant’anni dopo, una qualche ulteriore suggestione per tutti credenti e non, può venire dal metodo. La “Pacem in Terris” parla più volte dei «segni dei tempi», un invito a scrutare in profondo, come suggerisce il Vangelo (Mt 16,1-4), la realtà dell’oggi e la storia, la nostra storia, attenti a quanto ci è richiesto per tradurre concretamente quell’imperativo della pace che richiede uno sguardo lucido.
All’inciso di Agostino “Nihil sit in te contra te, et integer stabis” (Sermo 128, 9) risponde la “Pacem in Terris” con un programma che è per tutti: “È necessario quindi che in essi [gli uomini] si ricomponga l’unità interiore; e nelle loro attività temporali siano pure presente la fede come faro che illumina e la carità come forza che vivifica”. Una indispensabile pre-condizione per ciascuno di noi.